Sono Vincenzo Miliucci, della Rete Kurdistan Italia, da 40 anni seguo e contribuisco alla liberazione del popolo curdo e alla affermazione della democrazia in Turchia e nell’intero Medio Oriente, facendo riferimento al pensiero politico e alla rivoluzionaria organizzazione della società proposta dal leader Ocalan con il “confederalisimo democratico”. Una società giusta ed equa che vige in Rojava da dieci anni, da quando nel 2012 i curdi, hanno rigettato la guerra civile in Siria, voluta dai vari attori mediorientali, tra cui la Turchia, la Francia, la Gran Bretagna, gli USA e l’Unione Europea, nel tentativo di abbattere il regime di Assad.
Da quel momento le popolazioni della Siria del nord, con le unità di autodifesa popolare YPG e YPJ, dettero vita alla coesistenza pacifica tra i popoli creando un sistema di democrazia partecipata articolata sulla parità di genere, l’armonia con la natura, la cooperazione sociale, l’autogestione e l’autodifesa popolare.
Dopo aver sconfitto l’Isis, contribuendo a liberare l’umanità dallo spettro del fascismo islamico, la popolazione e la resistenza hanno dovuto affrontare l’invasione delle armate turche e degli alleati jihadisti, che dal 2017, dopo aver invaso il cantone di Afrin e imposto la barbarie della pulizia etnica, hanno continuato nell’azione quotidiana di stillicidio militare che dal 2019 ha imposto di fatto l’ulteriore occupazione di territori della Siria del nord, e che ora pretendono di mettere sotto il loro controllo una fascia di 180 Km di lunghezza per 30 km di profondità lungo il confine con la Turchia.
Durante l’estate, nei vari incontri triangolari (Iran, Russia, Turchia), il regime iraniano si è sempre opposto all’invasione turca sostenendo “che avrebbe fatto dilagare il terrorismo in tutta l’area”; più disponibile la Russia di Putin (nomenclatura e oligarchi comprano azioni delle maggiori aziende turche per far sopravvivere al crollo il regime di Erdogan) che sta operando per un riavvicinamento turco con il regime di Assad, a scapito dei curdi e del Rojava.
Il fascista Erdogan, alla vigilia delle elezioni politiche del 2023, in cui rischia grosso a causa della bancarotta della Turchia, ritenta la mossa dell’invasione per riaffermarsi alle urne, sfruttando il ruolo di mediatore nella guerra russo-ucraina e le pesanti conseguenze internazionali di carattere alimentare ed energetico.
In Rojava, anche nel territorio di Kobane, sono quotidiani i bombardamenti, i morti, le devastazioni, e i preparativi dell’invasione. Senza il sostegno deciso e diffuso della comunità internazionale sarà difficile fermare le mire dell’espansionismo turco, che gode della complicità dei signori della guerra.
Siamo chiamati a esprimere con ogni mezzo la solidarietà al popolo curdo, per fermare l’avanzata turca e il dilagare della guerra.
L’intervista che segue al rappresentante del popolo curdo in Italia Yilmaz Orkan rende chiara l’urgenza di una adeguata comprensione di quanto sta accadendo.
A che punto sono i preparativi dell’invasione turca?
Proprio adesso la Turchia dopo l’invasione turca ad Afrin e a Serekaniye e Girèsipi, vuole occupare Mambij per arrivare ad Aleppo. Se non prende queste due città non può completare il controllo di quella zona che è attualmente occupata dalla Turchia e dai suoi mercenari. È la zona che va da Jerablus verso Idlib. Quando completerà l’occupazione di questo territorio potrà controllare anche Aleppo. Dopo sicuramente non si fermerà perché vuole anche il nord est della Siria, il territorio autonomo del Rojava, da Kobane fino a Hasekah.
Vuole occupare il nord-est della Siria per due motivi. Il primo è per i giacimenti di petrolio, per la ricchezza di quel territorio. Il secondo è che secondo la Turchia quel territorio dovrebbe essere all’interno dei confini turchi, mentre francesi e inglesi non lo hanno riconosciuto; è per questo motivo che Aleppo e il suo territorio sono rimasti alla Siria. Ma le mire della Turchia riguardano anche l’Iraq, in particolare la zona di Mossul, Erbil, Kirkuk e Sulaymaniyya. Nel 2023, con questo progetto e con la copertura della Nato, la Turchia proverà a occupare tutto questo territorio.
Quali sono le possibili risposte della resistenza curda?
Le intenzioni della Turchia sono ora evidenti. Dall’altra parte i Curdi, e l’alleanza del Rojava con i popoli del nord della Siria che vivono lì, e quindi non solo curdi ma anche arabi, si oppongono al progetto della Turchia. Questa alleanza non vuole una separazione dalla Siria, o ritagliare qualche pezzo di territorio per fare un nuovo Stato/nazione. Al contrario vogliono creare una nuova Siria democratica, lottando tutti insieme.
Ma un altro paese che è contro la politica della Turchia in Siria è l’Iran, che non da oggi conosce molto bene la politica della Turchia, fin dai conflitti tra l’impero Persiano e quello Ottomano. Oggi l’Iran non vuole un nuovo conflitto, perché se la Turchia entra in Siria e ne occupa una parte, vuol dire che c’è una separazione di una parte del popolo siriano e si interrompe la possibilità di una nuova Siria democratica. Senza l’opposizione dell’Iran la Russia avrebbe già dato alla Turchia l’autorizzazione a entrare in Siria. In questo momento, come sapete, la Russia vuole usare la Turchia nella Nato per rompere il fronte delle sanzioni occidentali dopo la guerra in Ucraina. Per questo la Russia vuole un rapporto con la Turchia non solo in Siria, ma anche in altre parti del mondo come in Libia.
Proprio a proposito della Nato e della Russia, Erdogan a Madrid, nell’ultimo incontro della Nato, ha dato il suo accordo per fare entrare Svezia e Finlandia, chiedendo in cambio che questi due paesi possano espellere dai loro paesi gli attivisti curdi. Erdogan ha ottenuto dalla Nato anche il consenso all’invasione?
La conseguenza politica è molto importante, sia per quello che è accaduto in plenaria, sia per il contenuto del memorandum che è stato approvato. Il memorandum è esplicitamente contro il popolo curdo. C’è un articolo che esplicitamente dice che non devono essere aiutati YPG e YPJ. Ma sia Svezia che Finlandia, così come molti altri paesi occidentali, fanno parte di una coalizione internazionale contro l’Isis, e YPG e YPJ sono quelli che hanno combattuto contro l’Isis, da Kobane a Raqqa, e hanno fatto crollare lo Stato islamico fascista. Come mai il segretario generale della Nato, di cui fanno parte statunitensi e francesi, può consentire che Svezia e Finlandia firmino questo memorandum? Ma non solo questo. La Turchia stessa è un membro della Nato che fa parte della coalizione internazionale che ha combattuto l’Isis.
Si tratta quindi politicamente di un memorandum bruttissimo, contro la popolazione, contro il popolo curdo, contro la resistenza, ma anche contro la lotta che insieme curdi e arabi stanno ancora facendo in Siria contro l’Isis, politicamente, ideologicamente e anche fisicamente.
Per la prima volta è stata fatta una richiesta alla Nato di appoggiare la Turchia nella distruzione dei curdi e della loro autonomia. Se consideriamo la storia della Nato dopo la seconda guerra mondiale, vediamo che era stata costituita per combattere i paesi comunisti dell’est europeo. Invece adesso abbiamo capito che in generale un membro della Nato può chiedere l’appoggio della Nato per una invasione in un’altra zona del mondo. E questo è molto pericoloso perché una organizzazione militare come la Nato non deve sostenere una ideologia politica come quella turca, islamista e sostenitrice dei movimenti dei Fratelli musulmani. I paesi occidentali devono discutere questa decisione e non devono dare questa opportunità alla Turchia. Con questo memorandum aprono la porta a un appoggio militare della Nato alla Turchia contro i curdi.
Molti osservatori internazionali e anche grandi scienziati politici hanno considerato tutto questo un tradimento. Un tradimento non solo nei confronti del popolo curdo, ma anche nei confronti della carta istitutiva dell’Europa che vede come fondamento i diritti umani e i diritti politici. Ma l’Europa è complice perché ha fatto gestire i profughi siriani a Erdogan in cambio di molti miliardi. Perché ha mantenuto il PKK nella lista nera. Perché è restata in silenzio riguardo alla liberazione di Ocalan?
L’accordo del 2016 dei paesi europei con la Turchia per bloccare l’emigrazione siriana, ha trasformato l’Europa in un ostaggio nelle mani della Turchia. Erdogan ha visto che quando vuole può fare pressione sull’Europa e fare accettare ciò che vuole ai paesi europei. Ha visto la debolezza dei paesi europei. Quando ha fatto le sue richieste a Svezia e Finlandia prima è stato detto che erano impossibili da accettare, ma subito dopo abbiamo visto che tutti i paesi europei sono diventati favorevoli.
Secondo alcuni analisti politici questa è l’ipocrisia dei paesi occidentali, che prima firmano e poi non fanno niente. Ma noi pensiamo che se tu firmi il memorandum ti sei impegnato a fare quello che c’è scritto.
L’Unione Europea deve in particolare decidere una cosa: fino a che punto è disposta a sostenere la Turchia? Oppure dobbiamo chiudere gli occhi su ciò che fa la Turchia.
Ma i paesi occidentali vogliono fare molto lavoro insieme alla Turchia. Sia indiretto rispetto alla Russia, perché i paesi occidentali hanno deciso sanzioni contro la Russia e si vogliono lasciare aperti indirettamente dei varchi verso la Russia usando la Turchia.
Possiamo dire apertamente che adesso tutti i lavori occidentali ‘sporchi’ sono fatti dalla Turchia. Ad esempio, l’ultima delegazione italiana guidata da Draghi che è andata in Turchia ha fatto moltissimi accordi sui cereali, sull’energia e molte altre cose. Tramite la Turchia l’energia e i cereali russi arrivano sui mercati europei. Non solo tramite aziende turche, ma anche tramite aziende occidentali che hanno aperto in Turchia per fare affari con la Russia. La Turchia infatti non ha aderito alle sanzioni contro la Russia. È molto importante in particolare tutta l’energia che la Turchia compra dalla Russia pagando in rubli, contribuendo così alla nascita di un diverso sistema finanziario, non più basato sul dollaro.
Infine occorre mettere in evidenza che la Turchia presenta una doppia faccia. Nella recente riunione a Teheran tra Turchia, Russia e Iran è stato prodotto un documento che richiede l’uscita militare degli USA dalla Siria che la Turchia ha firmato.
Dall’altra parte invece la Nato, nel memorandum di cui abbiamo parlato, ha dichiarato che il primo grande nemico è la Russia, e la Turchia ha firmato anche questo.
La Turchia non potrà restare in questa ambiguità molto a lungo, ma intanto utilizza pragmaticamente tutti paradossi del conflitto tra la Russia e i paesi occidentali.
Il nostro caro Ocalan è prigioniero, in regime di massimo isolamento, e recentemente i suoi avvocati hanno denunciato che sono ben tre anni che non riescono a vederlo, impediti dal regime turco che mantiene l’ostracismo nei confronti di Ocalan. A che punto è la battaglia che si sta conducendo ormai da anni per la sua liberazione?
Sono 23 anni che Ocalan è in carcere in isolamento, e i suoi avvocati dal 2011 che non possono visitarlo. Però negli ultimi 18 mesi anche la famiglia non ha potuto vederlo o sentirlo al telefono, o scambiare una lettera. L’isolamento a cui è costretto il presidente Ocalan è un sistema inaccettabile, come abbiamo denunciato per esempio per Guantanamo, e contrario all’umanità. Per questo oggi non solo i curdi, ma anche moltissimi organismi internazionali, devono rafforzare il loro impegno non solo per rompere questo isolamento, ma anche per la liberazione del presidente Ocalan.
Alla fine noi sappiamo che Erdogan andrà via, lo manderemo via, e con lui il regime fascista in Turchia. E accadrà come è accaduto in Sudafrica con il presidente Mandela, dove la società civile, i sindacati, si sono mobilitati per la sua liberazione e per portare la democrazia in Sudafrica. E dopo abbiamo visto che bianchi e neri vivono insieme, con la democrazia e il rispetto dei diritti, senza apartheid. Anche in Turchia deve essere così. Dopo la fine del regime fascista turco ci saranno democrazia e rispetto dei diritti umani per tutti: turchi, curdi, arabi e altri popoli.
Oggi “il tempo è arrivato” della libertà per Ocalan. Questa è la frase che oggi vogliamo dire.
All’inizio del prossimo anno, nel 2023, ci saranno le elezioni politiche in Turchia. Cosa si aspetta da queste elezioni il fronte democratico, il Partito Democratico dei Popoli (HDP), che combatte con tante difficoltà. Cosa si aspetta il popolo curdo? Tenendo conto che Erdogan ce la metterà tutta per vincerle. E farà pesare il suo ruolo di mediatore tra Russia e Occidente e probabilmente anche l’invasione della Siria. Cosa pensate che possa accadere?
Se consideriamo la situazione politica ed economica della Turchia vediamo un paese che è stato distrutto da Erdogan. Le ultime analisi e le ultime previsioni dicono che Erdogan non può vincere. Però noi sappiamo molto bene che sono anni che lui, la sua famiglia, i figli, i suoi amici hanno praticato una grande corruzione. Hanno venduto il paese per interessi personali e familiari. Perciò non pensiamo che lascerà il suo potere a causa di una elezione democratica. È probabile che ci sarà una grande guerra civile in Turchia. Per questo sia la comunità internazionale che l’UE, devono mandare delegazioni di osservatori e fare pressione su Erdogan. Se non lo faranno sicuramente non sarà una elezione democratica e questo porterà all’inizio della guerra civile in Turchia.
Per ciò che riguarda i curdi noi pensiamo che a novembre il tribunale costituzionale proverà a chiudere il partito HDP, perché diverse previsioni dicono che l’HDP potrebbe prendere il 10-12 % dei voti. Se l’HDP prende questi voti sia per la presidenza che per il parlamento Erdogan non può vincere. C’è una coalizione di sei partiti che vuole tornare a un sistema parlamentare e non più presidenziale, e anche loro pensano che Erdogan non accetterà una elezione democratica.
Per questo abbiamo molti dubbi e speriamo che nel 2023, con l’aiuto degli osservatori della comunità internazionale, possiamo mandare via Erdogan, il suo governo e la sua coalizione. Perché, purtroppo, della sua coalizione fanno parte anche organizzazioni come i Lupi Grigi.
Noi speravamo di andare alle elezioni quest’anno. Ma se Erdogan va alle elezioni nel 2023 non prende nemmeno il 30%. Lui ora sta cercando di avere soldi dalla Russia o da altre parti per poter concedere qualcosa alla popolazione. Ma per lui è molto difficile fermare il crollo economico della Turchia.
Auguriamo all’HDP e al popolo curdo tutto il meglio possibile da queste elezioni. Cosa vi aspettate dagli amici del popolo curdo, in Italia e in Europa, in questo momento molto difficile?
I nostri amici, compagni e compagne europei sono sensibili e consapevoli delle cose che abbiamo discusso. Sanno che questo è un periodo molto difficile, perché dopo il memorandum della Nato abbiamo visto anche in Italia che durante le manifestazioni la polizia ha iniziato ad attaccare i nostri simboli. Ma l’Italia è un paese democratico e tutti i popoli possono manifestare con i loro simboli. Purtroppo la Turchia nell’ultimo periodo ha convocato molti ambasciatori di paesi europei, come Italia, Francia, Germania, Grecia. In questo momento la Turchia non vuole che ci siano amici dei curdi in Europa che organizzano manifestazioni contro il fascismo in Turchia. Per questo chiamiamo tutti i compagni e le compagne europei a lottare con noi contro il fascismo, per rompere l‘isolamento del presidente Ocalan, per appoggiare l’autonomia nel nord della Siria, che è una pratica bellissima che i compagni italiani conoscono bene. Se ci muoviamo insieme possiamo fermare questi attacchi fascisti, e ostacolare i paesi che sono amici della Turchia.
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