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Il protagonismo geopolitico della penisola arabica è notevole in questi tempi di “riequilibrio dell’assetto mondiale”: dal calcio (quel rito pagano che ci piaceva) alla Cop28 negli Emirati Arabi Uniti (che si sta svolgendo con prevedibili e inutili risultati), dall’ennesimo conflitto in Israele alla vittoria per l’Expo 30 di Riyad. Ogni giorno il rampante petrodollaro vince sul mai realmente affermatosi euro: la guerra monetaria è lotta impari al giorno d’oggi. Gli sconfitti si rifanno con l’ironia “vince il metodo transazionale non quello transnazionale” e fanno una figura barbina finendo addirittura terzi: 119 voti ai sauditi, 29 alla coreana Busan e 17 a Roma.

Noi, con buona pace della concordia nazionale ci stappiamo (non me ne vogliano i sauditi, né i sovranisti dello spumante) una bottiglia di champagne. Abbiamo evitato una sciagura, come leggiamo su DINAMOpress, pensiamo a quei 17 voti (non me ne vogliano gli scaramantici) come una salvezza. Finita la festa, gabbato lo santo: pensiamo. Quest’attività è spesso sottovalutata ma davvero abbiamo bisogno di più di parole che di fatti, di “interpretare il mondo”, ha ragione Bifo. Poi la cambieremo, ma intanto cerchiamo di mettere in riga un po’ di eventi, almeno per la nostra città.

Ripercorriamo i “grandi eventi”: l’esposizione del ‘42 (quella dell’EUR per intenderci) non è mai stata fatta; l’Olimpiade del 1960 ha lasciato qualcosa ma se pensiamo all’accoppiata “Palazzetto dello Sport-Stadio Flaminio” ci si stringe il cuore; i Mondiali del ‘90 hanno permesso la costruzione di qualche strada, come il Giubileo del 2000; i Mondiali di Nuoto le famose vele di Calatrava. Perché l’Expo 30 avrebbe dovuto fare qualcosa di più? È pensabile? No, non crediamo.

I segni di un qualche pensiero, di una “forma urbis”, come auspicavamo tre d’anni fa, non si vedono. Eppure, si potrebbero intravedere: Roma pullula di proposte. Dall’alto, penso ai municipi più attivi: la Vaccheria del Nono o la Festa delle Resistenza dell’Ottavo; e dal basso, la “bella lotta” di Spin Time Labs o il protagonismo giovanile delle scuole “occupate-autogestite”. Sono forme ibride, magari in contrapposizione; ma la capacità della politica, quella grande appunto, è di mediare fra le istanze sociali e le istituzioni, di attivare e promuovere processi di crescita per la città. Con un’idea di fondo: non puntare sugli eventi, ma sulla cittadinanza. In una relazione feconda e produttiva: né supinamente in ascolto dei giornali del cemento, né piegata ai poteri forti.

Pochi giorni fa, Roma Ricerca Roma ha organizzato una “Costituente per la città” da seguire e appoggiare. Roma paga poi un’esposizione mediatica pericolosa: gli adolescenti di periferia visti solo come carne da macello in un’eterna Suburra televisiva e insistente. Per quello chiudiamo con la balena spiaggiata a Ostia: ne “La Dolce Vita” la ragazza del finale era la personificazione dell’Italia a venire; qui la salvezza sono due adolescenti di Ostia.

A loro e alla loro insistenza nel telefonare alle autorità (sorde) ci aggrappiamo per non vedere nel capodoglio l’ennesima metafora di una città “spiaggiata” sulle sue vestigia.

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