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Lotte per l’acqua, da Cochabamba a Berlino

Tra colture e allevamenti intensivi, grandi opere, accaparramenti e consumi dissennati, il capitalismo globale sta muovendo una vera e propria guerra contro il sistema delle acque sul pianeta Terra. Ma al tempo stesso si moltiplicano le lotte per difenderlo

«Oggi non ho più paura, perché se noi stesse non lottiamo per quello che vogliamo e lasciamo che mettano a tacere le nostre voci, chi continua con la lotta?»
Ana Milena Delgado1

In occasione di un incontro di preparazione della manifestazione nazionale “Territori in cammino. Per la giustizia climatica liberiamoci dal fossile e dalle opere inutili. No rigassificatori, no trivelle, no gasdotti”, organizzata dalla Campagna nazionale Per il Clima, fuori dal Fossile assieme alla Rete No Rigass No GNL e RECARete Emergenza Climatica Ambientale Emilia-Romagna, tenutasi il 6 maggio a Ravenna, l’amico Renato Di Nicola (Portavoce nazionale della campagna nazionale Per il Clima – Fuori dal Fossile) mi ha fatto dono del libro Gli stati generali dell’acqua, a cura di Daniela Padoan, Prefazione di Pedro Arrojo-Agudo, Introduzione di Emilio Molinari (Roma, Castelvecchi Editore, 2022).

Il volume raccoglie un inventario di esperienze avviate in tutto il mondo per affermare il diritto di avere acqua potabile e servizi igienico-sanitari, contrastare il cambiamento climatico, fermare la distruzione di laghi, fiumi, mari, oceani e ghiacciai ed è diviso in quattro sezioni: L’acqua è vita, e la stiamo esaurendo; Diritti e lotte per l’acqua nel mondo; Acqua e conversione ecologica; Acqua e democrazia. Obiettivo del libro, oltre a fornire informazioni sull’impatto che la crisi climatica sta avendo sul ciclo dell’acqua e sugli ecosistemi che permettono la vita sulla terra, è portare a conoscenza di lettrici e lettori le vaste dimensioni della guerra che il sistema economico vigente sta muovendo al sistema acqua, con l’agricoltura, l’allevamento intensivo, le dighe idroelettriche, le grandi opere, l’accaparramento da parte delle multinazionali di fonti idriche sottratte alle comunità territoriali e native, la contaminazione e l’inquinamento industriale, gli stili di vita che rendono insostenibili i nostri consumi, la riduzione dell’acqua a merce e addirittura a titolo in Borsa, tanto più redditizio quanto più l’acqua diventa scarsa. “Il libro accosta voci di uomini e donne testimoni e ispiratori di battaglie straordinarie; fondatori di movimenti che, in Italia e nel mondo, hanno tracciato la storia dell’acqua bene comune; climatologi, geografi, biologi che si battono per la salvezza dei ghiacciai e degli oceani, per il contrasto della desertificazione, contro l’avvelenamento delle falde sotterranee; giuristi, economisti, antropologi, teologi, artisti; rappresentanti di istituzioni locali e globali […]”2.

L’accesso all’acqua, diritto (tra i più violati) sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, incide sulla politica ed è misura di giustizia, di pace, di cura, di dignità, di qualità della vita e delle relazioni, dell’andamento economico e della qualità del lavoro. Periferie urbane e interi continenti subiscono politiche razziali dell’acqua, mentre le donne e i popoli nativi hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale nelle battaglie a sua difesa, e molti attivisti e attiviste hanno pagato e pagano con la vita per le loro rivendicazioni.

Ad aprire la prima sezione del volume dal titolo L’acqua è vita, e la stiamo esaurendo è il biologo Gianni Tamino3, che nel suo contributo, intitolato Il ciclo delle acque, afferma che, se la quantità dell’acqua nel nostro pianeta è da molto tempo più o meno la stessa, sta però cambiando la sua qualità e la sua disponibilità sulla terraferma: “Nell’ultimo secolo, il naturale ciclo delle acque è stato fortemente alterato dall’intervento dell’uomo. L’acqua è sempre più scarsa sia perché sono aumentati enormemente i consumi industriali e agricoli, sia perché l’acqua viene sprecata e inquinata. Secondo i dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, milioni di abitanti della Terra hanno poca acqua disponibile e bevono acqua inquinata. I cambiamenti climatici, inoltre, rendono sempre più aride intere aree del pianeta, con fiumi e laghi che hanno sempre meno acqua sia per piante e animali sia per le attività umane, in gran parte a causa delle sempre minori precipitazioni nevose e dello scioglimento dei ghiacciai di montagna, che alimentano nei periodi estivi i corsi d’acqua delle pianure. Inoltre, la ridotta portata dei fiumi favorisce la penetrazione dell’acqua salata o salmastra lungo i corsi d’acqua (formazione del cuneo salino), mentre lo stato delle acque sotterranee […] sta diventando sempre più critico”4.

Mappa globale del livello di stress idrico (World Resources Institute).

Nella sezione Diritti e lotte per l’acqua nel mondo, Marcela Olivera, attivista per l’acqua in Bolivia, nel contributo intitolato Cochabamba e la difesa dell’acqua: la nascita di Red VIDA5 e della Piattaforma di Accordi Pubblico Comunitari delle Americhe6, scrive: “A Cochabamba, che è la terza città più grande della Bolivia, la scarsità dell’acqua segna profondamente la vita quotidiana. Nelle campagne, dove le famiglie dipendono essenzialmente dall’agricoltura, l’accesso e la gestione dell’acqua sono regolati grazie a complessi sistemi ancestrali, ma nella città e nella sua periferia – che negli ultimi anni ha visto un grande aumento di popolazione ed è cresciuta in modo caotico – le autorità non sono state in grado di trovare una soluzione centralizzata. La necessità di risolvere i problemi legati all’accesso urbano all’acqua ha prodotto una serie di azioni individuali e collettive, alcune basate sulla comunità, altre di natura commerciale”7. Negli anni Novanta il governo boliviano, supportato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, impone una massiccia privatizzazione incentivando anche investimenti stranieri che conducono alla “guerra dell’acqua di Cochabamba”, che riunisce operai, contadine e contadini, associazioni di quartiere, accademici e semplici cittadine e cittadini, che danno vita a varie manifestazioni, a uno “sciopero delle bollette” e all’occupazione pacifica della piazza centrale della città. All’ondata di privatizzazioni di aziende pubbliche in Bolivia e in tutta l’America Latina degli anni Novanta, segue, nel primo decennio del XXI secolo, la resistenza alla privatizzazione e il recupero al pubblico di molte di quelle stesse aziende.

Bolivia. Manifestazione popolare contro la privatizzazione dell’acqua.

All’attivismo di Cochabamba si unisce lo stato di assemblea permanente in Argentina, la nascita dell’Assemblea Provinciale di Santa Fe, il plebiscito uruguayano in difesa dell’acqua, la lotta per l’abrogazione della legge 4047 in Brasile e la costituzione del movimento Red VIDA, rete dei movimenti e organizzazioni del Sud, Centro e Nord America, che operano per la difesa dell’acqua come bene pubblico e diritto umano fondamentale, la cui efficacia sta nella partecipazione, nella cooperazione democratica e orizzontale delle sue organizzazioni. Negli anni Duemila, la nascita di PAPC-Plataforma de Acuerdos Público Comunitarios de las Américas, segna il passaggio dalla resistenza alla realizzazione di progetti alternativi che promuovono la riattivazione e la modernizzazione dei servizi pubblici. Di recente l’esperienza è stata condivisa con AWJN-African Water Justice Network, in Senegal e al Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua di Dakar.

Spostandoci a Berlino, Dorothea Härlin, sempre nella sezione Diritti e lotte per l’acqua nel mondo,nel contributo intitolato Dall’America Latina alla Tavola dell’Acqua di Berlino la centralità delle relazioni, racconta del suo impegno – grazie anche agli insegnamenti ricevuti dall’America Latina – nel lancio della proposta di un referendum contro la privatizzazione dell’azienda municipalizzata Berliner Wasserbetriebe che, nel 2011, grazie al voto di oltre 666.000 cittadini berlinesi, consegue una grande vittoria. Il risultato costringe il governo a riacquistare le azioni delle società private RWE e Veolia e, nel 2013, la Berliner Wasserbetriebe viene rimunicipalizzata.

I berlinesi chiamati alle urne per votare al referendum per l’annullamento
della privatizzazione parziale della società di gestione dei servizi idrici.

Ma per poter gestire l’acqua come bene comune questo non era che il primo passo e Dorothea Härlin scrive: “Il nostro slogan di allora era: ‘Dopo la rimunicipalizzazione, la democratizzazione’. […]. Ripensando a tutto quello che siamo riusciti a fare, devo dire che eravamo principalmente noi donne i motori delle attività del movimento”8.

Il contributo Giustizia idrica, femminismo e approccio intersezionale all’acqua – anche questo nella sezione Diritti e lotte per l’acqua nel mondo, sottosezione Il ruolo delle donne nelle battaglie per l’acqua – di Meera Karunananthan, attivista della giustizia idrica e dei conflitti idrosociali, geografa femminista, Direttrice del Blue Planet Project canadese9, mette a fuoco la necessità di affrontare la giustizia per l’acqua prendendo in considerazione il concetto di intersezionalità introdotto dall’afrofemminismo, prospettiva che permette di riconoscere che l’essenza delle nostre esperienze riguardo alla questione socio-ambientale è modellata non solo dal territorio in cui viviamo, ma dal genere, dall’etnia, dall’appartenenza a gruppi indigeni e, soprattutto, dalla classe: “La metodologia femminista di intersezionalità ci insegna a considerare i problemi e le soluzioni socio-ambientali a partire dal punto di vista dei gruppi più marginalizzati, vulnerabili, esclusi, oppressi e sfruttati”10.

Meera Karunananthan.

Nella terza sezione, Acqua e Conversione ecologica,Daniela Padoan, scrittrice, saggista, autrice radiotelevisiva e direttrice dell’associazione “Laudato si’”, nel contributo Esaurire l’inesauribile, il delitto dell’Antropocene,rileva che, “se, un secolo fa, negli anni Venti, nel frammento Segnalatore d’incendio, Walter Benjamin indicava la necessità di attivare il ‘freno d’emergenza’ della locomotiva del progresso prima di giungere all’annichilimento dell’intero genere umano, oggi non ci restano nemmeno le metafore: segnalatori d’incendio sono gli incendi stessi. Eppure non li vediamo. O vedendoli, non ce ne sentiamo interpellati. Così non sembrano non interpellarci i fenomeni climatici estremi che sconvolgono il pianeta […]. In tale prospettiva, la diplomazia acquista importanza inedita, in ordine a promuovere strategie internazionali per prevenire i problemi più gravi che finiscono per colpire tutti […]. Nel dicembre 2021, in California, l’ONG Save the Redwoods League ha concluso una partnership con il Consiglio Intertribale dei popoli nativi Sinkyone, comprando più di 211 ettari di foreste di sequoia costiera sopravvissuti al disboscamento e trasferendoli ai Sinkyone, […] perché ne assumessero la conservazione. La foresta è tornata così a essere conosciuta come Tc’ih-Léh-Dûn – ‘Luogo dove corrono i pesci’ in lingua sinkyone – curata secondo una secolare cultura di convivenza con la natura»11.

Tc’ih-Léh-Dûñ, foresta di sequoie riconsegnata ai popoli nativi Sinkyone.

Nella sezione Acqua e democrazia, sottosezione L’acqua in Italia, tra privatizzazioni, sprechi e referendum, Marco Manunta, magistrato, tra gli estensori della Legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque12, nel suo contributo, dal titolo Dal referendum alla legge di iniziativa popolare: un contrasto senza precedenti tra la volontà dei cittadini e le scelte dei governanti, traccia la storia dell’acqua in Italia degli ultimi anni. Nel 2008, il governo Berlusconi impone con un decreto legge l’affidamento a privati dei servizi pubblici locali; con il referendum del 2011 in materia di servizi pubblici e di acqua potabile la norma viene abrogata con maggioranza plebiscitaria. Di fronte a un’espressione chiarissima della volontà popolare, i governi hanno però risposto mostrando di ignorare le indicazioni politiche risultate dalla partecipazione democratica diretta di cittadine e cittadini: “I governi hanno, cioè, riconosciuto la priorità degli interessi speculativi internazionali sugli interessi veri del nostro Paese, sulla salvaguardia delle nostre risorse e delle nostre comunità”13.

Roma. A dieci anni dal referendum, manifestazione dei movimenti contro la privatizzazione.

Nella sezione Gli stati generali dell’acqua, sottosezione Istituzioni globali e movimenti dell’acqua, il contributo dell’amico Renato di Nicola, membro dell’European Water Movement14, dal titolo Espropriazione o cooperazione? La gestione globale dell’acqua tra multinazionali, fondi di investimento e movimenti popolari, affronta il tema della trasformazione dell’acqua da “bene ecosistemico” a “servizio ecosistemico”, che la riduce a merce, prodotto industriale sottomesso ai principi del mercato: “Se l’interessamento civico, l’azione dei movimenti, le conquiste a livello istituzionale hanno ostacolato lo strapotere del mercato nell’ambito dei processi economici e geopolitici globali che investono l’acqua, oggi si stanno determinando nuovi equilibri e più insidiosi rapporti di forza. Le multinazionali del settore e i grandi soggetti finanziari, come i fondi di investimento, hanno avviato percorsi di appropriazione più rapidi e semplificati di dominio sulla natura, non meno predatori di quelli intrapresi nel passato. Con la complicità di governi di diversa collocazione, le grandi multinazionali idriche, unitamente a quelle del cibo, delle bevande e dell’agricoltura, e i fondi di investimento, con le loro immense risorse, sempre più stanno mettendo le mani non solo sulla gestione idrica del servizio pubblico ma sull’intero ciclo dell’acqua, dalle fonti fino al trasporto, alla fornitura e allo smaltimento. Il controllo di tali processi, se da un lato dota questi soggetti economico-finanziari di un ampio potere di ricatto, dall’altro assicura loro margini di profitto sempre più elevati”15.

L’espressione “water grabbing”, si riferisce a situazioni di conflitto asimmetrico in cui determinati attori sono in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole a comunità locali o intere nazioni, la cui sussistenza si basa proprio su quelle stesse risorse e quegli stessi ecosistemi che vengono depredati.

Sono numerosi gli interventi contenuti nel libro, tutti significativi e importanti per comprendere la coralità che unisce le esperienze dei diversi continenti. In conclusione del volume, Emiliano Molinari, Presidente emerito del Comitato per un Contratto Mondiale sull’acqua avanza una proposta di Idrodiplomazia e idrodemocrazia: un’entità sovranazionale di cittadini e cittadine per difendere l’acqua bene comune.

Note

1 Ana Milena Delgado, 41 anni, è Guardiana dell’acqua e promotrice dell’associazione femminile e femminista Alianza de mujeres tejedoras de vida per i municipi di Valle del Guamuez e San Miguel, nella regione colombiana del Putumayo. Le “Guardiane” si prendono cura del proprio territorio a partire dalla risorsa acqua, facendo laboratori sul clima, sull’ambiente, sulla raccolta di rifiuti.

2 Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., p. 18.

3 Già eurodeputato e membro del Comitato nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

4 Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., p. 41.

5 Acronimo che sta per Vigilanza Interamericana per la Difesa e il Diritto all’Acqua.

6 Un’organizzazione che ha lo scopo di promuovere lo scambio di conoscenze sui servizi idrici sulla base della solidarietà e della cooperazione orizzontale tra popoli.

7 Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., p. 160.

8 Ivi, p. 167.

9 Movimento di giustizia globale per l’acqua nato in seno al Consiglio dei Canadesi, che lavora in rete con numerosi movimenti e organizzazioni per la difesa del diritto umano all’acqua sia nel Sud sia nel Nord del pianeta, affiliato a reti internazionali tra cui il Forum dell’Acqua italiano, la Red VIDA latinoamericana, la Piattaforma di Accordi Pubblico-Comunitari delle Americhe (PAPC), il People’s Health Movement e Friends of the Earth International.

10 Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., p. 169.

11 Ivi, pp. 258-259.

12Legge n. 36 del 1994.

13Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., p. 285.

14 Il movimento europeo per l’acqua è una rete aperta, inclusiva e pluralistica il cui scopo è di rinforzare il riconoscimento dell’acqua come bene comune e come diritto umano fondamentale e universale; lotta contro la privatizzazione e mercificazione dell’acqua e per creare una sua gestione pubblica e cooperativa, basata sulla partecipazione democratica di cittadine e cittadini.

15 Padoan D., Gli stati generali dell’acqua, cit., pp. 317-318.

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