Democrazia, Politica, Temi, Interventi

La situazione, che questo per certi versi tragico 25 aprile spalanca, è purtroppo del tutto chiara. Il Governo, e la seconda carica dello Stato a fare da guida, predicano l’abbandono dei principi antifascisti. L’opposizione si aggrappa, e ancora però senza un’azione politica incisiva, alla difesa dei pilastri storici dell’ordinamento, palesemente calpestati. Quando la lotta è tra principi valoriali inconciliabili tra loro, la mediazione è impossibile. L’esito dello scontro tra ideali storico-costituzionali antagonisti lo può decidere solo il duro rapporto di forza.

Da una parte della barricata sta il Quirinale, che ha pronunciato un elevato discorso a Varsavia, per giunta in una delle patrie delle democrature orientali, nel quale è tornato a denunciare le irrecusabili responsabilità storiche del fascismo. Con il Presidente, stanno le opposizioni democratiche, divise a settembre e responsabili di questo declino della Repubblica, e qualche esitante settore della maggioranza. Nel complesso, tiene lo schieramento intellettuale. Lo sfondamento della tesi di un editorialista di “Repubblica” e di uno storico di “Domani” ha prodotto danni marginali.

Luca Ricolfi ha sentenziato che universale è da considerare solo il valore della democrazia mentre l’antifascismo appartiene alla pura contingenza ed è un fenomeno di per sé sprovvisto di una qualsiasi capacità fondativa. A sposare il nucleo del revisionismo, da tempo ospitato dal “Corriere”, è intervenuto anche un articolo di “Domani”. In esso lo storico Renato Camurri invita ad archiviare gli stereotipi di una narrazione retorica che accompagna un “modello interpretativo tutto centrato sulla continuità tra antifascismo e democrazia repubblicana”.

Proprio sulla necessità di troncare questa linea di continuità è scolpito il cuore della storiografia revisionista del “Corriere”. E da essa estrae la linfa vitale la destra al governo per alimentare le sue scorribande antidemocratiche. L’intento della destra radicale al potere è quello di eliminare il processo storico specifico che ha costruito la Repubblica. La destra giustifica la sua estraneità rispetto al 25 aprile recriminando che tra gli scomodi padri costituenti figurano i comunisti e i socialisti che furono punti dalla fata malefica dell’Ottobre.

Che storici di professione ricamino su questa pretesa non coincidenza tra antifascismo e democrazia, per via del fantasma rosso che ha guidato la componente maggioritaria della Resistenza, la dice lunga sulla qualità della ricerca sulle radici della sfera pubblica. La costituzione del 1948 è il frutto di una precisa coalizione storica dominante che comprendeva azionisti, liberali, monarchici, socialisti, repubblicani, democristiani e comunisti. La democrazia italiana, come tutte le altre esperienze costituzionali, è il prodotto di una storia peculiare, non di una applicazione di astratte teorie politiche.

Il patto fondativo della Repubblica è quello che, dalla caduta del regime fascista, ha guidato la transizione politica e condotto la lotta armata. Nessun revisionismo potrà mai cancellare il fatto duro della costruzione della Carta sotto la sovrana dettatura della coalizione dei partiti antifascisti. Questi opinionisti che oggi si propongono come “maggiordomi” della destra al potere, e suggeriscono l’assurda rimozione dell’antifascismo come valore repubblicano fondativo per la presenza scandalosa dei comunisti nello schieramento partigiano, dimenticano tra l’altro il piccolo dettaglio che Togliatti, oltre che ministro è stato anche vice presidente del Consiglio nel Governo della transizione alla democrazia.

L’antifascismo, così ben colorato (anche) di rosso nelle istituzioni e nella macchia, lungo il sentiero che dai Gap porta alla costituente, è un fatto storico inalterabile. La democrazia reale, l’unica che l’Italia abbia mai avuto nella sua storia, è scritta con il sangue dei partigiani, in gran parte comunisti e socialisti. I nemici che stavano con le armi in pugno a sostegno della dittatura e dell’occupante nazista oggi sono al potere e di quella storia di liberazione partigiana intendono cancellare dignità, significato.

Questo è il senso delle provocazioni, delle amnesie, delle esternazioni assurde del governo. In gioco è il principio fondativo della Costituzione. Per la gravità della contesa, l’opposizione e il sindacato devono far salire il livello della lotta culturale, politica e sociale. Non bastano tweet e passerelle, serve un movimento di massa capace di antifascismo per proteggere la linea (non solo) rossa della Repubblica.

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Un commento a “Antifascismo, in gioco il fondamento della Carta”

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