Interventi

Articolo pubblicato su “Plaza Dignidad – lettere da Cile” il 26.10.2020

Volete una nuova Costituzione? 5.487.793 di Sì (78,25%%) contro 1.525.033 di No (21,75%).

Quale organo dovrà redigere la nuova Costituzione? Convezione costituzionale (CC) secondo 4.754.442 votanti (79.22%), contro 1.247.229 per la Convenzione mista (20.78%).

Hanno votato 7.459.388 persone, la cifra più alta dal 1989, dal ritorno della democrazia.

Questi tre numeri insieme danno una forza poderosa al processo costituente che può portare ad archiviare la Costituzione vigente, adottata nel 1980, durante la dittatura militare di Pinochet. Esperti e commentatori avevano previsto soglie di partecipazione e di approvazione assai più basse. E’ un risultato che ha sorpreso tutti, dai più ottimisti sostenitori del Sì fino agli esperti analisti finanziari, i quali scommettavano per un 65% a 35% per il Sì.

Dentro il risultato.

Il dato sulla partecipazione è una sorpresa: il più alto dal ritorno alla democrazia (1989) e in assoluta controtendenza con un trend storicamente decrescente.

La vittoria è del Sì e della Convezione Costituente (CC) è uniforme in tutto il paese, da Arica tra i deserti del nord (Si al 76% e CC al 79%) fino a cinquemila km a sud, nella regione Antartica, a Punta Arenas (Si al 79% e CC all’80%). In Araucania, o Wallmapu, la regione mapuche (ne avevamo paralto qui) il Si vince con il 66,8% e la CC con il 70%, Isola di Pasqua-Rapa Nui il Sì all’85%.

E’ nella regione metropolitana di Santiago, dove vive il 37% della popolazione, che si concretizza il risultato: Sì al 79,93%, CC all’80,7%. Qui si raccolgono il 44% del totale dei Sì espressi in tutto il paese. Dentro Santiago, c’è un enclave del No: Las Condes, Lo Barnachea e Vitacura . Sono tre comuni con il reddito più alto del paese, concentrano ricchezza e potere. “Sono soli contro tutto il paese. Basterà questa batosta per fargli capire che l’unica via d’uscita è rinegoziare il patto sociale?” si chiede il politologo Juan Pablo Luna, della Universidad Católica de Chile.

E adesso?

Adesso comincia il percorso costituente. Il prossimo passo è previsto l’11 aprile 2021, con l’elezione dei 155 membri della Convezione Costituente, metà uomini e metà donne. La prima assemblea costituente con perfetta parità di genere al mondo. Avrà da 9 a 12 mesi di tempo per redigere la proposta di nuova costituzione, il testo dovrà essere approvato con 2/3 dell’assemblea e poi sarà sottoposto a voto referendario di ratifica, nell’agosto 2022.

Per le elezioni della Convezione Costituente, i partiti stanno già cercando di costruire liste elettorali che includano figure indipendenti, di rottura col gioco politico tradizionale. E’ il caso, ad esempio, del Partido por la Democracia PPD di centro sinistra, che tramite l’elezione della Convezione Costituente punta a trasformare sé stesso: “Vogliamo farci carico nelle nostre liste non solo della domanda di una nuova Costituzione, ma di quei cittadini che vogliano essere inclusi nel processo. Per questo, la metà dei nostri candidati saranno indipendenti e, una volta eletta la Costituente, il PPD punterà a diventare un’interfaccia per coloro i quali chiedano di partecipare, ci faremo portavoce delle loro proposte” spiega Guido Girardi del PPD.

La sfida politica è trasformare il risultato di ieri in una maggioranza netta dentro l’assemblea costituente, perché le domande di cambiamento non restino ingabbiate dal quorum dei 2/3 necessario per approvare il testo costituzionale. E’ una sfida non scontata, per via delle tradizionali divisioni dentro la sinistra cilena, ma il risultato di ieri può favorire l’unione.

Adios general.

Un risultato così netto è una sconfitta per chi difende lo status quo, per chi ha evocato una maggioranza silenziosa da contrapporre al movimento popolare del 2019, che ha conquistato il voto referendario. E’ una sconfessione per il governo e per il suo Presidente Sebastián Piñera, accorso in televisione poco dopo la chiusura delle votazioni, con un tono conciliante per annunciare l’apertura del processo costituente. Niente di strano si dirà, è cosi che fa un Capo di Stato. Ma è lo stesso Piñera che esattamente un anno fa, di fronte all’inizio delle manifestazioni, disse che il paese era in guerra contro un nemico ‘poderoso’, cioè i suoi stessi cittadini. E frequentemente ha adottato la retorica della guerra interna, senza riuscire a stabilire un dialogo con i manifestanti. E’ una situazione strana, “poichè Piñera cerca di guadagnare popolarità attraverso il Sì. Benché non sia mai stato a favore, non abbia mai preso posizione pubblicamente. E la sua coalizione di governo, l’alleanza di centro destra Chile Vamos, è divisa” scrive Camilo Espinoza, giornalista di The Clinic.

Hanno perso i gruppi religiosi ultraconservatori, soggetti politici in ascesa in tutta l’America Latina, come gli evangelici per il No, che avevano assicurato: “scegliere il Si è scegliere Satana”.

Un risultato così netto non si può leggere come una vittoria della sinistra sulla destra, ma rientra nella frattura dentro cui è cresciuta la protesta popolare del 2019, quella tra popolo ed élite (ne avevamo parlato qui).

Ha vinto il popolo cileno. Hanno vinto le ragazze di Santiago che l’anno scorso, saltando i tornelli della metropolitana per protesta contro l’aumento del biglietto, hano innescato il movimento popolare che ha portato al referendum. Ha vinto il milione e mezzo di persone della marcha màs grande de Chile , che ha trasformato le frustrazioni personali in protesta collettiva. Ha vinto la gente comune che chiede salari e pensioni degni, istruzioni e sanità pubblica, acqua come bene comune, redistribuzione di potere, in un paese dove 543 famiglie detengono il 10.1% della ricchezza. In un parola: democrazia.

Ha vinto Gustavo Gatica, studente di 21 anni di psicologia rimasto totalmente cieco colpito dai proiettili dei carabineros mentre scattava foto in Plaza Dignidad. “Ho donato i miei occhi perché il paese si svegliasse” disse impegnandosi in prima fila nella campagna referendaria.

Appello al voto di Gustavo Gatica.

Hanno vinto gli sconfitti del governo della Unidad Popolar di Allende del 1973, coloro che hanno vissuto il golpe e sono sopravvissuti ai diciassette anni di dittatura. Ieri in Plaza Dignidad, uno dei tanti cartelli, citava le ultime parole di Allende ‘la historia es nuestra y la hacen los pueblos’.

Il futuro è incerto, le domande di cambiamento sono molte e le aspettative alte, in un paese duramente colpito dal Covid-19. Dopo tanti mesi chiuso in casa per la quarantena, ieri il popolo cileno si è ritrovato nella sua piazza, ha pianto e riso. Festeggia la sua vittoria e chiude i conti col passato. Con il voto di ieri infatti, si conclude la lunga eredità della dittatura del generale Pinochet che impose con un referendum farlocco la Costituzione vigente. Uno dei tanti striscioni in piazza è dedicata a lui: ‘Adios General’ dice. Il futuro in Cile è cominciato.

Per oggi tutto. Plaza Dignidad – Lettere dal Cile è stato un esperimento per raccontare il Cile e il suo referendum in Italia, spero di esserci riuscito. Le pubblicazioni vengono sospese per un po’. Ci risentiamo prossimamente. Que viva Chile!

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