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Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, con una raffica di precettazioni, tra luglio e novembre, ha scardinato il sistema di regole che garantisce l’equo contemperamento tra il diritto di sciopero e il diritto alla libertà di circolazione, che, a causa dell’astensione dal lavoro, può essere compresso, per effetto della riduzione del servizio pubblico di trasporto.

Per spiegare meglio la problematica, ricordo che, uno dei più eminenti studiosi del diritto civile e del diritto del lavoro, Luigi Mengoni, ha definito lo sciopero come diritto assoluto della persona. La definizione è ormai pacificamente adottata dalla giurisprudenza. Il Legislatore, vincolato alla riserva di legge di cui all’art. 40 Cost., può imporre limiti all’esercizio del diritto di sciopero, i quali, tuttavia, non possono costituire forme di divieto o di depotenziamento dello sciopero, fino alla sua inefficacia.

La l. 146/90 (da qui in poi solo legge) che ha ad oggetto solo i servizi pubblici essenziali, nel dare attuazione all’art. 40 della Cost., specifica che la legge si propone di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, al fine di assicurare “l’effettività nel loro contenuto essenziale dei diritti medesimi”. Nel rispetto del rango costituzionale attribuito allo sciopero, la legge attribuisce alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, mediante specifici accordi, il potere di indicare i servizi minimi essenziali da garantire, agli utenti, in occasione delle astensioni collettive.

Insomma, lo sciopero nei trasporti pubblici non azzera il servizio e non pregiudica la libertà di circolazione degli utenti, essendo questa garantita dalle prestazioni indispensabili, contenute negli accordi vigenti in tutti i diversi servizi pubblici di trasporto. Lo sciopero è, peraltro, proclamato con largo anticipo e le aziende di trasporto hanno l’obbligo di comunicare, nelle guide ufficiali dedicate agli utenti, i servizi garantiti in occasione di sciopero. Quindi gli utenti sono pienamente informati circa i servizi fruibili in caso di sciopero.

La citata legge ha istituito una Commissione di garanzia che ha il precipuo compito di valutare l’idoneità degli accordi sui servizi minimi, stipulati dalle parti sociali, a realizzare l’equo contemperamento tra il diritto di sciopero e gli altri diritti costituzionali. La Commissione ha, anche , il compito di vigilare sull’applicazione della legge e di irrogare sanzioni in caso di violazioni.

Vale la pena di sottolineare che la legge italiana in materia di sciopero è tra le più severe tra quelle vigenti nei paesi membri dell’Unione Europea.

L’osservanza delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero è pratica diffusa tra tutte le organizzazioni sindacali. Pochissimi sono gli scioperi che la Commissione di garanzia valuta negativamente, irrogando le relative sanzioni.

Queste prime considerazioni, già sono sufficienti per comprendere quanto l’azione autoritativa del ministro Salvini, che ha ridotto la durata degli scioperi proclamati tra luglio e novembre, sia stata assolutamente sproporzionata e ingiustificata. Deve far riflettere che gli scioperi, sui cui è intervenuta la precettazione, sono stati proclamati tutti nella rigorosa osservanza delle regole previste nelle regolamentazioni di settore.

Nell’ipotesi in cui la Commissione di garanzia, istituita dalla legge, ravvisi irregolarità nella proclamazione, la Commissione “invita” le organizzazioni sindacali a modificare la proclamazione. Se dette organizzazioni non accolgono l’invito, la Commissione dopo l’effettuazione dello sciopero può aprire un procedimento di valutazione. In questo caso, le organizzazioni sindacali, nei 30 giorni successivi, possono essere ascoltate dalla Commissione, la quale, esaminate le giustificazioni presentate dalle organizzazioni sindacali, può valutare negativamente il comportamento delle dette organizzazioni, irrogando le conseguenti sanzioni, oppure archiviare il procedimento. Se ritiene vi siano state delle violazioni, può comminare, considerata l’inosservanza dell’invito della Commissione, sanzioni raddoppiate, rispetto a quelle standard, che vanno dai 5 a 100 mila euro per ciascuna delle organizzazione sindacali che hanno indetto lo sciopero.

È, dunque, evidente che l’azione della Commissione sia più che efficace ai fini della repressione di comportamenti, adottati dalle organizzazioni proclamanti, non conformi alle regole attuative di esercizio dell’azione di sciopero.

L’autorità precettante, può intervenire sulle azioni di sciopero, su segnalazione della Commissione di garanzia. In tutte le recenti precettazioni, tale segnalazione non è stata avviata dalla Commissione. Il ministro competente a emettere l’ordinanza di precettazione può intervenire anche in mancanza della segnalazione della Commissione; dunque, di propria iniziativa, ma, come recita l’art. 8 della legge, solo «quando sussiste fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati».

La precettazione, dunque, è consentita in circostanze eccezionali: eventi calamitosi e improvvisi, grave pregiudizio per l’ordine pubblico. I motivi per i quali il Ministro è intervenuto sono elencati nell’ordinanza di precettazione e riguardano: l’incremento dell’afflusso turistico, l’aumento del traffico a causa della riduzione del servizio di trasporto locale, il maggior impatto delle adesioni per effetto della rappresentatività dei soggetti sindacali proclamanti. Tali motivazioni sono qualificabili come cause fisiologiche delle astensioni dal lavoro, assolutamente coerenti con il rango costituzionale dello diritto di sciopero e le regolamentazioni, vigenti in materia, di sciopero nei servizi pubblici essenziali. È fuor di dubbio, pertanto, che le circostanze di cui all’ordinanza di precettazione, non possano essere qualificate “eccezionali” come prevede la legge. È ragionevole, invece, affermare che il Ministro abbia violato i limiti che l’art. 8 della legge richiede, per il legittimo esercizio dell’ordinanza di precettazione.

Va anche detto che, eccedendo dall’ambito di applicazione della precettazione, il Ministro ha usurpato la competenza della Commissione che, nell’assetto legislativo attuativo dell’art. 40 Cost., rappresenta l’unico organismo a cui spetta valutare il pregiudizio, dei diritti degli utenti, derivante dall’azione di sciopero.

Infine, un’ultima considerazione. L’art. 95 Cost. affida al Presidente del Consiglio dei Ministri la responsabilità e la direzione della “politica generale del Governo”. Peraltro, è il Presidente del Consiglio a delegare la materia dello sciopero ai Ministri competenti per settore.

Nessuno degli esponenti politici, intervenuti nel dibattito sulle precettazioni di Salvini, ha chiesto alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di giustificare le iniziative del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, del tutto estranee alla fattispecie prevista nell’art. 8 della l. 146/90. È mancata la consapevolezza delle conseguenze che l’azione autoritativa del ministro Salvini ha indotto sull’assetto delle competenze istituzionali in ordine all’applicazione della l. 146/90, affidate alle organizzazioni sindacali e alla Autorità di garanzia. Non è un buon segno per il diritto di sciopero.

*Carmen La Macchia è docente di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Messina.

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