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Articolo pubblicato anche su Startmag (6 luglio) e Link&Think (9 luglio).

No, non si tratta della situazione di cui si lamentano quelli (troppi, purtroppo) che sostengono che gli insegnanti italiani siano indietro perché «ignorano le potenzialità delle tecnologie digitali».

È invece la rivincita di quelli che, sottolineando la centralità dell’elemento umano nei processi educativi, hanno sempre ribadito che nell’istruzione non è un elemento davvero essenziale avere, ad esempio, un tablet per ogni studente o reti superveloci nell’intero edificio scolastico, mentre lo è avere insegnanti ben preparati e ben pagati, con un ruolo sociale riconosciuto e difeso. In un mio recente intervento ho ricordato come gli aspetti relazionali del rapporto tra docente e studente siano fondamentali per il successo del processo educativo. Si tratta di una riflessione elaborata da Platone nei suoi Dialoghi, dove si ritrova l’osservazione che la componente affettiva della relazione educativa tra didàskalos e mathetés, maestro e allievo, è un aspetto fondamentale della paideia, la crescita etica e spirituale del discepolo. La tecnologia, se opportunamente utilizzata, può essere eventualmente usata per potenziarla, ma non deve mai sostituirla, pena l’impoverimento e la distruzione della nostra umanità.

A questo punto abbiamo una certificazione autorevole che chi ha ragione tra queste due posizioni sono gli scettici dell’uso della tecnologia digitale nelle scuole e non gli entusiasti. Si tratta del recente rapporto UNESCO An Ed-Tech Tragedy? (= Una tragedia per l’istruzione digitale?), di cui, chissa perché, non mi pare si sia parlato molto sui grandi giornali d’opinione che avevano invece sottolineato come effetto positivo il fatto che la pandemia avesse costretto gli insegnanti italiani a “diventare digitali” (che mi sembra un po’ come tessere le lodi del Titanic perché è importante saper nuotare – ma lasciamo stare queste divagazioni).

Per farla breve, il rapporto sottolinea come all’inizio della pandemia la grande speranza fosse effettivamente quella di sfruttare questa situazione per diffondere nel mondo della scuola la tecnologia digitale. Come sempre accade, le motivazioni erano nobili e condivisibili: rendere il processo educativo più efficiente e metterlo a disposizione di tutti.

Invece, man mano che le soluzioni digitali venivano dispiegate come mezzo primario per erogare l’istruzione obbligatoria, ci si è accorti delle conseguenze dannose e non volute risultanti dalla transizione da un’educazione in presenza basata sulla scuola come luogo fisico a un insegnamento a distanza supportato dalla tecnologia.

Il sommario del rapporto riporta che alcuni sostengono la tecnologia ha salvato una situazione di emergenza e preservato la continuità dell’apprendimento per un numero significativo di studenti, anche se non tutti gli studenti ne hanno tratto beneficio. Ma l’evidenza globale – prosegue il documento – rivela un quadro più cupo. Una dipendenza senza precedenti del sistema educativo dalla tecnologia si è tradotta in esclusione, disuguaglianza sconcertante, danni involontari e modelli di apprendimento che antepongono le macchine e il profitto alle persone.

Il semplice elenco dei capitoli della sezione del rapporto che analizza tali guasti (Act II: From Promises to Reality = Atto 2°: dalle promesse alla realtà) è sufficiente a far capire la portata del disastro compiuto:

  • la maggior parte degli allievi è rimasta indietro;
  • le disuguaglianze sono aumentate;
  • gli allievi si sono impegnati di meno, hanno raggiunto risultati inferiori, e hanno abbandonato l’istruzione obbligatoria;
  • l’istruzione è stata affossata e impoverita;
  • l’immersione nella tecnologia è stata dannosa per la salute;
  • i costi ambientali sono aumentati;
  • il settore privato ha rafforzato il controllo sull’istruzione pubblica;
  • una sorveglianza senza precedenti si è diffusa nel settore dell’istruzione.

Questi sono, lo ripeto, i titoli dei capitoli del rapporto dell’UNESCO sopra citato, non mie opinioni. Mi sembrano valutazioni assai rilevanti.

Il documento prosegue discutendo quali alternative avrebbero dovuto essere considerate, dal tenere le scuole aperte all’uso di soluzioni non tecnologiche.

La parte finale del rapporto fornisce alcune raccomandazioni per l’uso futuro della tecnologia digitale nel mondo dell’istruzione, che si auspica più rispettoso della componente umana, tra cui vale la pena sottolineare l’indicazione che sostiene che l’apprendimento in presenza ha la priorità su altre modalità e quella che sottolinea la necessità di difendere l’istruzione dalla diminuzione delle opportunità di usufruirne in modo libero, accessibile e disponibile, diminuzione che è conseguenza della tecnologia digitale.

Appunto, “la rivincita di Platone”.

Un commento a “La tragedia dell’istruzione digitale”

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