Materiali

L’archivio dei paesaggi di Giorgia Severi

Dai paesaggi che si erodono ai ghiacciai in discioglimento, dalle culture aborigine australiane alle foreste sostituite dalle zone urbane in espansione, le opere di Giorgia Sereni sono frammenti che raccontano un passato geologico, oppure impatti ambientali violenti dovuti all’azione antropica
Pubblicato il 24 Marzo 2023
Ambiente, Cultura, Materiali, Scritti, Temi, Materiali

È grazie all’amica Serena Simoni, storica e critica d’arte, che ho avuto modo di conoscere il lavoro di Giorgia Severi. Nel mese di dicembre 2022, come ogni anno, ho partecipato alla serata conviviale pre-natalizia organizzata dall’editore indipendente delle riviste per le quali Serena e io collaboriamo. Sedute allo stesso tavolo, sorseggiando vino rosso locale e assaggiando cibi realizzati con prodotti locali, le ho chiesto se mi sapeva indicare il nome di qualche giovane artista attenta a tematiche ambientali e cambiamenti climatici. Serena mi ha parlato di Giorgia Severi «artista che da anni ha concentrato l’attenzione sugli ecosistemi, sulla fragilità e l’impermanenza di boschi, alberi, habitat» e dell’attenzione e pietas che pone nei confronti dei luoghi del mondo che ha visitato. Cortesemente, nei giorni successivi, Serena mi ha inviato il testo di due sue recensioni: L’artista che si è dedicata a un mondo in pericolo, che non ha parole, pubblicata il 20 giugno 2022 sul quotidiano online RavennaeDintorni.it, e Anche l’essenza degli alberi nella “foresta sacra” di Giorgia Severi, pubblicata l’8 dicembre 2022 sul settimanale cartaceo Ravenna&Dintorni, a p. 16. Appena mi è stato possibile ho iniziato a leggere il materiale ricevuto. La personalità di Giorgia Severi mi ha suscitato immediatamente simpatia e interesse; ho raccolto ulteriori informazioni in merito al suo lavoro ed eccomi qui a scriverne.

Giorgia Severi nasce a Ravenna nel 1984, studia restauro del mosaico e si diploma all’Accademia di Belle Arti della città, sviluppando un interesse per il rapporto uomo-natura e iniziando a viaggiare. Esperienze e progetti la portano a lavorare e vivere all’estero, in India, dove lavora all’Università di Jaipur, e in Australia, dove collabora con comunità aborigene. Nel 2015, partecipa alla 56esima Esposizione d’Arte della Biennale di Venezia con l’esposizione Country, dedicata al rapporto tra esseri umani e terra. Obiettivo del progetto, sviluppato lavorando in collaborazione con 48 artisti aborigeni di 6 comunità di differenti zone dell’Australia, era mettere in luce il percorso intrapreso da Giorgia Severi durante il viaggio durato un anno e mezzo, in tutto il continente australiano, dal Tanami Desert nell’Australia settentrionale fino al Gibson Desert nel Western Desert cultural bloc. Gli artisti hanno realizzato un’indagine sul tema della memoria e della tradizione utilizzando diversi media, dal manufatto alle proiezioni video, dall’installazione alle opere sonore. In alcuni casi l’artista si è limitata a registrare audio di canti; in altri, per la realizzazione di alcune opere si è lavorato tutti insieme, affrontando gli stessi temi interpretati dalle differenti personalità, facendo in modo che le opere interagissero con lo spazio espositivo. Le installazioni erano suddivise in tre stanze, ognuna delle quali dedicata a diversi aspetti della cultura aborigena.

2015, Biennale di Venezia. «Insieme al Kayili Art Centre abbiamo affrontato il tema della donna e del simbolo universale che la rappresenta. Lo abbiamo fatto grazie all’installazione di culle sospese fluttuanti realizzate dalle due diverse culture. Le artiste aborigene hanno lavorato alla forma del colomoon, io a quella della culla in vimini» https://myhumus.com/blog/arte-conservazione-territorio/.

2015 Biennale di Venezia. «[…] 57 calcografie di piante arse che rappresentano il territorio antropico del deserto del Gipson Ngaanyatjarra. In quella zona, come in altre d’Australia, vengono ancora praticati gli incendi controllati per la rigenerazione del suolo. Quello è un paesaggio raro che va scomparendo, per questo ho voluto immortalarlo» https://myhumus.com/blog/arte-conservazione-territorio/.

Giorgia Severi realizza sculture, installazioni di grandi disegni/frottage, calchi su carta o cellulosa di porzioni di paesaggi che mutano, pitture, video e registrazioni sonore sul campo, operando e lavorando nell’ambiente dove avviene la parte più importante di produzione dei progetti. Le opere su carta e tela, spesso di grandi dimensioni, cercano di includere lo spettatore nell’installazione percettiva dello spazio in cui il concetto di paesaggio non sia quello contemplativo, ma quello inclusivo.

In un’intervista, alla domanda su che cosa rappresentassero le sue opere, Giorgia ha risposto: «Sono archiviazioni di porzioni di territorio che stanno scomparendo. Sono frammenti di un ambiente che raccontano un passato geologico, oppure impatti ambientali violenti dovuti all’azione antropica. […] Applico questi principi al paesaggio naturale geologico in erosione, ai ghiacciai in discioglimento, alle zone urbane in espansione che si sostituiscono alle foreste. E anche a pratiche antropiche legate all’ambiente che stanno andando in disuso, e che precludono una profonda e dettagliata conoscenza del territorio. Il progetto Ghiacciaio Presena è dedicato a uno dei ghiacciai italiani che si sta sciogliendo ad altissima velocità, con un ritiro di quasi un metro all’anno. I calchi e le calcografie eseguite sulle pareti della montagna che, una volta, ospitava un’enorme distesa di ghiaccio, così come alcuni massi delle sassaie, sono stati oggetto delle mie opere per parlare di ciò che sta accadendo. […] L’archiviazione di un paesaggio non si rivolge solo all’ambiente. Si rivolge a tutti quei paesaggi culturali che esprimono le pratiche antropiche capaci di legare Uomo a paesaggio in sé. È ciò che sta scomparendo. L’erosione non è solo terrestre, su montagne e campi agricoli. È anche intellettuale a causa di una sorta di disconnessione dalla cultura»1.

Creare, organizzare, conservare degli archivi, in questo caso di paesaggi, di porzioni di territori che stanno scomparendo, non è certo un’attività neutrale, ma una decisa presa di posizione riguardo alle priorità sociali dell’epoca in cui viviamo. Le opere documentarie dell’‘archivio’ di Giorgia Severi riflettono la sua personalità e, come scrive Jennifer Bishop (Cambridge University), riguardo ad atti e documenti degli archivi: «Non si tratta di fonti che si limitano a documentare con rigore e distacco evidenze storiche e ufficiali, ma anche di testi creativi che parlano delle preoccupazioni e delle abitudini degli impiegati che li hanno scritti».

Rientrata in Romagna, nel 2018, nella campagna di Cannuzzo in provincia di Ravenna, Giorgia Severi avvia l’azienda agricola biologica Orto Zangàl a Borgo Pasini, nelle campagne dietro le saline di Cervia, sul fiume Savio. Convinta che arte e agricoltura siano «entrambe espressioni politiche», l’artista, insieme al marito Matteo Silvagni, tecnico agrario, e ad alcuni collaboratori, unisce alla ricerca artistica sull’ambiente la produzione di ortaggi, erbe aromatiche, fiori eduli, microgreen, farine del grano locale e seminativi biologici, in campo aperto e in tunnel-serra seguendo il ritmo naturale delle stagioni, rispettando suolo e paesaggio.

Negli ultimi anni Giorgia ha realizzato progetti site-specific (interventi che si inseriscono in un preciso luogo), residenze, mostre – tra queste, dal 30 aprile al 30 luglio 2022, nelle gallerie monoGAO21 e Magazzeno di Ravenna la personale Another Ghost Landscape, curata da Luca Donelli. In un’intervista rilasciata a Eleonora Savorelli (L’inventario degli emarginati vegetali del mondo. Intervista a Giorgia Severi, in ArtsLife the cultural revolution online, 10 dicembre 2022) riguardo al concetto di paesaggio fantasma, l’artista lo descrive come «qualcosa che se ne sta andando, ma che perpetua nel tempo attraverso elementi ‘resistenti’ che lo identificano, un contenitore, un ‘archivio di memorie’ di paesaggi che continua a eruttare. […] L’essere presente fisicamente sui luoghi dove sviluppiamo i progetti per me è molto importante. Infatti, spesso sono i luoghi stessi a svelare come verranno realizzate le opere, oltre all’importanza dello studio e alla ricerca sul campo. Possiamo dire che la metà del mio studio è in ambiente, perché la parte essenziale delle opere avviene dentro al paesaggio proprio con questa azione, se vogliamo performativa, molto fisica. Si instaura un rapporto diretto con il luogo, potrei dire per immersione. Diviene un pellegrinaggio, ogni volta diverso, per trovare un vecchio albero o per scalare una montagna. Questi elementi raccontano storie di natura e di uomini, testimoni e ambasciatori del paesaggio che troviamo ora. Spesso i cantieri devono essere ripetuti per questioni meteorologiche: a volte, i materiali da stampo non catalizzano, oppure si alza vento e non si riesce a lavorare con la carta. Ogni volta è un viaggio, ogni volta si va a trovare un antenato come se fosse un nonno, un parente dal quale vogliamo sapere il più possibile prima che se ne vada».

Giorgia Severi, Ghost Gum Tree

Il cambiamento climatico e il futuro del pianeta sono al centro delle opere esposte nella doppia personale In the Forest loudly Falling Silent,in mostra nelle sale di Studio la Città a Verona dal 26 novembre 2022 al 14 gennaio 2023, in cui Giorgia Severi ha presentato tre serie distinte nell’intento di raccontare, con diverse tecniche, le specie arboree e gli endemismi (specie esclusive del territorio) a rischio di estinzione in diverse zone del globo, mentre Andre Woodward ha indirizzato i suoi sforzi artistici alla rappresentazione di una natura che scompare, attraverso la fotografia, realizzando piccole e grandi immagini dedicate agli alberi secolari della California, le sequoie, decimate a causa degli incendi boschivi che hanno colpito quella zona da tre anni a questa parte. Dal 3 dicembre 2022 all’8 gennaio 2023, l’artista ha tenuto la personale Sacred Forest, a cura di Giovanni Gardini, nello spazio espositivo di Santa Maria dell’Angelo a Faenza.

Giorgia Severi, mostra Sacred Forest, allestita a Faenza nello spazio espositivo di Santa Maria dell’Angelo

In un passaggio della recensione di Serena Simoni riguardo l’esposizione in oggetto si legge: «Il lavoro può verosimilmente attingere alla Land Art e Arte Povera fino alle esperienze sciamaniche di Beuys, artista a cui Severi è vicina per il tipo di sensibilità e per il coinvolgimento fisico che il lavoro impone in zone difficili da raggiungere, per il tempo impiegato nell’esecuzione del lavoro, per la pazienza necessaria e il silenzioso rispetto che queste opere impongono. La denuncia che sottostà ad ognuno di questi lavori illumina in questo modo gli effetti del surriscaldamento globale o della diminuzione delle varietà delle specie a causa degli effetti dei fenomeni di antropizzazione e globalizzazione».

Biennali, fiere d’arte e relativi viaggi internazionali interrogano sulla necessità di mettere in relazione le preoccupazioni ambientali con i modelli operativi istituzionali e di business. Anche se l’arte contemporanea è sempre più interessata al fenomeno dei cambiamenti climatici tramite coalizioni di settore e iniziative individuali, il campo degli studi entro tale ottica è, a oggi, circoscritto a pochi centri di ricerca europea. Un comitato di galleristi londinesi, nel 2020, ha fondato la Gallery Climate Coalition (GCC) per affrontare i nodi della crisi climatica; dal 2022, alcune gallerie italiane fanno parte di questo circuito assieme ad altre 360 istituzioni artistiche in tutto il mondo. In Germania, il progetto Federal Cultural Foundation permette a musei e organizzazioni artistiche di indagare e limitare, attraverso studi e ricerche, le proprie emissioni di carbonio.

Gruppi e movimenti di attivisti hanno iniziato a servirsi dell’arte per parlare di clima; tra questi, Extinction Rebellion ha scelto la disobbedienza civile non violenta per denunciare la crisi climatica, ricorrendo a performance, arti visive e musica. Obiettivo ultimo di attiviste/i è creare assemblee di cittadine e cittadini per orientare le decisioni sulla giustizia climatica ed ecologica. Nel suo libro Altrimenti siamo fottuti! (Chiarelettere, 2020), Roger Hallam, il cofondatore di Extinction Rebellion, scrive: «Il sistema corrotto ci ucciderà tutti se non ci ribelliamo».

Nota

1 Da un’intervista rilasciata il 9 febbraio 2017 ad Anna Zattoni per il blog MyHumus.

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