Interventi

Foto di TheAndrasBarta da Pixabay

Quante volte, e, a maggior ragione in questi giorni di crisi, abbiamo sentito tirare in ballo l’Europa perché non fa quello che ci aspetteremmo che facesse e non è in grado neanche di coordinare le misure che, in ordine sparso, i diversi governi stanno assumendo di fronte alla pandemia.

In questo strillare contro l’Europa, tutto si confonde e le grida di quelli che diffidano del suo potere in nome di un rinascente nazionalismo, si mischiano a quelle di chi invoca ,al contrario, che l’Unione Europea abbia poteri decisionali e risorse conseguenti per fronteggiare questo disastro.

Una cosa hanno in comune queste due posizioni, infatti, è innegabile che tutti ci sentiremmo più tranquilli se ci fossero stati criteri ed azioni comuni contro il contagio e se, ad esempio, gli standard dei diversi Servizi Sanitari fossero gli stessi per tutti i cittadini e,aggiungo, le persone, visto che non tutti quelli che abitano l’Europa, ne sono cittadini.

Ai primi, ai nazionalisti vorrei dire che questa è la loro Europa e non si può ottenere nei momenti difficili quello che non si è voluto dare in tempi tranquilli.

L’Unione Europea che conosciamo, è sempre più una confederazione di Stati Nazione; esattamente quello che voleva la destra.

Questo vuol dire che il potere decisionale nelle materie che sono nella competenza degli Stati è di questi ultimi e, se si vuole promuovere un’azione comune, sono essi stessi a doverla volere e decidere, il più delle volte all’unanimità.

La Sanità, infatti, è una di quelle materie di esclusiva competenza nazionale, a nulla vale, quindi, invocare l’Unione Europea che non ha né poteri, né mezzi per intervenire.

Visto che molti sostengono che dopo questa crisi nulla sarà come prima, suggerisco di ricordarci di questi giorni anche quando li avremo alle spalle e di fare della consapevolezza acquisita in questa crisi una leva per riforme radicali di questa Unione Europea.

La prima questione riguarda i poteri e, a questo proposito, si potrebbe decidere che, in caso di pandemie o, comunque, di fronte a gravi problemi sovranazionali che minaccino la salute, sia la Commissione Europea ad assumere poteri di indirizzo e di coordinamento. Dall’acquisizione dei materiali, ai criteri delle quarantene e delle cure, ai movimenti dei cittadini, alle risorse per farne fronte.

E veniamo, infine, alle risorse.

È noto che il bilancio europeo attualmente non esiste, perché i governi non si mettono d’accordo sulla percentuale del PIL da dedicare ad esso.

Parliamo di pochi decimali che si dovrebbero aggiungere all’1%.

Cifre risibili.

Quel che è peggio è che queste risorse derivano all’Unione direttamente dalle casse degli Stati mentre, in passato, con la CECA e prima del Mercato Interno, vi era una fiscalità in parte autonoma di quella che si chiamava Comunità Europea.

Con l’Unione Europea abbiamo fatto un passo indietro in questo campo, infatti, per non perdere potere e controllo, gli Stati si sono opposti, e tutt’ora si oppongono, strenuamente ad una fiscalità europea capace di alimentare il bilancio dell’Unione.

Il federalismo Europeo non è di moda ma, sempre più sono i problemi che richiederebbero un “governo sovranazionale” se non mondiale, a cominciare dai cambiamenti climatici e, oggi, anche la salute.

Senza un modello istituzionale adeguato è impossibile affrontarli. Torna quindi, con urgenza, il tema del Federalismo che ha dato prova di saper contemplare democrazia, rappresentanza e giusto livello delle decisioni.

In caso contrario, ci terremo questa Unione che andrà ineluttabilmente incontro alla sua disgregazione e, purtroppo, i segnali sono già evidenti.

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