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In Cile si guarda avanti per cancellare la recente storia del paese, grazie allo sforzo e alla lotta nata nelle strade di Santiago contro il caro biglietti della metropolitana e passata per la resistenza alle violenze delle forze di polizia, arrivando alle grandi vittorie elettorali di ottobre e maggio.

La Corte elettorale cilena ha ratificato, mercoledì 16 giugno, i 155 membri dell’assemblea costituente, eletti alle elezioni del 15 e 16 maggio, e che andranno a riscrivere, e cancellare, l’attuale carta costituzionale scritta sotto il dittatore Augusto Pinochet.

Nelle elezioni del 15 e 16 maggio sono stati eletti 78 uomini e 77 donne. La parità di genere era un presupposto delle regole elettive imposte dai movimenti sociali e dalle sinistre in parlamento.

48 tra eletti ed elette sono di liste indipendenti, 37 dalla lista Vamos por Chile (destra), 28 sono di Apruebo Dignidad (sinistra), 25 di Approvo, (centrosinistra) e gli altri/e 17 sono rappresentanti delle popolazioni indigene del paese.

Secondo Lucía Dammert, docente dell’Università di Santiago, le elezioni hanno confermato l’importante ruolo dei gruppi indipendenti nella definizione di una nuova agenda politica per il Paese. La sociologa ha anche ricordato che i partiti che più si sono rafforzati sono “senza dubbio il Fronte Ampio e il Partito Comunista” mentre a perdere, generalmente, sono stati i partiti tradizionali.

La prima riunione dell’assemblea costituente dovrà avvenire entro e non oltre la prima quindicina di luglio 2021 e da lì inizieranno le sessioni per la stesura della nuova costituzione.

Eletti ed elette avranno un periodo di nove mesi (con altri tre mesi di cuscinetto, se necessario) per presentare il testo definitivo della nuova Costituzione. Il testo per diventare legge dovrà essere approvato con un nuovo plebiscito, nel 2022.

Le destre dopo la sconfitta al plebiscito e alla tornata elettorale di maggio, dove cercavano di ottenere un terzo degli eletti per porre il veto al processo costituente, corrono ai ripari. Nelle prossime elezioni presidenziali cercheranno di proporre una candidatura unitaria e già in questi giorni hanno approvato un progetto di riforma costituzionale per ripristinare il voto obbligatorio alle elezioni.

Tale iniziativa, che deve ora proseguire l’iter al Senato, richiedeva almeno 93 voti per andare avanti. Barriera che è stata ampiamente superata con 105 favorevoli, 33 contrari e 9 astenuti. A votare a favore anche le sinistre che ad oggi sono convinte che più alta è la percentuale di voto più loro sono forti.

Ma a sancire la sconfitta definitiva delle destre sono state anche le elezioni locali di domenica 13 giugno. Al secondo turno delle elezioni per i governatori delle diverse regioni si è vista una clamorosa debacle per i partiti di destra.

In quella che i media locali hanno descritto come la “battaglia di Santiago”, per l’enorme importanza dell’area, a sfidarsi erano due candidati dell’opposizione: Claudio Orrego (Democrazia Cristiana) e Karina Oliva (Fronte Ampio).

A vincere con poco più del 52% è stato Orrego, anche grazie all’appoggio ricevuto dai ricchi comuni della parte orientale della città e con il massiccio voto della destra in suo favore.

La sconfitta della coalizione di destra Chile Vamos è stata schiacciante, poiché dei suoi sette candidati, tutti sono stati sconfitti. Ma nemmeno i partiti di centro sinistra possono sorridere; le forze indipendenti e vicine ai movimenti sociali, che da ottobre 2019 invadono le strade del Cile, sono le vere vincitrici di queste tornate elettorali. La domanda che per ora resta inevasa è se i movimenti sociali, i candidati e le candidate indipendenti che si sono mosse in tutti i livelli possibili e le forze della sinistra radicale più ufficiali sapranno trovare forme di dialogo, coalizione, e costruzione comune in una nuova formula, non solo per il Cile, ma per il mondo intero. La domanda è fondamentale perché anche dentro le maglie dell’assemblea costituente solo il proficuo dibattito e dialogo tra i 48 indipendenti e i 28 di Apruebo Dignidad può generare una direzione fortemente progressista alla scrittura della Carta, cercando un dialogo importante con i 17 rappresentanti del mondo indigeno e una non belligeranza delle forze di centro sinistra si potrebbe scrivere una costituzione moderna e coraggiosa, costruendo così le basi per una forma composita di dialogo/azione tra partiti, movimenti e popoli indigeni.

Una sfida tutt’altro che semplice e scontata, capace però di generare entusiasmo anche fuori dal paese, in continuità con quanto accaduto attorno alla rivolta degli studenti e delle studentesse, che saltando il tornello della metropolita hanno aperto il varco alla trasformazione del paese.

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