Intermediati di tutto il mondo unitevi!
La rivoluzione digitale pone una questione politica.
Possiamo pensare a un futuro in cui, per ogni attività economica realizzata da produttori, chi controlla l’informazione sia rappresentato da pochi intermediari monopolisti/oligopolisti?
In pochi anni le cinque principali aziende del mondo sono operatori che poggiano la loro dominanza sull’intermediazione di qualche mercato verticale.
Stiamo osservando una monopolizzazione della rilevanza della dimensione immateriale su quella materiale, nelle modalità di creazione e distribuzione della ricchezza, con un nascente conflitto tra intermediatori e intermediati, con compressione di diritti e garanzie per vaste parti della società e con rilevante influenza politica.
Il predominio degli intermediatori si fonda su un controllo centralizzato dell’informazione, sia in termini di dati che di processi con cui tali dati vengono raccolti, elaborati, comunicati e utilizzati.
Ma è il modello opposto a quello con cui Internet è nata e si è sviluppata.
Per quanto ancora sarà possibile mancare di rilevare questo nuovo conflitto tra intermediatori e intermediati? Potremo consentire ancora per molto tempo che essa si espanda, verticale dopo verticale, ad altri settori economici, sperando che una nuova mano invisibile risolva i problemi?
Nella attuale forma che ha assunto il capitalismo immateriale, la riduzione di gettito fiscale, il condizionamento dell’opinione politica, le pressioni su lavoratori e operatori tradizionali, il senso di irrilevanza e disagio percepito da larga parte della popolazione e l’esacerbazione del discorso pubblico sono solo epifenomeni derivanti da una causa comune: la prevalenza dell’informazione monopolistica/monopsonistica, figlia di un complesso di regole inadeguate ad orientare lo sviluppo della dimensione immateriale verso obiettivi socialmente desiderabili.
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