La Scuola critica del digitale è un progetto del Centro per la Riforma dello Stato che ha come obiettivo lo sviluppo di una consapevolezza critica delle trasformazioni che le tecnologie digitali stanno producendo nei più diversi ambiti: nel lavoro, nella scuola, nelle relazioni sociali, nella politica, nella pubblica amministrazione, nella cultura.
Questo progetto formativo non si rivolge alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, una platea limitata e già potenzialmente dotata degli strumenti di conoscenza necessari.
Si rivolge invece a tutti coloro che nel loro lavoro e nella loro vita fanno un uso intenso della tecnologia digitale, e che, proprio per questo, avrebbero necessità di dotarsi di strumenti adeguati di consapevolezza critica.
Le attività formativa riguardano nuclei tematici di significativa attualità che già hanno sollecitato attenzione critica da parte degli osservatori più attenti e indipendenti e che, per la loro natura, si prestano non solo ad essere oggetto di una approfondita comprensione critica, ma che offrono anche la possibilità di costruire competenza operativa su pratiche di opposizione e/o di progettazione e utilizzo alternativi.
Le attività consistono in seminari tematici, ricerche e corsi strutturati su argomenti di particolare rilevanza.
4,5 maggio 2017
Profilazione, identità, controllo: seminario di autodifesa digitale
a cura del collettivo Ippolita docenti: Lavinia Hanay Raja e Karl
Le nostre identità digitali sono composte da sentimenti e informazioni sempre più strettamente intrecciati tra loro. Quando condividiamo via web ci sentiamo al contempo più gratificati e più informati. Stiamo lavorando? Siamo sfruttati? Di certo, siamo sempre presenti e al contempo proiettati in un altrove, siamo come anime elettriche in estasi permanente. Perché nella ribalta mediatica dei servizi gratuiti, dove ci esercitiamo nella disciplina della pornografia emotiva, si disegna una diversa unità tra mente e corpo. Ci troviamo in uno spazio continuo di sollecitazioni e senza accorgerci siamo alla mercé di un potere dopante e manipolatorio. Ma la partita è tutta da giocare. Con uno sguardo antiproibizionista facciamo un giro dietro le quinte della società del controllo, alla ricerca di vie di fuga e tattiche di autodifesa.
Vogliamo promuovere una presa in carico innanzitutto individuale, quindi collettiva, dei punti deboli che costituiscono i vissuti comportamentali ed emotivi quotidiani. Partire dalle idiosincrasie individuali per costruire conflitto nel senso di dissonanza e diserzione rispetto alla norma data (co-costruita con il sistema di controllo), e per trasformarle in altrettanti punti di forza. Costruire consapevolezza individuale delle proprie e altrui possibilità-difficoltà-automatismi in un contesto condiviso per ribaltare la prospettiva, ampliare gli spazi di autonomia, insegnarci a vivere interazioni mediate con umani e non-umani al di fuori dell’ottica consumista, prestazionale e gerarchica.
7 giugno 2017
Big Data: Grandi sfide e Grandi preoccupazioni
docente: Carlo Batini, Università Bicocca di Milano
Una guida critica per orientarsi nell’opaco intreccio di opportunità e minacce generate dalla sterminata quantità di informazioni digitali oggi disponibili.
La nostra vita e la vita delle organizzazioni e delle comunità è sempre più caratterizzata da una grande disponibilità di dati digitali, generati da nuove tecnologie e fonti come i telefoni cellulari, l’Internet delle cose, le reti sociali e in generale il Web. Come per altre tecnologie, i dati digitali non sono neutrali, perché hanno un impatto molto rilevante per la qualità della vita, la ricerca, i fenomeni sociali, i temi etici. Tra questi, il tema della privacy è quello più analizzato. Questo impatto genera grandi sfide e grandi preoccupazioni.
Le grandi sfide riguardano la possibilità di creare un gran numero di nuovi servizi basati sui dati digitali, la possibilità di analizzare i fenomeni in profondità e nel tempo, per creare nuovi e più efficaci modelli interpretativi e predittivi, in domini come la genomica, la diagnosi e cura delle malattie, i processi produttivi delle aziende, la qualità della vita delle persone.
Le preoccupazioni riguardano la tensione tra sfruttamento economico dei dati e loro valore come bene comune, le nuove forme di digital divide legate alla ineguale disponibilità di dati, il prevalere di modelli quantitativi rispetto a modelli qualitativi nella comprensione della realtà, e molti altri che saranno analizzati nel seminario. Scopriremo che questi temi sono ambivalenti, e che la spinta verso un utilizzo virtuoso ovvero distorsivo dei dati digitali richiede una presa di coscienza personale e collettiva e la esplorazione di una prateria ancora in gran parte sconosciuta.
5 ottobre 2017
Capitalismo delle piattaforme e delle emozioni
docente: Lelio Demichelis, Università dell’Insubria
Il capitalismo sta cambiando nuovamente e in modalità tecnica, divenendo appunto tecno-capitalismo. Dove a dominare non è solo la forma-merce (anche), quanto e soprattutto la forma-tecnica, cioè il modo con cui la tecnica – intesa come apparato di apparati, oggi la rete – modella su di sé, facendone una copia conforme e congrua, la società intera e l’intera vita degli individui. A nostra insaputa, o con il nostro entusiastico consenso, perché la tecnica ci affascina, ci seduce, ci fa innamorare di sé. Forme capitalistiche e tecniche che però producono specifiche norme di organizzazione e di funzionamento sociale, ben più vincolanti di una legge.
La tecnica (le macchine) e il capitalismo (i mercati e le merci) funzionano in modo integrato e biopolitico (oltre che auto-propulsivo) e fanno funzionare gli uomini e le società secondo due dispositivi ferrei, sempre validi dalla prima rivoluzione industriale a oggi: da una parte, suddividere/individualizzare il lavoro e la vita (con i relativi processi di alienazione e di de-socializzazione e personalizzazione del lavoro e del consumo); per poi ricomporre le parti suddivise in qualcosa che sia maggiore della loro semplice somma (mascherando l’alienazione e offrendo forme social di socializzazione, la sharing economy e il condividere come mantra). Solitamente si concentra l’attenzione sui processi e sui meccanismi di suddivisione, meno su quelli di totalizzazione/integrazione/ricomposizione, in realtà più importanti dei primi anche se decisamente meno evidenti. Per i quali servono appunto gli apparati tecnici, ieri la catena di montaggio, oggi la rete. Rete nata libera e anarchica ma che sempre più diventa forma del capitalismo, per di più oligopolistico (la Silicon valley), ma anche sempre più emozionale-esperienziale/narcisistico-prometeico.
Dove non è più la razionalità calcolante a dominare i processi e i dispositivi capitalisti e tecnici, ma il pathos calcolabile per attivare e accrescere opportunamente la prestazione di ciascuno all’interno della incessante dynamis del tecno-capitalismo.
7 novembre 2017
Lavoro e capitalismo delle piattaforme
docente: Antonio Casilli, Università Télécom ParisTech
L’attenzione crescente di chi studia, per modificarle, le nuove forme che assume il lavoro si rivolge sempre più spesso alle attività quotidiane di miliardi di utilizzatori di servizi online le quali, pur sfuggendo a un inquadramento salariale, sono produttrici di valore. Per un numero crescente di lavoratori, di semi-professionisti, di persone in cerca di impiego, di semplici utilizzatori, il lavoro passa dalle piattaforme digitali.
Al centro dell’attenzione è la capacità di queste grandi infrastrutture tecnologiche di comandare non solo il lavoro esplicito e frammentato di quote crescenti di lavoratori sempre più precarizzati, dalla logistica alla produzione intellettuale, ma anche il ‘lavoro implicito’ più o meno volontario e gratuito degli utilizzatori, spesso strumentalizzando a fini commerciali concetti come ‘condivisione’, ‘partecipazione’, ‘collaborazione’.
Dalla fornitura di servizi (come su Foodora) alla creazione di contenuti (come su Youtube), dalla produzione di dati (come su Google) al perfezionamento di sistemi di intelligenza artificiale (come su Amazon Mechanical Turk), queste nuove forme di “lavoro digitale” sono spesso invisibili e presentate come attività accessorie rispetto al lavoro tradizionale. Eppure esse incanalano, contrattualizzano e misurano la performance degli utilizzatori umani e li articolano con operatori non umani (bots, intelligenze artificiali, etc.).
Ma generano anche nuovi conflitti sociali legati, ad esempio, al riconoscimento delle condizioni di produzione e della proprietà sui prodotti distribuiti per mezzo di Internet.
Di fronte allo strapotere di nuove e vecchie piattaforme, un numero crescente di rivendicazioni collettive si organizza e si manifesta.
Rinnovo del sindacalismo, nuove iniziative della società civile, altri movimenti: si sta avviando una nuova stagione di lotte sociali legate ai diritti fondamentali, alla redistribuzione del reddito e ai rapporti di potere connessi alle tecnologie digitali.
2 dicembre 2017
Leggere Tecnopolitica di Stefano Rodotà a 20 anni dalla pubblicazione
Giuseppe Allegri, Vittorio Alvino, Maria Luisa Boccia, Fiorella De Cindio, Juan Carlos De Martin, Lelio Demichelis, Giulio De Petra, Arturo Di Corinto, Ida Dominijanni, Anna Carola Freschi, Francesco Marchianò, Michele Mezza, Giovanna Sissa, Vincenzo Vita
Era il 1997 quando fu stampata la prima edizione di “Tecnopolitica” di Stefano Rodotà. Stupefacente è l’attualità e la lungimiranza di un testo dal quale molti degli studiosi che oggi si occupano degli effetti politici della trasformazione digitale hanno tratto i loro strumenti di interpretazione. La proposta di rileggere questo libro non ha solo l’obiettivo di riprendere i temi analizzati nei suoi capitoli e di verificarli alla luce della attualità, ma anche quello di riflettere sulle conseguenze dell’enorme accelerazione della trasformazione digitale di questi ultimi venti anni e in particolare sui suoi effetti sulla forma e sui contenuti dell’azione politica. Gli anni in cui il libro è stato pubblicato sono gli anni in cui la diffusione della rete inizia ad estendersi, ma in cui nessuno degli attori oggi egemoni aveva ancora iniziato la sua attività. Era allora viva (anche se ancora non diffusa) l’idea che i nuovi strumenti digitali potessero abilitare un cambiamento positivo nella società e nella politica. Oggi gli studiosi più attenti iniziano a denunciare il ribaltamento di quella speranza e il consolidarsi di un utilizzo del digitale che rafforza gli aspetti più negativi dell’organizzazione della politica e della società, e nasconde i suoi meccanismi di funzionamento mediante una diffusa retorica positiva dell’innovazione. Ma debole, nonostante questa denuncia, sembra essere oggi la capacità di analisi critica, come se gli anni che ci separano dalla pubblicazione di Tecnopolitica e la potenza economica e seduttiva del digitale, avessero offuscato la lucidità interpretativa che possiamo invece ritrovare nelle pagine di Rodota’. Rileggerle oggi potrà aiutarci a ritrovare il rigore e l’efficacia di una capacità critica non condizionata dalla superficiale contingenza del quotidiano.
23 febbraio 2018
La Progettazione Partecipata delle Tecnologie Digitali
in collaborazione con la Fiom di Roma e del Lazio
docenti: Vincenzo D’Andrea, Università di Trento e Francesco Garibaldo, Fondazione Sabattini
Accanto e insieme ad una critica rigorosa e informata dei principali attuali utilizzi del digitale, che è stata sviluppata nei precedenti incontri della Scuola critica del digitale promossa dal CRS, è emerso l’interesse ad analizzare la possibilità di utilizzare le tecnologie digitali per applicazioni/piattaforme socialmente utili e possibilmente prive degli elementi negativi che caratterizzano le grandi piattaforme sociali oggi egemoni.
Questa possibilità di realizzazioni “alternative” si basa generalmente su una diversa caratterizzazione degli utenti, delle finalità, delle regole d’uso, e delle tecnologie in gioco (come per esempio l’uso di software libero ed a codice aperto). Tuttavia questo non è sufficiente senza entrare nel merito delle modalità di progettazione e realizzazione, cercando di garantire la coerenza tra le caratteristiche degli strumenti realizzati e gli obiettivi del loro utilizzo.
E’ qui che entra in gioco la “progettazione partecipata”, un corpus di metodi, strumenti e pratiche che viene da lontano, che si è nel tempo aggiornata seguendo l’evoluzione della tecnologia digitale e dei suoi utilizzi, e che ha incontrato recentemente un rinnovato interesse non solo tra chi si occupa della progettazione di tecnologie di interesse sociale, ma anche, significativamente, tra chi, nel sindacato, cerca forme di contrasto e di contrattazione adeguate alle caratteristiche della produzione nel capitalismo digitale.
Più forte e socialmente diffusa è la critica verso il digitale “attuale”, più necessaria e urgente è la riflessione se e, soprattutto, come sia possibile un digitale a sostegno di una diversa organizzazione della società, dell’economia e della politica. Nel seminario discuteremo possibilità e limiti della partecipazione in questo contesto, dando anche qualche indicazione di come attuare un processo partecipato in ambito tecnologico.
Gennaio – maggio 2018
Persuasori Social: trasparenza e democrazia nelle campagne elettorali digitali
coordinatori: Fabio Chiusi e Antonio Santangelo, centro Nexa, Politecnico di Torino
Internet e i social media stanno rapidamente mutando il volto delle campagne elettorali. La diffusione di messaggi politici a pagamento personalizzati, e dunque diversi, per ciascun utente, senza che tutti gli altri ne siano a conoscenza (“dark ads”). Profili automatizzati (“bot”) che diffondono contenuti politici, alterando l’agenda mediatica e ingannando gli elettori circa il reale consenso creatosi intorno a un’idea o proposta politica. Disinformazione costruita ad arte per sfruttare la disintermediazione consentita dalle reti sociali (“fake news”). Interferenza occulta di soggetti stranieri nel processo democratico, tramite hacking o manipolazione dell’informazione. Fenomeni oggetto di studio dalla comunità accademica in tutto il mondo, che la politica e le istituzioni — in assenza di regole stabilite, come per gli altri mezzi di comunicazione — non sanno come affrontare. Non solo. Anche strumenti tipici del periodo elettorale nel contesto italiano — la “par condicio”, il divieto di sondaggi nelle ultime due settimane precedenti il voto e il silenzio elettorale nelle ultime 48 ore della competizione — cambiano profondamente nel contesto dei social media, sollevando domande circa la loro applicabilità e utilità in quei nuovi spazi digitali di formazione del consenso.
Il laboratorio partecipato del progetto Punto Zero — a cui hanno preso parte istituzioni, piattaforme digitali, partiti politici, agenzie di comunicazione, sindacati, associazioni di categoria ed esperti — ha affrontato le molteplici domande sollevate dall’uso politico-elettorale di tutti questi strumenti.
Chiedendosi, per esempio, se e come regolamentare l’uso di pubblicità politica sui social media, con quali criteri minimi di trasparenza e con che responsabilità in capo a quali soggetti. Se fenomeni mediaticamente molto discussi, ma scientificamente altrettanto discutibili, come le “fake news” e l’ingerenza straniera nel processo democratico necessitino o meno di un intervento specifico del legislatore. Se gli utenti abbiano il diritto o meno di sapere se un profilo con cui interagiscono su una piattaforma digitale sia appartenente a un umano o sia, invece, una macchina. Se la “par condicio”, il divieto di sondaggi e il silenzio elettorale, così come li conosciamo, abbiano ancora senso.
Il progetto Punto Zero ha operato secondo un metodo innovativo, che ha coniugato rigore scientifico e partecipazione dei portatori di interesse. All’inizio di gennaio ogni partecipante ha ricevuto un rapporto esaustivo, stilato dal team del progetto, sullo stato dell’arte in materia di campagne digitali, così da favorire un dibattito che parta da una base di conoscenze comuni. Nei mesi di febbraio, marzo e aprile sono state discusse, individualmente e in appositi incontri plenari, le istanze e i punti di vista di ognuno, aiutando un confronto consapevole e, se possibile, produttivo di soluzioni. Nel mese di maggio sono state infine prodotte, come risultato, una serie di raccomandazioni concertate e realistiche, destinate principalmente ai decisori politici ed istituzionali, ma anche alla comunità dei ricercatori e degli studiosi che lavorano su questi temi.
23 novembre 2018
Il partito piattaforma. La trasformazione dell’organizzazione politica nell’era digitale
docenti Paolo Gerbaudo, Tommaso Federici e Fiorella De Cindio
Negli ultimi anni il sorgere di una serie di nuove organizzazioni politiche, partiti anomali talvolta descritti come “partiti movimento” che utilizzano a piene mani i nuovi dispositivi e pratiche digitali, ha riaperto il dibattito sulla natura e sul futuro dei partiti politici.
Abbiamo assistito alla nascita di nuovi movimenti, soggetti e partiti politici che integrano nel loro modus operandi le tecnologie digitali, adottandone le nuove forme di interazione e cooperazione che sono divenute prassi comuni dell’era di Internet e il simbolo dell’era dei social, degli smartphones, delle app, di Google, Facebook e Twitter e della generazione millennial.
Abbiamo di fronte una nuova forma partito per l’era digitale.
7 marzo 2019
Lavoro e alienazione nei tempi (retro) moderni
Docenti: Francesca Re David, Lelio Demichelis
La tecnologia e il neoliberalismo scompongono e individualizzano il lavoro, e l’individuo diviene sempre più narcisista, solipsista, isolato ma anche sempre più connesso e integrato nella rete; eteronomo anche se apparentemente autonomo.
Eliminare il sindacato era il sogno di Ford, di Taylor, di Taiichi Ohno, ed emarginare un sindacato (la FIOM) era stato l’obiettivo anche di Marchionne.
Questo sogno sembra realizzarsi oggi grazie alle tecnologie digitali.
La frantumazione crescente del lavoro – passando dalla catena di montaggio alla sharing/gig economy, a Uber e alla uberizzazione del lavoro, al lavoro autonomo e ai free-lance, all’auto-imprenditorialità – resa possibile proprio dalle tecnologie digitali e dal determinismo che le accompagna, rende l’esistenza di un sindacato terribilmente più difficile.
Gli apparati tecnici sembrano espropriare non solo i lavoratori del loro lavoro (anche in quella che viene chiamata economia della conoscenza), quanto ciascuno della capacità e della possibilità di decidere liberamente e consapevolmente della propria vita, del proprio tempo, della conoscenza, tutto oggi venendo delegato ad algoritmi/macchine che imparano da sole. E questa delega alla tecnica non è forse la massima – e la peggiore – forma di alienazione?
La tecnica era un mezzo, usato dall’uomo per fare delle cose; oggi è divenuta – il suo accrescimento incessante e la connessione di tutti – il fine della vita, la forma di vita di miliardi di persone.
Ma se questa è la nuova condizione umana nell’epoca del neo liberalismo iper-tecnologico, cosa è cambiato e cosa cambierà ancora nel rapporto del sindacato con i lavoratori e del sindacato con le imprese?
E come può il sindacato rappresentare e organizzare questo tipo di lavoratori senza fabbrica fisica, senza un luogo fisico di lavoro?
Forse attraverso quella stessa rete/social che individualizza e separa e de-socializza?
Come tornare a governare consapevolmente e magari democraticamente i processi tecnici che tendono a sfuggirci di mano, procedendo quasi a nostra insaputa?
Come è possibile pensare criticamente alla tecnica? Come è possibile ri-conoscere l’alienazione e contrastarla?
8 aprile 2019
En attendant les Robots. Enquête sur le travail clic
Docenti Antonio Casilli e Roberto Ciccarelli
Lo sviluppo delle intelligenze artificiali sembra rendere attuale una profezia ricorrente: la sostituzione degli esseri umani con le macchine farà scomparire il lavoro.
Alcuni si allarmano, altri vedono nella trasformazione digitale una opportunità di emancipazione basata sulla partecipazione e la condivisione.
Dietro le quinte di questo teatro di marionette (senza fili) quello che si mostra è uno spettacolo molto diverso.
Quello degli utenti che alimentano gratuitamente le piattaforme “sociali” con i loro dati personali e con contenuti creativi per il profitto dei giganti del web.
Quello dei fornitori delle start-up della economia collaborativa, il cui connettersi quotidiano serve meno a guidare automobili o ad assistere delle persone, che a produrre flussi di informazioni sul loro smartphone.
Quello dei microlavoratori, inchiodati davanti ai loro schermi, che, a domicilio o nelle “fabbriche di clic”, promuovono la viralità dei marchi, filtrano le immagini pornografiche e violente o interpretano dei frammenti di testo per far funzionare i software di traduzione automatica.
Contro l’illusione dell’automazione intelligente, Antonio Casilli nel suo libro fa apparire la realtà del “digital labor” : una miriade di cottimisti del clic sottomessi al potere algoritmico delle piattaforme, che stanno riconfigurando e precarizzando il lavoro umano.
14 maggio 2019
Tecnologie di controllo e profilazione e diritti dei lavoratori
Docenti: Giovanni Battista Gallus, Francesco Paolo Micozzi, delegate e delegati Fiom
L’entrata in efficacia del Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali (GDPR – Regolamento UE 2016/679), il 25 maggio 2018, ha riportato al centro del dibattito la necessità di una protezione elevata non solo dei dati personali, ma anche dei diritti e le libertà fondamentali.
In Italia, la riforma introdotta dal Jobs act all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori ha generato la (in realtà inesatta) convinzione che i poteri datoriali in tema di controllo degli strumenti informatici usati dal lavoratore siano ammissibili senza limiti (o quasi).
Non solo: sembra oramai scomparsa nell’oblio un’altra norma (pur non toccata dal Jobs Act), e precisamente l’art. 8 dello Statuto, che vieta tutt’ora di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
E’ infatti invalso l’uso massivo delle indagini effettuate sui social, per scandagliare non soltanto gli aspetti rilevanti ai fini della prestazione lavorativa, ma anche aspetti esterni ed estranei (attività facilitata dalla leggerezza con la quale tanti condividono aspetti anche intimi della propria personalità).
Alle informazioni da fonte pubblica si aggiunge la “gamification” del processo di selezione, presentata come eccitante novità, che è anch’essa idonea a definire un profilo del lavoratore che certo esorbita da quanto previsto dall’art. 8 appena citato.
Queste procedure di selezione sono anche caratterizzate dalla spinta automatizzazione delle decisioni, sempre più legate a opachi algoritmi anziché a processi trasparenti e verificabili.
Il seminario si propone di analizzare, in chiave critica, sia la diffusione dei sistemi di controllo a distanza dei lavoratori, sia l’utilizzo di tecniche di profilazione (e automazione dei processi decisionali) sempre più spinte al fine della selezione (e valutazione) del personale.
28 maggio 2019
Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale.
Docente: Stefano Quintarelli
La rivoluzione digitale pone una questione politica.
Possiamo pensare a un futuro in cui, per ogni attività economica realizzata da produttori, chi controlla l’informazione sia rappresentato da pochi intermediari monopolisti/oligopolisti?
In pochi anni le cinque principali aziende del mondo sono operatori che poggiano la loro dominanza sull’intermediazione di qualche mercato verticale.
Stiamo osservando una monopolizzazione della rilevanza della dimensione immateriale su quella materiale, nelle modalità di creazione e distribuzione della ricchezza, con un nascente conflitto tra intermediatori e intermediati, con compressione di diritti e garanzie per vaste parti della società e con rilevante influenza politica.
Il predominio degli intermediatori si fonda su un controllo centralizzato dell’informazione, sia in termini di dati che di processi con cui tali dati vengono raccolti, elaborati, comunicati e utilizzati.
Ma è il modello opposto a quello con cui Internet è nata e si è sviluppata.
Per quanto ancora sarà possibile mancare di rilevare questo nuovo conflitto tra intermediatori e intermediati? Potremo consentire ancora per molto tempo che essa si espanda, verticale dopo verticale, ad altri settori economici, sperando che una nuova mano invisibile risolva i problemi?
Nella attuale forma che ha assunto il capitalismo immateriale, la riduzione di gettito fiscale, il condizionamento dell’opinione politica, le pressioni su lavoratori e operatori tradizionali, il senso di irrilevanza e disagio percepito da larga parte della popolazione e l’esacerbazione del discorso pubblico sono solo epifenomeni derivanti da una causa comune: la prevalenza sui produttori dell’informazione monopolistica/monopsonistica, figlia di un complesso di regole inadeguate ad orientare lo sviluppo della dimensione immateriale verso obiettivi socialmente desiderabili.
Deriva da questa analisi l’attualità di un inedito appello: intermediati di tutto il mondo, unitevi!
2 dicembre 2019
Dati della città: politiche e sperimentazioni per un diverso governo dei dati digitali delle città
In collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità.
Relatori: Fabrizio Barca, Francesca Bria, Ettore Di Cesare, Evgenij Morozov, Giorgio Resta
Le città sono il luogo in cui più forte si manifesta la necessità di governare la direzione della trasformazione digitale. I dati della città sono la risorsa principale di questa trasformazione, la materia prima di ogni servizio erogato, il carburante che alimenta tutte le imprese digitali: dai grandi monopolisti delle piattaforme, alle piccole esperienze imprenditoriali nate dalla costola di un istituto universitario o in un centro sociale di coworking.
Sono i dati che chi abita, lavora e vive nella città ha consegnato più o meno consapevolmente ai dispositivi digitali utilizzati. Sono i dati raccolti e gestiti dalle pubbliche amministrazioni. Sono i dati estratti dei sensori attivati nei progetti di Smart City. Sono i dati accumulati dalle aziende pubbliche e private che offrono servizi alla città. Sono i dati ripresi dalle mille telecamere di sorveglianza.
A chi appartengono questi dati e chi definisce le finalità e le modalità del loro utilizzo?
La possibilità stessa di rispondere a queste domande è, per un governo locale, la condizione necessaria per proporsi di orientare la trasformazione digitale della città e, attraverso essa, la qualità di tutte le politiche locali, dal welfare alla mobilità, dalla cultura alla sicurezza, dall’ambiente all’esercizio della partecipazione democratica.
Un indirizzo in questa direzione è venuto dalla “Sharing Cities Declaration” di Barcellona del 15 novembre 2018, sottoscritta da più di 30 città di tutto il mondo, costituita da un insieme di principi ed impegni per riacquistare la sovranità delle città nel contesto della economia delle piattaforme digitali. Tra questi particolare importanza assume quello dedicato alla Sovranità dei dati e ai diritti digitali dei cittadini.
28 aprile 2020
Che cosa c’è dentro l’App per il contact tracing? Caratteristiche e rischi dei sistemi digitali di tracciamento dei contatti.
In collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità
Docenti: Giovanni Battista Gallus, Enrico Nardelli, Fabio Pietrosanti
Grandi sono le aspettative anche in Italia per un utilizzo efficace delle tecnologie digitali per contrastare la pandemia. Alcuni dei paesi che per primi hanno affrontato il virus, Cina, Corea del Sud, Singapore, hanno fatto un uso tempestivo di dispositivi digitali in quei contesti largamente diffusi e utilizzati già prima della pandemia.
L’evoluzione positiva della situazione in quei paesi, dovuta all’insieme delle misure sanitarie dispiegate, ha contribuito a sopravvalutare in Europa le conseguenze positive attese dalla disponibilità di sistemi di tracciamento digitale.
E’ in questo contesto che anche in Italia si sta realizzando una applicazione digitale per il tracciamento del contagio, le cui funzioni e caratteristiche devono essere adeguatamente conosciute e attentamente valutate.
L’obiettivo del seminario è quello di fornire a non esperti di tecnologia direttamente coinvolti nelle attività di contrasto delle conseguenze della pandemia, elementi di comprensione critica dei dispositivi digitali che si stanno progettando e delle loro possibili procedure di utilizzo.
Non si tratta solo di garantire, anche in un contesto di emergenza sanitaria, diritti fondamentali legati alla protezione dei dati sensibili dei singoli, ma soprattutto di analizzare le condizioni organizzative che possono rendere utili questi dispositivi, e le conseguenze sociali che possono derivare dalle modalità del loro utilizzo, che possono generare ulteriori e inedite forme di disuguaglianza. Mai come in questo caso ogni realizzazione tecnologica è anche progettazione dell’organizzazione sociale che da essa viene abilitata.
28 maggio 2020
L’impronta ambientale delle tecnologie digitali.
Nell’ambito del progetto CRS “Cercare ancora. Società e scienza al tempo della crisi ecologica”
Docente: Giovnna Sissa
Siamo sicuri che gli strumenti digitali e il modo in cui sono utilizzati migliorino la nostra relazione con l’ambiente? Dai rifiuti elettronici ai consumi energetici, dall’intelligenza artificiale allo streaming, quanto impatta sull’ambiente l’essere digitali?
I dispositivi ICT che circondano la nostra vita, in modo visibile o invisibile, ad uno sguardo superficiale possono apparire come privi di effetti sull’ambiente. Quando si accende un
computer o uno smartphone non si vede fumo, né polvere, non c’è cattivo odore. Non si osserva, si annusa, si tocca o si percepiscono inquinamento o calore. Nessuna sensazione soggettiva è però più sbagliata.
I computer, siano desktop, laptop o server, gli smartphone e i tablet come i router o tutti i dispositivi del settore telecomunicazioni, i sensori e attuatori connessi ad Internet dell’universo IoT, come tutti i dispositivi ICT, grandi o piccoli, individuali o collettivi, usati in cloud o in locale, hanno effetti sull’ambiente. Contribuiscono infatti all’inquinamento e al depauperamento delle risorse limitate (quali ad esempio alcuni minerali).
Ma computer e smartphone, e soprattutto i data center e tutti gli apparati relativi al funzionamento di Internet contribuiscono anche alle emissioni di gas serra. Se le infrastrutture digitali fossero uno Stato, sarebbero uno fra i più grandi consumatori di energia al mondo.
Lo studio “Valutazione dell’impronta globale delle emissioni ICT: tendenze verso il 2040 e raccomandazioni”, pubblicato sulla rivista Journal of Cleaner Production, ha analizzato l’impatto dell’intero settore delle ICT sulle emissioni globali di gas serra. Se nel 2007, le ICT contavano per l’1% delle emissioni inquinanti, dopo dieci anni il dato è triplicato e le proiezioni indicano che entro il 2040 arriveranno a pesare per il 14%.
A queste emissioni contribuiscono anche attività ICT ad altissima valenza tecnologico-innovativa come lo streaming, le criptovalute e gli algoritmi di deep learning.
In assenza di una significativa innovazione nei materiali, nella produzione e nella progettazione di chip, i carichi di lavoro di intelligenza artificiale dei data center potrebbero rappresentare un decimo dell’utilizzo mondiale di elettricità entro il 2025.
29 giugno 2020
Presentazione di “Red mirror: il nostro futuro si scrive in Cina” di Simone Pieranni
Discussant: Alessandro Aresu, Fabrizio Barca, Francesca Congiu, Giuseppe Rao, Giorgio Resta.
Le tecnologie digitali, la loro produzione e il loro utilizzo, stanno modificando profondamente e rapidamente l’economia e la società cinese. Molto più profondamente e rapidamente di quanto avviene in Occidente. Se non si conosce WeChat, la cinese ”app delle app”, non si comprende l’evoluzione delle nuove abitudini di relazione, di consumo, di vita che scandiscono la giornata dei cinesi. Se non si è consapevoli dell’enorme quantità di risorse economiche investite dallo stato cinese nelle attività di istruzione, ricerca e innovazione, non si comprende perché la Cina non solo abbia già un vantaggio competitivo sulle tecnologie della comunicazione (il 5G), ma lo stia acquisendo nel settore dei computer quantici, cioè nella potenza di calcolo, la risorsa strategica per il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Lo sviluppo dell’innovazione digitale in Cina non è però soltanto una questione di competizione tra superpotenze, è anche l’anticipazione delle caratteristiche dello sviluppo digitale nello stesso Occidente, che è già un forte utilizzatore di tecnologie e servizi prodotti in Cina. Uno dei più grandi produttori dei sistemi di video sorveglianza utilizzati negli Stati Uniti è la Hikvision, posseduta al 49% dal governo cinese, così come molti dei servizi di etichettatura che addestrano le intelligenze artificiali occidentali sono realizzati dai nuovi operai del tag che lavorano in Cina.
La differenza tra il modello cinese e quello americano/occidentale è che nel nostro mondo i dati sono gestiti da aziende che li utilizzano per fini privati, mentre in Cina è lo Stato a disporre di queste informazioni.
Ma i meccanismi di funzionamento dei due modelli sono gli stessi, così come, ad esempio, ci sono forti analogie tra i sistemi reputazionali che operano in occidente sulle piattaforme digitali, e i sistemi di credito sociale si stanno sperimentando in Cina.
25 novembre 2020
L’etica dei robot killer. Sviluppi, caratteristiche e conseguenze della guerra artificiale.
Relatori: Guido Noto La Diega, Teresa Numerico, Letizia Oddo, Stefano Quintarelli, Guglielmo Tamburrini
Negli ultimi anni si assiste a crescenti pressioni per dare il via libera a sistemi di combattimento interamente automatizzati, noti come armi letali autonomi o ‘robot killer’. Esperti di intelligenza artificiale e robotica e organizzazioni non governative di tutto il mondo – Human Rights Watch e Stop Killer Robots in testa – si stanno opponendo strenuamente alla loro introduzione ma le Nazioni Unite sino ad ora non hanno adottato una posizione chiara al riguardo. La pandemia da coronavirus rischia di accrescere le tensioni gia’ esistenti fra le potenze mondiali esistenti ed emergenti; e’ chiaro al contempo che, una volta scoppiata una guerra in cui si impieghino robot killer, la spirale delle ritorsioni diventerebbe incontrollabile. Conseguentemente, raggiungere un consenso sull’illegalità e immoralità delle armi letali autonome non e’ mai stato cosi’ importante. Eppure, in tanti continuano a sostenere che sia possibile sviluppare robot killer che siano in grado di rispettare i diritti umani e i principi dell’etica. La retorica dell’intelligenza artificiale ‘etica’, da questo punto di vista, rischia di essere un pericoloso strumento ideologico che può essere sfruttato affinché applicazioni immorali dell’intelligenza artificiale – di cui i robot killer sono paradigma – possano essere implementate in uno spazio giuridico vuoto e in un contesto di inconsapevole accettazione sociale.
14 gennaio 2021
Non solo Rider: le antiche/nuove forme di sfruttamento di chi lavora per e con le piattaforme digitali
Partecipano: Antonio Casilli, Cinzia Maiolini, Tania Scacchetti, Giulio De Petra
Incontro organizzato in collaborazione con il Dipartimento contrattazione e mercato del lavoro e dall’ Ufficio lavoro 4 0 della CGIL nazionale
Si vanno sempre più estendendo anche in Italia forme di lavoro regolate da piattaforme digitali. Iniziano di conseguenza a comparire, anche sotto la spinta di iniziative di lotta sostenute dal sindacato e da organizzazioni di base, dispositivi contrattuali che hanno come obiettivo quello di garantire diritti e tutele per chi lavora con e per le piattaforme digitali.
Al centro dei conflitti la definizione dello statuto del nuovo “lavoro digitale”: lavoro indipendente, come lo considerano i padroni delle piattaforme, o lavoro subordinato, come lo subiscono i lavoratori, che a questo statuto vorrebbero agganciare diritti e tutele.
E’ un conflitto durissimo, che ha visto in Italia l’antica ricomparsa di sindacati “gialli”, e, nel centro del capitalismo delle piattaforme, la California, l’utilizzo da parte dei padroni delle piattaforme di enormi quantità di denaro utilizzate nella campagna elettorale che ha consentito loro di vincere il referendum proprio sulla natura del lavoro “piattaformizzato”.
Il lavoro oggetto di queste lotte è quello di chi consegna beni per conto altrui, i cosiddetti rider, ma è evidente che le caratteristiche del lavoro considerate possono essere estese a tutti gli altri tipi di lavoro organizzato e gestito mediante algoritmi digitali.
Conoscere e analizzare le tante e diverse forme del lavoro digitale è quindi necessario e urgente. Per farlo utilizzeremo il libro “Schiavi del clic” di Antonio Casilli, e l’autore ci aiuterà a scoprire, descrivere e classificare la multiforme varietà del lavoro per e con le piattaforme digitali.
Non solo il lavoro “a domanda”, di cui il lavoro di consegna per conto terzi è una varietà, ma anche i tanti “microlavori”, da quelli più semplici, dove basta “cliccare” a ripetizione, a quelli più complessi (traduzioni, classificazioni, interpretazioni) nuova forma parcellizzata del lavoro intellettuale, fino al sempre crescente lavoro di addestramento e manutenzione dei sistemi di intelligenza artificiale.
Accanto alle nuove forme del lavoro digitale nascono anche nuove forme di organizzazione e di conflitto, che il libro di Casilli ci aiuterà a conoscere ed analizzare.
Tanto più importanti queste esperienze, quanto più diffusa e pervasiva diventa la nuova forma del lavoro digitale.
L’attuale diffusione del lavoro da remoto infatti non finirà con la pandemia. Troppo attraenti sono per le imprese i vantaggi di un lavoro sempre più individualizzato e sempre più simile, nei dispositivi di organizzazione e controllo, al lavoro gestito dalle piattaforme. Sarà quindi proprio dalla conoscenza di come si possono difendere i lavoratori fintamente autonomi delle piattaforme che sarà possibile trovare forme di lotta adeguate alla nuova forma “Smart” del lavoro dipendente.
23 febbraio 2021 – 15 giugno 2021
Scuola pop sui dati digitali
Coordinamento: Carlo Batini e Giulio De Petra
Docenti: Carlo Batini, Federico Cabitza, Paolo Cherubini, Patrizia Luongo, Teresa Numerico, Giorgio Resta, Gaetano Santucci.
Così come nel passato l’alfabetizzazione linguistica dei testi letti e scritti è stata un obiettivo sociale considerato prioritario per la crescita delle persone e della società, l’alfabetizzazione in tema di dati digitali è diventata ai giorni nostri un tema fondante, per dotare tutti coloro che possiedono le conoscenze di base erogate dalla scuola dell’obbligo di strumenti critici per la interpretazione della realtà rappresentata per mezzo di dati digitali.
Questo è l’obiettivo della Scuola Pop sui Dati Digitali, organizzata e promossa dalla Scuola Critica del Digitale del Centro per la Riforma dello Stato e dal Forum Disuguaglianze e Diversità
Le singole lezioni saranno svolte con un approccio maieutico, i contenuti verranno proposti attraverso un continuo dialogo tra docente e partecipante, in modo da consentire al docente di svolgere un ruolo di levatrice di concetti che il partecipante genera autonomamente, assistito da una continua proposizione di esempi secondo uno stile di problem posing and solving.
I soggetti cui il corso si rivolge sono tutti coloro che producono ed utilizzano dati digitali nella scuola, nel lavoro, nella politica, con particolare attenzione agli operatori delle associazioni di cittadinanza, e che avvertono la necessità e l’urgenza di dotarsi di strumenti critici per comprendere la realtà attraverso i dati digitali, e per poter operare in essa con autonomia e consapevolezza.
Il corso si è articolato in un insieme di 12 appuntamenti che si sono svolti con cadenza quindicinale tra il 23 febbraio e il 15 giugno 2021.
Queste le lezioni che si sono svolte.
1) 23 febbraio 2021
Cosa sono i dati digitali (e non) e a cosa servono: le elezioni americane e la grande pandemia da Covid
docente : Carlo Batini
I dati digitali ci aiutano, ci ingannano, sono a volte nitidi a volte opachi, certe volte ci emozionano. I dati ci possono dare molto ma anche farci tanto male, e vanno quindi osservati e usati con rispetto e con cura. In questo incontro introduttivo si parla dei dati, del loro significato, la loro grande varietà e l’enorme importanza che stanno assumendo nella nostra vita e nelle società.
2) 9 marzo 2021
I dati sono la nostra finestra sul mondo, i modelli dei dati sono i nostri occhiali sul mondo
docente: Carlo Batini
I cinque sensi ci permettono di osservare e di interagire con il mondo; i dati digitali stanno sostituendo i cinque sensi come finestra sul mondo. Il loro carattere digitale permette di elaborarli con programmi automatici, ma, come conseguenza, impone spesso di dar loro prima una struttura o modello, che in qualche modo deforma il mondo che osserviamo dentro di noi.
3) 6 marzo 2021
L’utilizzo dei grafi semantici: il caso dell’Amica geniale
docente: Gaetano Santucci
L’Amica geniale di Elena Ferrante è sicuramente il “caso letterario” italiano degli ultimi anni. La storia dell’amicizia tra le due ragazze napoletane Elena e Lila è stata tradotta in oltre 40 lingue, anche in arabo e in cinese, letta da milioni di persone in oltre 50 paesi del mondo. La numerosità dei personaggi e la complessità dei rapporti tra di essi ne fa un “caso” anche per un utilizzo dei grafi semantici.
4) 23 marzo 2021
Quando i dati diventano una finestra sporca e opaca sul mondo, come facciamo a curarli?
L’immunologo Mantovani dice che i dati vanno rispettati, altri parlano di dati che vanno curati; entrambi i termini ci dicono quanto i dati sono delicati nel loro ruolo di rappresentare il mondo. E se il consigliere di Trump dice che alla sua cerimonia di insediamento c’era più gente che da Obama, come facciamo a controbattere in modo razionale?
5) 6 aprile 2021
Ricchezza e fallacia delle visualizzazioni
docente: Federico Cabitza
Si dice che una immagine è meglio di mille parole, perché attraverso i segni e le metafore che evoca, è molto più espressiva e comunicativa dei dati che rappresenta, lo vediamo sui nostri smart phone, immediati e intuitivi. Ma la trasformazione tra dati e loro visualizzazione può provocare anche effetti illusionistici, e distorcere l’alfabeto della comunicazione.
6) 20 aprile 2021
Il valore e il disvalore dei dati
I dati sono il nuovo petrolio, dicono alcuni economisti, perché il loro possesso accresce la conoscenza sul mondo, e quindi il suo sfruttamento economico, pensiamo alle cose che Google e Amazon sanno di noi. Ma i dati possono avere un valore sociale, se ci aiutano a migliorare la vita. Insomma, i dati non sono neutrali, come si diceva una volta delle tecnologie, hanno un valore che dipende da tante cose, e che è bene sapere.
7) 4 maggio 2021
Dati, Machine Learning e Intelligenza Artificiale
L’intelligenza artificiale sta vivendo una nuova primavera, e il machine learning, facendo apprendere alle macchine attraverso esempi meccanismi di apprendimento tipici degli esseri umani, permette alle macchine di prevedere, decidere, interpretare, prescrivere attraverso la elaborazione di grandi masse di dati. Ma in questo modo le previsioni, le decisioni, ecc. sono rese opache al nostro senso critico, e esposte a pericolose distorsioni (o bias).
8) 11 maggio 2021
L’ultra empirismo e la cattura dell’apparenza.
docente: Teresa Numerico
L’idea che i dati discendano direttamente dai fenomeni è il passaggio epistemologico fondamentale che conduce ad affidarsi ciecamente a loro senza domandarsi come sono raccolti, come sono costruiti e come sono interpretati. L’idea della fiducia cieca nei dati produce un superamento dell’idea che la scienza debba interrogarsi sui fenomeni oltre le loro apparenze. Solo queste possono, infatti essere catturate dai dati.
9) 18 maggio 2021
I come e i perché dell’informazione inquinata
docente: Paolo Cherubini
Almeno quattro campagne elettorali (USA 2016 e 2020, Francia 2017, Kenya 2017) sono state pesantemente influenzate dalle “fake news”. La velocità di diffusione di notizie legate a teorie cospiratorie è superiore alla velocità di diffusione di notizie certificate da fonti giornalistiche tradizionali. Come risultato la polarizzazione della società civile ha raggiunto livelli senza precedenti. Quali sono i modi e i motivi di chi diffonde disinformazione, e come sfruttano i meccanismi della mente umana per attirare la nostra attenzione?
10) 25 maggio 2021
L’approssimazione e la visualizzazione dei dati statistici
docente: Patrizia Luongo
I dati sembrano avere il merito di essere “oggettivi” ma il loro utilizzo e la loro presentazione non lo sono, sono sempre in qualche modo guidati dal messaggio che vogliamo “veicolare”. Il modo in cui approssimiamo un dato, il modo in cui lo presentiamo dal punto di vista numerico (in percentuale, in valore assoluto, ecc.) e grafico hanno un impatto. Utilizzando alcuni esempi (con dati relativi a reddito, istruzione, sanità, ecc.) l’approfondimento mirerà ad illustrare questi concetti
11) 1 giugno 2021
La proprietà dei dati
docente: Giorgio Resta
Il grande campo di battaglia sarà la proprietà, scriveva Tocqueville a metà ‘800; il nuovo, grande campo di battaglia della società digitale è costituito dall’accesso. Il potere sui dati è la chiave per il controllo dei processi politici ed economici, e la sfida che attende le democrazie contemporanee è quella di coniugare la sovranità individuale sui dati personali con le più ampie prerogative di accesso ai grandi patrimoni informativi pubblici e privati
12) 8 giugno 2021
Incontro finale
15 novembre 2021
Le nuove fabbriche del linguaggio: come funzionano, chi le possiede, come occuparle
docente: Guido Vetere
Le tecnologie per il trattamento del linguaggio naturale sono un ingrediente fondamentale di quella trasformazione detta “digitalizzazione“ che oggi coinvolge le società su scala globale. Nell’ultimo decennio, queste tecnologie, a cui ci si riferisce in generale con la sigla HLT (Human Language Technologies) o, più specificamente, NLP (Natural Language Processing), hanno fatto notevoli progressi grazie soprattutto alle crescenti capacità dell’Intelligenza Artificiale (AI) applicate al materiale linguistico. Le tecnologie del linguaggio naturale rappresentano uno dei principali settori dell’AI, non solo per la loro immensa potenzialità economica, ma anche per il fatto di affrontare direttamente la materia dell’intelletto umano. Tutte le tecnologie intelligenti hanno qualcosa a che fare con la cognitività della nostra specie: si pensi ad esempio alla guida autonoma, dove è importante riuscire a classificare le forme visibili dal veicolo in modo simile a quanto fa normalmente chi è al volante. Ma il linguaggio è il modo stesso in cui rappresentiamo nella coscienza gli oggetti che i sensi ci consegnano, ed anzi, secondo alcune ipotesi, entra direttamente nel processo di identificazione di tali oggetti.
L’impiego delle moderne tecniche di NLP include la ricerca e la classificazione di informazione per la gestione dei contenuti prodotti sul web o all’interno delle imprese, e in generale per la business intelligence, con significative applicazioni nella sanità; la traduzione e correzione automatica per il commercio elettronico, l’editoria, le relazioni istituzionali; l’analisi e classificazione di testi anche frammentari per la sicurezza, i media sociali e la profilazione dell’utenza; i servizi di interrogazione e dialogo per il supporto alla clientela, le relazioni col pubblico e l’assistenza personale; la generazione o la trasformazione di testi per gioco e intrattenimento, per editoria, o il lavoro creativo; la robotica e l’automazione, anche nel settore automobilistico.
L’impatto delle tecnologie del linguaggio naturale diviene sempre più significativo nella vita sociale, non solo per le piattaforme che le usano intensamente (talvolta con finalità opache), ma anche per le applicazioni a scopi di utilità pubblica come, ad esempio, quelle recentemente sviluppate per il contrasto alla pandemia da COVID-19.
Per la crescente pervasività ed il ruolo sempre più incisivo che le tecnologie del linguaggio giocano nei sistemi economici e politici, il tema del loro sviluppo nelle diverse aree linguistiche assume un carattere di rilevanza strategica. Il disequilibrio di queste tecnologie, ed in particolare la preminenza, in esse, della lingua inglese, entra infatti a far parte del problema geopolitico riguardante i monopoli tecnologici: le concentrazioni di dati e capacità computazionali hanno raggiunto dimensioni tali da produrre distorsioni negli equilibri economici e sociali. Il possesso di migliori tecnologie linguistiche, in particolare, si traduce in migliori servizi per le aziende e i cittadini, maggiore efficienza delle amministrazioni e delle filiere produttive, più ampie capacità della ricerca pubblica e privata.
Un capitolo specifico riguarda l’efficienza dei sistemi di traduzione automatica, dove la differenza qualitativa che oggi ancora si riscontra nelle traduzioni da e per l’inglese è molto significativa.
Il seminario vuole offrire una riflessione sullo stato e le prospettive di ricerca delle tecnologie per lingue diverse dall’inglese, e in particolare per le maggiori lingue dell’Unione europea, con lo scopo di fornire elementi utili per comprendere il quadro attuale e i suoi possibili sviluppi. Sarà fornita dapprima una breve introduzione alle tecniche che nel corso dell’ultimo decennio hanno rivoluzionato il campo delle tecnologie linguistiche. Questa sarà utile a comprendere il funzionamento della “fabbrica del linguaggio” basata sull’odierna Intelligenza Artificiale ed il ruolo che le risorse linguistiche giocano al suo interno. Infine, si ragionerà sulle alternative che, sul piano metodologico e tecnologico, possono contribuire ad uno sviluppo più equilibrato e governabile delle tecnologie linguistiche nel prossimo futuro.
3 dicembre 2021
Presentazione di: Big data e algoritmi: prospettive critiche di Teresa Numerico
discussant: Beppe Attardi, Ida Dominijanni, Simone Gozzano, Enrico Nardelli
Ho scritto questo libro pensando alle generazioni che verranno. L’ho scritto pensando non ai padri, ma ai figli. Una generazione che non può scegliere se cedere o meno i propri dati a una o più piattaforme, che non può ricordare com’era la vita quando non era completamente tracciata al fine di estrarre valore da essa. Il libro è principalmente per loro. Perché decidano liberamente che cosa fare delle loro tracce digitali; perché governino il modo in cui sono usate; perché si rendano conto che la sorveglianza non è un destino.
Astrarre dai dati per definire un concetto è il prodotto di scelte, di interpretazioni. Le interpretazioni sono frutto dei processi di generalizzazione e hanno bisogno di un pregiudizio di apprendimento per essere efficienti. I pregiudizi che usiamo per giudicare sono sempre situati e il loro valore dipende dalla prospettiva adottata. Se nascondiamo i soggetti o i punti di vista dai quali si esercitano le astrazioni, non rendiamo le interpretazioni più oggettive o più neutrali, oscuriamo solo l’orientamento che le determina.
Il futuro non si può prevedere, a meno di rendere le persone simili a macchine programmate che faranno quello che gli stiamo predicendo. La libertà è una condizione complessa, è un processo più che un possesso, un lavoro costantemente in corso. Se ritenessimo che gli algoritmi fossero in grado di leggere la vera fonte del nostro desiderio, non avremmo nessun motivo per prendere decisioni né per cambiare, non potremmo realizzare la variabilità e molteplicità che ci caratterizza come specie e che ci ha garantito la sopravvivenza, pur essendo tanto fragili a fronte di altri esseri viventi e delle catastrofi naturali.
La rappresentazione del mondo attraverso i dati e la necessità di governare con algoritmi la mole dei dati e le loro correlazioni implica che questi facciano il lavoro per categorizzare e definire pattern informativi sulla probabilità che un individuo agisca nel modo prescritto dalla sua appartenenza a un gruppo, a una categoria. Una volta inserito l’esemplare dentro la categoria prestabilita, è necessario immobilizzarlo lì per poterlo controllare e regolare e per essere certi della correttezza della categorizzazione eseguita.
Chi detiene la possibilità di categorizzare, di interpretare i dati, di costruire correlazioni tra le loro serie? Le aziende Internet come Google, Amazon, Face- book, Apple, Microsoft (le cosiddette gafam), e altre dai nomi meno riconoscibili ma altrettanto influenti, hanno il potere di normalizzare i dati e costruirne il senso, privi di ogni regolamentazione o controllo esterno. Gli utenti dei servizi digitali, produttori dei dati, sono in una posizione di completa asimmetria, sia perché non hanno il quadro d’insieme sia per l’opacità del servizio che ricevono. A fronte della visibilità e facilità di accesso, le piattaforme Internet mantengono il segreto e l’invisibilità completa sulle loro pratiche e si propongono sempre più spesso anche come fornitori di servizi pubblici in veste di infrastrutture di raccolta e organizzazione di informazioni utili per la sanità, la mobilità, la formazione ecc. Tutto questo dovrebbe essere oggetto di regolazione da parte della collettività. Non tutto quello che si può fare è lecito.
L’utilizzo di sistemi di Intelligenza artificiale nelle Amministrazioni pubbliche (primo anno)
Progettazione e realizzazione di una iniziativa formativa rivolta a dirigenti di amministrazioni pubbliche, amministratori locali, operatori di associazioni di cittadinanza sul tema dell’utilizzo nei servizi pubblici di sistemi digitali basati su intelligenza artificiale.
Su dirigenti pubblici ed amministratori locali convergeranno nei prossimi mesi due processi molto impegnativi: quello dell’attuazione dei progetti del PNRR che riguardano l’attività amministrativa e di servizio pubblico, e che prevedono un utilizzo intenso ed inedito di tecnologie basate su AI; e quello della necessità di fare riferimento ad un significativo e nuovo apparato normativo in via di progressiva definizione, sia a livello europeo, sia a livello nazionale.
Deriva da questa considerazione la necessità e l’utilità di dotare tempestivamente dirigenti ed amministratori di una consapevolezza adeguata, e di una capacità di efficace bilanciamento di rischi e opportunità capace di orientare i processi innovativi pubblici verso finalità di giustizia sociale e di riduzione delle disuguaglianze.
Nel corso del 2022 saranno progettati ed erogati i primi moduli formativi pilota con l’obiettivo di verificare contenuti e metodi della iniziativa formativa.
Tale attività sarà svolta in collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità
Monitoraggio civico dei progetti “digitali” del PNRR (primo anno)
Progettazione e avvio di una attività di monitoraggio dei progetti “digitali” del PNRR.
Per progetti digitali del PNRR si intendono sia i progetti esplicitamente considerati tali nel PNRR (ad esempio i progetti di natura infrastrutturale ed i progetti di digitalizzazione della pubblica amministrazione), sia i progetti che riguardano ambiti tematici specifici (ad esempio quelli della cultura e della sanità) che prevedono un forte utilizzo di tecnologie digitali (ad esempio i progetti di telemedicina).
L’attività nel corso del 2022 consisterà nel mettere costruire una cultura e una pratica del monitoraggio civico di progetti digitali (sia di infrastrutture che di servizi), sia attraverso studi e seminari rivolti alle associazioni di cittadinanza attiva, sia avviando una pratica di monitoraggio civico sulle prime fasi di attuazione dei progetti digitali del PNRR.
Tale attività sarà svolta in collaborazione con l’ Osservatorio civico del PNRR
Preparazione di bandi per la realizzazione di Officine Municipali
Avendo come riferimento il progetto di Officine Municipali elaborato collaborazione con il Fprum Disuguaglianze e Diversità, verranno svolte attività formative rivolte ad amministratori locali per trasferire le competenze necessarie a progettare ed emanare bandi pubblici per la realizzazione e l’avvio sul territorio di riferimento di “Officine municipali”
Seminari tematici su temi di rilevante attualità
Proseguirà nel corso dell’anno la tradizionale attività della Suola critica del digitale, volta a creare, tramite seminari e presentazione di libri, consapevolezza critica su ambiti tematici di utilizzo delle tecnologie digitali che presentano aspetti rilevanti per la costruzione di una cultura politica della trasformazione digitale.
Proseguirà l’attività avviata nel corso del 2022 e si svilupperà mediante l’erogazione ad una platea più vasta di destinatari dei corsi di formazione progettati, sviluppati ed erogati i via sperimentale nel corso del 2022. Tale attività potrà prevedere anche l’erogazione di iniziative formative specializzate per tipologie di utente (Amministratori, Dirigenti pubblici, Associazioni di cittadinanza)
Proseguirà e si estenderà l’attività di monitoraggio civico dei progetti digitali del PNRR. In particolare nel corso del 2023 verranno avviate attività di monitoraggio su progetti del PNRR aventi rilevanza a livello territoriale. A tale scopo verranno progettate e svolte iniziative formative per costruire sul territorio capacità di monitoraggio partecipato.
Le attività verranno svolte in collaborazione con l’ Osservatorio civico del PNRR e con le Camere del Lavoro dei territori coinvolti.
Scuola popolare di Etica dell’Intelligenza Artificiale
Avendo come riferimento il formato e le caratteristiche della Scuola pop sui Dati Digitali svolta da febbraio a giugno del 2021, sarà progettato e svolto un corso strutturato volto a fornire ad un pubblico di non addetti ai lavori i principali elementi di comprensione critica degli aspetti etici dei sistemi digitali basati sull’Intelligenza Artificiale.
Le attività verranno svolte in collaborazione con Il Forum Disuguaglianze e Diversità.
Supporto alla realizzazione di Officine Municipali
Verranno svolte attività di supporto alla piena attuazione delle Officine municipali avviate nei diversi territori in relazione ai bandi emanati nel corso del 2022.
Proseguirà e si estenderà ulteriormente l’attività di monitoraggio civico dei progetti digitali del PNRR. In particolare nel corso del 2023 proseguiranno le attività di monitoraggio su progetti del PNRR aventi rilevanza a livello territoriale. In particolare verranno individuati e misurati indicatori di risultato per quei progetti che avranno conseguito i primi obiettivi attesi. Tali indicatori non saranno limitati a quelli inizialmente previsti nell’ambito del PNRR, ma saranno integrati da indicatori capaci di misurare le conseguenze sociali dei progetti in corso di realizzazione con particolare attenzione alla diminuzione (o alla crescita) delle disuguaglianze sociali.
Accompagnamento dello sviluppo delle Officine Municipali
Verranno svolte attività di accompagnamento al funzionamento delle Officine municipali avviate nei diversi territori con particolare attenzione a quelle avviate nel mezzogiorno, e nelle aree interne del centro-nord.
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