Articolo pubblicato su “il manifesto” del 24.06.2021.
Con la nota verbale consegnata all’ambasciata italiana, la Santa Sede non si limita ad esprimere le sue valutazioni sulla proposta di legge Zan, con la pretesa di limitare la piena autonomia dello Stato italiano, come aveva già fatto ai tempi delle leggi sul divorzio e sull’aborto, ma formalmente “auspica che la parte italiana possa tenere in debita considerazione le [sue – NdR] argomentazioni e trovare una diversa modulazione del testo continuando a garantire il rispetto dei Patti lateranensi“.
Si tratta di un intervento allarmante, come se i cattolici, nella società e nelle istituzioni della Repubblica, non possano, alla pari di ogni altro cittadino, liberamente e autonomamente esprimere il proprio consenso o dissenso nei confronti di innovazioni normative.
La Fondazione Lelio e Lisli Basso – da sempre sensibile al tema della autonomia e della libertà di coscienza e recentemente promotrice di un pluralistico ampio dibattito su Fedi e Libertà – non può rimanere indifferente rispetto ad un così palese tentativo di condizionare la coscienza dei credenti e dei cittadini tutti.
Nel merito, la nota vaticana esprime la preoccupazione che talune previsioni del testo Zan possano incidere sulla libertà di manifestazione del pensiero e stigmatizza “il riferimento alla criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi fondati sul sesso”, ricordando che il magistero vaticano considera “la differenza sessuale secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa rivelazione divina”.
Francamente risulta incomprensibile una siffatta posizione, posto che la proposta di legge Zan, approvata in un ramo del Parlamento, mira a rafforzare la tutela contro l’istigazione all’odio e alla discriminazione, senza alcuna compressione della critica verso orientamenti sessuali diversi dal rapporto tra uomo e donna, purché essa non determini “il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Al di là di ogni considerazione di merito relativa alle argomentazioni utilizzate, lo Stato del Vaticano chiede al Governo italiano di intervenire sul Parlamento per “una diversa modulazione del testo”, ossia gli chiede di interferire nel dibattito parlamentare, già ampiamente svolto nella Camera dei deputati e in attesa di svolgimento in Senato.
Una tale richiesta costituisce un’ingerenza nel confronto in atto tra le istituzioni democratiche della Repubblica e una palese violazione del principio generale affermato all’art. 7 della Costituzione: “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
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