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Il governo Meloni e lo spoils system a Palazzo Chigi

Lo spoils system è un sistema fiduciario di selezione di alcuni altissimi funzionari pubblici, molti dei quali presso la Presidenza del Consiglio. Vediamo le scelte compiute in questa sede dal nuovo esecutivo e in particolare dalla Presidente del Consiglio e dai ministri senza portafoglio
Pubblicato il 3 Marzo 2023
Democrazia, Materiali, Politica, Scritti, Temi, Materiali

A ogni cambio di governo il nuovo esecutivo si trova nella posizione di poter sostituire alcuni importantissimi dirigenti. Si tratta di coloro che si trovano nella posizione di snodo tra potere politico e amministrativo. Una facoltà del tutto legittima e prevista dalle norme, che è stata esercitata da tutti gli esecutivi negli ultimi vent’anni e che non va confusa con il normale potere di nomina. È un istituto giuridico specifico noto come spoils system.

Lo spoils system è un modello fiduciario di selezione dei dirigenti pubblici da parte del vertice politico che deroga, per alcuni casi specifici, al principio generale di imparzialità (vai a “Che cos’è e come funziona lo spoils system”).

In generale nel sistema italiano la pubblica amministrazione deve essere del tutto indipendente dal sistema politico. Per questa ragione il principio dello spoils system è applicato a pochi altissimi dirigenti tra ministeri e Presidenza del Consiglio. In effetti la maggior parte di questi si trovano proprio presso la presidenza del consiglio.

34 gli incarichi di vertice della Presidenza del Consiglio nei cui confronti si applicano le norme relative allo spoils system.

Si tratta del ruolo di segretario generale della Presidenza del Consiglio, dei suoi vice, nonché dei capi dei dipartimenti o degli uffici autonomi. Il numero di questi incarichi non corrisponde necessariamente a uno stesso numero di dirigenti. Non è infatti necessario che siano nominati 4 vicesegretari, come nella situazione attuale. Inoltre in alcuni casi una stessa persona può ricoprire più incarichi.

Presso la Presidenza del Consiglio la legge (l. 400/1988, articolo 18) stabilisce che i decreti di nomina di questi dirigenti cessino la loro efficacia alla data del voto di fiducia di un nuovo esecutivo. Sarà quindi il nuovo governo a stabilire se i dirigenti precedentemente in carica verranno riconfermati, oppure se ne saranno nominati di nuovi.

Nel caso in cui un ufficio o un dipartimento sia attribuito alla competenza di un ministro senza portafoglio, spetterà a lui proporre al presidente del consiglio il nome del nuovo dirigente da nominare. Quest’ultimo risponderà quindi gerarchicamente al ministro quale vertice politico.

Diversamente in tutte le altre strutture la scelta competerà direttamente al presidente del consiglio e i dirigenti risponderanno gerarchicamente al segretario generale e di conseguenza al presidente quale vertice politico.

La presidente del Consiglio e lo spoils system

Nel caso del governo Meloni sono stati 20 gli incarichi conferiti dalla presidente senza che alla scelta abbiano partecipato altri soggetti politici. Tra questi solo in 2 casi Meloni ha confermato i dirigenti già in carica.

Uno è Francesco Piazza, capo dell’Ufficio del cerimoniale di Stato, un ruolo certamente importante ma non particolarmente sensibile dal punto di vista politico.

L’altra invece è Sabrina Bono, confermata nel ruolo di vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio. Sempre Bono nel corso del governo Draghi ricopriva anche il ruolo di capo dell’Ufficio per il programma di governo, incarico che però in questo caso è stato attribuito a Massimiliano Vittiglio (al suo primo incarico di vertice presso la Presidenza del Consiglio).

Gli altri 3 vicesegretari generali nominati da Meloni invece sono tutti nuovi in questo ruolo (sempre Massimiliano Vittiglio oltre ad Angelo Venturini e Marco Villani). Come accennato non tutti gli esecutivi nominano 4 vicesegretari generali, il governo Draghi infatti ne aveva nominati 3. Oltre a Sabrina Bono, che come abbiamo visto è stata confermata, c’erano Paola D’Avena, ora a capo del Dipartimento Affari regionali con il ministro Calderoli, e Eugenio Madeo a cui invece non risultano attribuiti nuovi incarichi di vertice.

Roberto Chieppa, segretario generale di Palazzo Chigi per tutta la scorsa legislatura, non è stato confermato.

D’altronde nuovi incarichi di vertice non sono stati attribuiti neanche a Roberto Chieppa, che aveva ricoperto il fondamentale incarico di segretario generale di Palazzo Chigi in tutti e 3 gli esecutivi della scorsa legislatura.

Al suo posto invece Meloni ha scelto Carlo Deodato. Già capo di gabinetto del ministro degli Affari europei Paolo Savona nel 2018 (primo governo Conte) un anno più tardi, dopo che Savona fu nominato presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), Deodato assunse il ruolo di segretario generale di quello stesso organo. Rimasto in carica per circa un anno, successivamente è diventato capo del Dipartimento Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio. Prima di essere nominato nuovo segretario generale dalla presidente Meloni (i capi di gabinetto e le loro carriere successive. Leggi).

Considerando le conferme, il diverso numero di vicesegretari generali nominati dai due esecutivi e i doppi incarichi, complessivamente sono stati 16 i dirigenti sostituiti dalla presidente Meloni. Di questi 8 sono comunque stati nominati in altre posizioni di vertice presso la presidenza del consiglio o dei ministeri. Gli altri 8 invece no, anche se questo non implica un licenziamento. A ciascuno di questi infatti sarà attribuito un ruolo nell’amministrazione di appartenenza, anche se non di vertice.

Le conferme dei ministri senza portafoglio

Verifichiamo ora la situazione in quegli uffici di Palazzo Chigi attribuiti a dei ministri senza portafoglio. In questo caso la nomina del dirigente avviene sempre tramite il presidente del consiglio, ma su proposta del ministro (articolo 21). È dunque a quest’ultimo che può essere attribuita la scelta effettiva.

7 su 14 gli incarichi confermati dai ministri ai dirigenti della Presidenza del Consiglio.

Tra i dirigenti confermati 2 ricoprivano l’incarico già dal secondo governo Conte. Si tratta di Antonio Caponetto, confermato dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli al vertice del relativo dipartimento, e di Elena Zappalorti, confermata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.

Altri erano invece in carica a partire dal governo Draghi. Tra questi Fabrizio Curcio, capo della protezione civile confermato nel ruolo dal ministro Musumeci. Curcio peraltro aveva ricoperto questo incarico già in precedenza con i governi Gentiloni e Renzi. Marcello Fiori, già nominato alla Funzione pubblica dall’ex ministro di Forza Italia Brunetta, è invece stato confermato dal successore, il ministro Paolo Zangrillo.

Quanto a Eugenia Maria Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, inizialmente aveva confermato l’incarico a entrambe le dirigenti preposte ai due uffici che gli sono stati attribuiti. Laura Menicucci al dipartimento Pari opportunità e Ilaria Antonini alle Politiche per la famiglia. In un secondo momento però quest’ultima è stata chiamata dal ministro Giorgetti al vertice del dipartimento dell’Amministrazione centrale, del personale e dei servizi del ministero dell’Economia. Anche se inizialmente confermata dunque, Antonini ha poi lasciato la posizione presso presidenza del consiglio, che risulta quindi al momento vacante.

Adolfo Urso, pur essendo ministro con portafoglio, ha la delega all’ufficio per le politiche spaziali di Palazzo Chigi.

Infine tra le conferme è da segnalare Elena Grifoni, a capo dell’Ufficio per le politiche spaziali e aerospaziali. Un caso questo del tutto particolare visto che la nomina presso questo ufficio della presidenza del consiglio non si deve a un ministro senza portafoglio ma al ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso (FdI) a cui Meloni ha attribuito anche questa delega.

Le scelte di rinnovamento dei ministri

Come abbiamo visto per la protezione civile il ministro Musumeci ha optato per una scelta di continuità. Diversamente al dipartimento Casa Italia non ha confermato Elisa Grande, che è passata alla guida del dipartimento per il coordinamento amministrativo. Presso il dipartimento Casa Italia invece Musumeci ha deciso di nominare Luigi Ferrara, in passato capo del dipartimento Affari generali del Ministero delle Finanze.

Altri 4 ministri senza portafoglio hanno poi fatto dei cambiamenti negli uffici che gli sono stati attribuiti. Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli ha scelto per il suo dipartimento Paola D’Avena, già vicesegretario generale e di capo dell’Ufficio di segreteria del Consiglio dei ministri nel governo precedente. Ermenegilda Siniscalchi che in precedenza ricopriva l’incarico è stata invece nominata capo di gabinetto del ministro Musumeci.

La ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati ha invece scelto per l’incarico Gino Scaccia. Dirigente che fino a pochi mesi prima ricopriva il ruolo di capo dell’Ufficio legislativo della ministra Maria Stella Gelmini (allora in Forza Italia come la stessa Casellati).

Il ministro della Gioventù e lo sport Andrea Abodi invece ha nominato al dipartimento dello Sport Flavio Siniscalchi, in precedenza al dipartimento Politiche antidroga. Al contempo però ha voluto Michele Sciscioli, già a capo del dipartimento Sport, in quello della Gioventù.

Infine Raffaele Fitto è quello tra i ministri senza portafoglio che detiene le deleghe più importanti: affari europei, sud, politiche di coesione e Pnrr. Deleghe da cui discende l’utilizzo dei dipartimenti per le Politiche di coesione e per le politiche europee.

Alle politiche europee Fitto ha sostituito un dirigente di lungo corso con Fabrizia Lapecorella, storica direttrice generale delle Finanze.

Per le politiche di coesione Fitto ha nominato Michele Palma, che tra i vari incarichi presso Palazzo Chigi ha ricopeto anche quello di segretario particolare della ministra Maria Stella Gelmini. Ferdinando Ferrara ha quindi dovuto lasciare una posizione che ricopriva ormai dal 2018. Ma ancora più rilevante è stata la sostituzione operata al dipartimento per le Politiche europee al cui vertice si trovava ininterrottamente dal 2014 Diana Agosti (spostata a capo del dipartimento per il Personale). Al suo posto Fitto ha voluto una figura chiave dell’apparato statale: Fabrizia Lapecorella, direttrice generale delle Finanze al Ministero dell’Economia fin dal 2008.

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