Lavoro, Politica, Temi, Interventi

Ottenere e spendere i soldi europei nel più breve tempo possibile. Sospendendo le garanzie e i controlli, rischiando la vita di chi lavora e di chi consuma. Consentire la libertà di licenziare, proteggendo i patrimoni dei più ricchi. Decidere gli obiettivi e i contenuti dei progetti del Pnrr senza nessun coinvolgimento di chi quei progetti sarà chiamato a realizzare con il suo lavoro, di chi vive nei territori dove quei progetti produrranno profondi cambiamenti.

Utilizzare la forte e diffusa volontà di vita per riproporre, peggiorato, in nome del ritorno alla “normalità”, il modello di sviluppo che ha causato il disastro degli ultimi decenni.

Questa è la direzione indicata dal Governo per la “ripresa”. Adottando scelte e decisioni che stanno già accrescendo i costi sociali, invece di contrastarli. Sono troppi e sempre più violenti gli atti di repressione delle tante lotte che esprimono non solo disagio sociale ma volontà di cambiamento.

Adil Belakhdin è morto perché lo sciopero non è più un diritto. Luana D’Orazio è morta, sacrificata alla produttività, come le 14 vittime della funivia di Mottarone, e le molte altre, troppe per nominarle tutte. Lo sfruttamento e l’insicurezza sul lavoro divenuti intollerabili sono derubricati ad incidenti, atti da sanzionare, ma non producono alcun ripensamento, tanto meno l’inversione di rotta necessaria.

Non si tratta di mitigare le conseguenze più pesanti delle scelte del Governo, ma di elaborare e imporre un progetto alternativo di società, una differente forma di vita personale e collettiva. Mettendo davvero al centro della politica il paradigma della cura, proposto dal femminismo.

La necessità di una risposta forte, visibile, condivisa è avvertita come urgente e necessaria da una pluralità di soggetti. Per questo l’iniziativa della Cgil di promuovere un confronto e un coordinamento è stata accolta positivamente.

È importante sostenere la forza di contrasto espressa dalla società, superando la difficoltà di mobilitazione causata dalla pandemia. E superando la frammentazione di cui soffre tutta la politica attiva.

La Cgil può svolgere efficacemente il compito di raccogliere la ricchezza politica delle associazioni impegnate nell’intervento sociale e nell’elaborazione culturale e politica, creando il necessario coordinamento nell’intervento e nell’elaborazione. Ne risulterebbe accresciuta la reciproca capacità di contrastare la povertà che affligge da tempo la sinistra.

Le proposte

Tra le molteplici proposte condivisibili emerse nell’incontro del 12 giugno vogliamo riprendere quelle che riteniamo più rilevanti

1. Si è fatto riferimento da più parti ai principi della Costituzione, da assumere come finalità da attuare. Per trarne un orientamento fecondo e puntuale occorre avere consapevolezza che il progetto costituzionale è da decenni sotto attacco, nell’inscindibile coerenza tra finalità e soggetti e forme della loro realizzazione. C’è da ricostruire e innovare l’intero sistema democratico. Ed è un compito da realizzare nell’iniziativa, qui e ora, come nell’elaborazione culturale.

Non si contrasta davvero la gestione accentrata e tecnocratica delle scelte, da parte del Governo e del presidente del consiglio, senza ritessere la trama dei poteri democratici.

2. È possibile organizzare e promuovere una maggiore mobilitazione sociale, per ampiezza e capacità di impatto, di quella fin qui realizzata. Generando forza collettiva proprio dalla voglia di vita strumentalizzata dal Governo, con il potente supporto dei media. È la forza che tante e tanti hanno accumulato in tutti questi mesi e che aspetta l’occasione per manifestare il bisogno di cambiamento profondo, appreso nell’esperienza della pandemia. Occorre “riaprire” la vitalità civile e politica del conflitto. Riaprire, finalmente, le piazze e le strade all’evidenza dell’impegno delle menti e dei corpi di ognuna e di ognuno. È la proposta che abbiamo espresso, insieme ad altre associazioni, nella lettera aperta al segretario della Cgil e ci fa piacere che sia diventata un impegno comune di lavoro, fin dai prossimi giorni.

3. L’attuazione dei progetti e delle riforme che costituiscono il Pnrr delinea il campo della politica nei prossimi anni, ed i suoi effetti saranno determinanti anche più a lungo. Sulla capacità di intervenire nei processi di attuazione si misurerà sia l’influenza sulle finalità e l’attuazione dei progetti potenzialmente condivisibili, sia la forza per impedire la realizzazione di quelli dannosi. Per entrambi il coinvolgimento organizzato di associazioni, lavoratori e cittadini è condizione imprescindibile. Occorre adeguare a questo compito gli strumenti e la cultura della partecipazione. Chiedendo che nelle procedure di governo del Pnrr sia esplicitamente previsto un “patto partecipativo”, che dia potere effettivo a chi ne sarà parte. Per assumere davvero questo ruolo dovremo rafforzare la nostra autonomia, dotandoci degli strumenti di elaborazione, intervento e contrattazione adeguati.

4. Rovesciare la narrazione dominante sui grandi temi del Pnrr è la vera priorità. È una narrazione nutrita dal linguaggio e dai contenuti del neoliberalismo, la cultura egemone da più di trent’anni, che ha prodotto i disastri resi evidenti e non più rinviabili. dalla pandemia. Senza una narrazione differente, in grado di influire sul senso comune, sul quale fa leva la narrazione del Governo e dei media, ogni progetto di alternativa è destinato a fallire, riducendosi al più alla negoziazione di alcuni, parziali, correttivi.

Pensiamo ad esempio al ruolo del pubblico nelle diverse articolazioni dello Stato. O alla radicale riorganizzazione dei territori e dei servizi, per finalizzarla alla cura delle persone, delle relazioni, dell’ambiente.

5. Dotati di questi strumenti di interpretazione e di immaginazione, sarà possibile mettere al lavoro sui singoli progetti del Pnrr le tante competenze “socialmente sensibili”, organizzando, anche territorialmente, la capacità di intervento comune sui singoli progetti, attorno a tavoli di lavoro permanenti sulle aree tematiche del Pnrr. Come ha dimostrato la discussione del 12 giugno, vi è una grande ricchezza di competenze che si esprime in forme diverse, dalle associazioni ai centri di ricerca. Non si tratta di opporre i nostri “tecnici” a quelli del Governo, ma di dotarsi di strumenti comuni e adeguati di analisi, di critica e di proposta.

6. Per dare forza contrattuale all’intervento sul processo di attuazione del Pnrr è necessario infine dotarsi di un autonomo sistema di monitoraggio dell’attuazione del piano. Non basta chiedere che siano rese disponibili le informazioni utilizzate per i sistemi di monitoraggio “ufficiali”, di comprenderle ed utilizzarle; neppure è sufficiente diffondere le esperienze di monitoraggio civico, meritoriamente avviate da alcune articolazioni dello Stato negli anni passati. Si tratta di elaborare propri indicatori di attuazione e di risultato, capaci di registrare e descrivere gli aspetti socialmente rilevanti del processo di attuazione che riguardano, ad esempio, il lavoro, l’ambiente, la salute. Questi indicatori potranno essere articolati territorialmente, fornendo informazioni a chi vi opera e chiedendo loro di alimentare il sistema autonomo di monitoraggio con informazioni raccolte dal basso. Le Camere del lavoro potrebbero svolgere un prezioso ruolo aggregatore.

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Un commento a “Una diversa normalità”

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