Democrazia e istituzioni
Legge elettorale
Con sentenza del 24 gennaio u.s., – di cui ancora non sono note le motivazioni – la Corte costituzionale ha dichiarato la legge elettorale vigente (c.d. Italicum) illegittima nelle parti in cui: a) prevedeva il ballottaggio tra i due partiti più votati, che tuttavia non avessero raggiunto il 40% dei voti; b) ammetteva la possibilità di scelta del collegio nel caso di candidature plurime. La Corte ha invece respinto in quanto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, che avrebbe consentito di sindacare alcune forzature dei regolamenti parlamentari verificatesi durante l’esame della legge.
Come precisa lo stesso comunicato stampa della Corte, la legge resta tuttavia immediatamente applicabile anche a seguito della declaratoria di incostituzionalità, sia pur in una forma assai diversa da quella approvata dal Parlamento. Si tratta infatti di un sistema elettorale sostanzialmente proporzionale, con assegnazioni fondate sul metodo “dei più alti resti” e su base nazionale.
Resta invece il premio di maggioranza alla lista più votata, se questa dovesse ottenere almeno il 40% dei voti. Alla lista saranno assegnati 340 seggi su 617, ovvero il 55%.
Restano anche i capilista bloccati, mentre le preferenze rileveranno solo rispetto ai candidati successivi al primo.  Legittime anche le soglie di sbarramento fissate al 3%, mentre quella del 20% riguarderà le liste espressioni di minoranze linguistiche.
Nel frattempo, all’invito del Capo dello Stato a delineare una disciplina che garantisca omogeneità tra i due Rami del Parlamento, le varie forze politiche rispondono con posizioni diverse e ancora incerte sulla possibile riforma, tra la vocazione proporzionalista di Forza Italia e l’insistenza sul modello maggioritario del PD, che rilancia il Mattarellum. Ovviamente, però, la possibilità di una riforma della legge elettorale dipende in primo luogo dalla tenuta del Governo e, quindi, dalla volontà delle forze di maggioranza di non accelerare i tempi per lo scioglimento anticipato della legislatura oltre il termine necessario per la stesura di una nuova legge.
Immigrazione
Il Ministro dell’interno, Marco Minniti, ha annunciato l’intenzione del Governo di accentuare le strategie di contrasto dell’immigrazione irregolare, in particolare puntando sull’identificazione e il respingimento di coloro i quali non abbiano titolo per permanere sul territorio nazionale. In questa prospettiva, il Ministro ha annunciato di voler modificare struttura e collocazione dei centri per l’identificazione e l’espulsione dei migranti (cie), configurandoli come strutture piccole, presenti in tutte le regioni e vicine agli aeroporti. Il Ministro ha inoltre accennato a una modificazione delle modalità di gestione dei centri, senza tuttavia fornire ulteriori precisazioni. Sarebbe certamente opportuno ripensare radicalmente funzione, natura e modalità di organizzazione dei cie, accentuandone tuttavia la residualità in vista del loro auspicabile superamento. Probabilmente sarà diversa la direzione su cui si muoverà il Governo, che pare invece intenzionato a rafforzare la funzione e la centralità dei cie nel sistema di gestione dei fenomeni immigratori. Va peraltro ricordato che le dichiarazioni del Ministro Minniti sono  state rese pochi giorni prima del (e riaffermate pochi giorni dopo il) decesso, nel Cie di Cona (Venezia), di una donna  ivoriana di 25 anni in attesa di riscontro alla richiesta di asilo politico. Sul caso è stato aperto un procedimento penale, anche al fine di accertare eventuali ritardi nella prestazione dei soccorsi alla donna.
Il Ministro ha anche annunciato l’intenzione di rivedere, in senso restrittivo, il sistema delle impugnazioni dei provvedimenti di diniego delle istanze di riconoscimento della protezione internazionale. Tale progetto sembra riconnettersi a quello annunciato in sede di audizione il 21.6.2016 dal Ministro della giustizia, a proposito di una prossima riforma delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, volta alla contrazione dei relativi tempi, pur a prezzo dell’attenuazione di importanti garanzie difensive
Diritti e giustizia
Cyber bullismo
Il Senato ha approvato, in terza lettura, il disegno di legge, d’iniziativa parlamentare, per il contrasto del cyber bullismo, in un testo significativamente modificato rispetto a quello della Camera. Nato come provvedimento per la tutela del minore da vessazioni, scherni, diffamazione e ingiurie in rete, la seconda lettura ne aveva esteso l’ ambito applicativo all’hate speech, alle ingiurie, violenze e vessazioni anche nei confronti di adulti ed anche con mezzi diversi da quelli telematici. Si era anche introdotta un’ulteriore fattispecie di reato  volta a colpire condotte corrispondenti a una sorta di stalking telematico.. Tale estensione e la connotazione sanzionatoria assunta, in seconda lettura, dal disegno di legge, avevano suscitato diverse critiche, soprattutto da parte di chi ravvisava in tali nuove norme il rischio di un “chilling-effect”, ovvero di una compressione della libertà di espressione, soprattutto in rete. Il ritorno al testo originario, disposto dal Senato, è dunque sicuramente un dato positivo in quanto sopprime le norme maggiormente suscettibili di prestarsi ad usi limitativi della libertà di espressione, concentrando la tutela sui minori.
Importanti sono le norme, funzionali alla prevenzione del fenomeno e alla riduzione del danno causato alla vittima. Sotto il primo profilo rilevano, ad esempio, l’introduzione di un codice di coregolamentazione per la prevenzione del cyber bullismo da adottarsi da parte dei gestori di social network e di altri operatori della rete, nonché la previsione di linee di orientamento per la prevenzione del fenomeno nella scuola. In ordine alla tutela riparativa accordata alla vittima anzitutto sotto il profilo della riduzione del danno causatole, rileva la procedura speciale per l’oscuramento dei contenuti lesivi istituita in prima istanza dinanzi allo stesso gestore del sito ospitante i contenuti contestati e, in seconda istanza, dinanzi al Garante per la protezione dei dati personali, cui la vittima o lo stesso autore (in funzione riparativa dell’illecito commesso) possono rivolgersi per ottenere la rimozione dei dati illeciti diffusi. In tal modo, ad esempio, i genitori di un minore vittima di un atto di cyber bullismo che pur non integri gli estremi di uno specifico reato potrebbero ottenere una tutela rafforzata e celere da parte dell’Autorità, attraverso l’adozione di provvedimenti inibitori e prescrittivi che garantiscano la dignità del minore rispetto a qualsiasi forma di violazione della sua persona, commessa in rete. A fini di riabilitazione dell’autore di tali condotte, si prevede un ventaglio di misure sanzionatorie che vanno dal percorso educativo specifico istituito in ambito scolastico all’ammonimento da parte del questore.
Gestazione per altri
Con sentenza del 30 gennaio, la Cedu ha dichiarato conforme alla Convenzione l’allontanamento del bambino, nato da gestazione per altri, dal nucleo familiare di nascita e dove aveva vissuto i suoi primi sei mesi, previo accertamento del fatto che il minore non avrebbe subito un danno irreparabile da questa separazione (e dalla conseguente dichiarazione del suo stato di abbandono).
Nella decisione della Corte ha avuto, ovviamente, un peso determinante il fatto che l’allontanamento del minore non geneticamente figlio della coppia che pur lo abbia riconosciuto sia previsto dalla legge come misura ammissibile, anzi in taluni casi doverosa.
La Corte ribadisce anche il margine nazionale di apprezzamento in cui si inscrivono le scelte sulla tutela del legame tra figlio e genitori “sociali”, dunque dimostrando come su questa materia gli Stati mantengano ancora la possibilità di scelte diverse da quella esclusivamente “biologista”.

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