Nel segno della Costituzione
di Claudio De Fiores

Lorenza Carlassare ci ha lasciati. Vera maestra del diritto costituzionale, il suo nome appartiene ad una generazione che ha attivamente contribuito all’attuazione del disegno costituzionale negli anni Settanta e all’avvio della stagione dei diritti nelle fabbriche, nella famiglia, nelle scuole, nelle università. A quella stagione, Carlassare – docente presso la facoltà di Scienze politiche di Padova – avrebbe dato il suo decisivo contributo, mettendo in discussione il metodo, gli assetti disciplinari, il nozionismo negli studi. Lezione alla quale si sarebbe mantenuta sempre fedele:
«Detesto l’idea di nozione. Mi interessa il “sapere”, perchè «il sapere si regge su princìpi».

Perno della sua riflessione scientifica è sempre stato il rapporto tra autorità e libertà, tra democrazia e rappresentanza, tra politica e diritto. Questioni rispetto alle quali si è sempre posta con acume e intelligenza, rifuggendo le banalità, gli schematismi, le vuote celebrazioni. Di qui la sua capacità di tenere insieme e alte la difesa della Costituzione (memorabile fu l’impegno da lei profuso contro i tentativi di stravolgere «in modo sguaiato» la Carta, condotti dalle destre e dal Pd, rispettivamente nel 2006 e nel 2016) e le ragioni di un revisionismo democratico e progressivo, in grado di consentire alla Carta di reggere agli urti della storia. Di qui la sua scelta di sostenere il referendum per la riduzione del numero dei parlamentari.

Una scelta destinata a suscitare dubbi in alcuni di noi, dissensi in molti altri, ma che in Lorenza Carlassare non discendeva certo da preoccupazioni di bilancio («le questioni economiche, quando si tratta di istituzioni della democrazia, non possono valere»), ma semmai dalla necessità di avviare un percorso (riforma della rappresentanza, proporzionale, rottura del dogma della governabilità) in grado di restituire centralità al Parlamento.

Allieva di Vezio Crisafulli, dal maestro avrebbe mutuato l’attenzione e uno studio intransigente dei principi, sottolineandone la forza e il carattere precettivo. Ma Lorenza Carlassare non si sarebbe, nel corso della sua vita, limitata esclusivamente a indagare e ricostruire le forme del diritto. Il vero banco di prova per un costituzionalista – era solita ripetere – è riuscire a cogliere la sostanza del potere, al fine di predisporre tutti gli strumenti normativi più idonei per insidiarlo, limitarlo, imbrigliarlo:
«Quando mi rileggo, mi accorgo che l’impalcatura dei miei lavori è sempre e soltanto una: l’analisi critica del potere. Io, in fondo, detesto il potere. Amo istintivamente lo Stato di diritto e il costituzionalismo perché avverto che se è vero che il potere è necessario, è comunque importante ostacolarlo, limitarlo, tagliargli le ali».

È all’interno di questa cornice che vanno letti, studiati, compresi gli innumerevoli contributi di Lorenza Carlassare (sul rapporto politica-amministrazione, sulla rappresentanza, sui diritti, sui vincoli di bilancio, sulla forma di governo, sulle fonti). Contributi tutti permeati da uno sguardo innovatore, originale e, soprattutto, capace di calare anche gli istituti giuridici più asettici sul terreno della storia e dei rapporti economico-sociali.

E tutto ciò senza mai venire meno alla sua funzione di costituzionalista e senza mai rinunciare al rigore giuridico. Anzi se c’era qualcosa che l’inquietava profondamente era l’impiego manipolativo della norma, la banalizzazione delle disposizioni, l’uso distorto dei concetti giuridici:
«Persino parole come libertà, eguaglianza, legalità, costituzionalismo, imparzialità, onore, diritti e doveri, dignità della persona e riservatezza possono essere usate in modo da neutralizzarne il valore o addirittura servirsene in direzione inversa, alterandone il senso. Come avviene oggi, in particolare, con democrazia, concetto impropriamente inteso come dominio della maggioranza, ignorando volutamente l’aggettivo che la qualifica: democrazia “costituzionale”».

Ma soprattutto su un terreno, Carlassare avvertiva, come gravi e insopportabili, questi contorsionismi terminologici e questi sbandamenti semantici. Ci si riferisce alla questione del jus ad bellum. E al tentativo smodato e incalzante, ancora oggi in atto, di convertire l’art. 11 della Costituzione alle ragioni della guerra.

Un dramma, quello bellico, riemerso con il conflitto in Ucraina, al quale Lorenza Carlassare avrebbe dedicato il suo ultimo intervento pubblico, schierandosi apertamente contro l’invio delle armi, e per ribadire, ancora una volta, che «la guerra difensiva è l’unica consentita», che «le controversie internazionali vanno risolte per via negoziale» e che «non esistono ragioni diverse dalla necessità di rispondere a un attacco armato sul proprio territorio che possano legittimare la guerra».

Affermazioni chiare, nette, coerenti. Nel «segno della Costituzione». Formula, questa, che non indica solo un aforisma, non riproduce esclusivamente il titolo di un importante libro di Lorenza Carlassare, ma vuole essere innanzitutto segno e testimonianza di una precisa scelta di vita.

Una vita nella quale essere costituzionalisti non significa essere sacerdoti dell’ordine costituito, ma semmai fomentatori della sua trasformazione. Sempre dalla parte dei diritti, della democrazia, dell’attuazione della Costituzione. È questa l’eredità più preziosa che Lorenza Carlassare, la prima donna chiamata a ricoprire una cattedra di Diritto costituzionale in Italia, ci ha lasciato. Per questo insegnamento non smetteremo mai di esserle grati.

Una lezione indimenticabile
di Gaetano Azzariti

Articolo pubblicato su “il manifesto” del 23.08.2022.

Lorenza Carlassare era una donna esuberante, piena di passione. Alessandro Pace ebbe a definirla “Mirandolina”, con ciò volendo rappresentare il suo carattere forte, consapevole delle sue ragioni, ma anche in grado di motivarle con fascino ed eleganza. Di Mirandolina aveva un’altra caratteristica: quella della donna che trova il suo riscatto appropriandosi della parola per mettere i suoi interlocutori di fronte alla complessità, magari burlandosi di loro, ma tenendo sempre fede ai suoi principi. E i principi di Lorenza erano molto netti e chiari, perseguiti per tutta la vita senza paura e senza compromessi. Per riprendere il titolo di un suo appassionato libro del 2012 può dirsi senz’altro che ha vissuto “nel segno della Costituzione”.

Si ricorda spesso che è stata la prima donna a ricoprire una cattedra di diritto costituzionale, ma è stata la prima sempre. Sempre alla testa delle battaglie più significative per difendere e attuare il testo costituzionale. Allieva di Vezio Crisafulli, aveva imparato l’importanza di dare alla Costituzione l’interpretazione più estesa assegnando ai suoi principi generali un valore immediatamente prescrittivo: una Costituzione da interpretare “magis ut valeat” (secondo una famosa espressione usata dal suo maestro). Le sue battaglie per la Costituzione, sempre intransigenti, erano motivate anche dalla constatazione della progressiva perdita di forza dei principi fondamentali inscritti nella nostra legge suprema. Una banalizzazione dei principi che non necessariamente assumeva la forma di un rifiuto esplicito, spesso si materializzava come un aggiramento o un’interpretazione dei precetti costituzionali “minus quam dixit”. Così è stato per i diritti sociali dimenticati, per quelli civili maltrattati o disconosciuti. Senza magari arrivare a porsi esplicitamente contro il sacro principio d’eguaglianza, si è però accettato di dare seguito alle più discriminatorie politiche neoliberiste. A volte mascherandosi dietro le stesse parole d’ordine della Costituzione, stravolgendone il senso, svuotandole di senso. Così, piano piano, la nostra democrazia costituzionale è scivolata via, dirigendosi verso altri percorsi – più autoritari – indirizzando la nostra società verso altri valori. Difronte a questo progressivo allontanamento dai principi costituzionali è stata duplice la reazione di Lorenza Carlassare.

In primo luogo, ha avvertito la necessità di denunciare nel modo più forte e chiaro tutte le distorsioni che di volta in volta venivano perpetrate dai governanti di turno. È stata la costituzionalista più esposta e combattiva, sempre al fianco di chi lottava per i diritti, con estrema coerenza, contro ogni deviazionismo costituzionale. Il massimo del suo impegno polemico lo ha mostrato quando la Costituzione è stata presa direttamente di mira. Tra le più accanite avversarie delle “grandi riforme costituzionali”, si è impegnata, senza risparmiarsi, contro le diverse maggioranze che le sostenevano, contro la riforma Berlusconi prima, quella Renzi poi; senza alcun timore di apparire “eretica” in tempi di conformismo dilagante. Quando poi ha ritenuto che le riforme del testo della Costituzione potessero cambiare verso e servire a ridare forza ai principi costituzionali (quello del parlamentarismo offeso, nel caso della riduzione del numero dei parlamentari), non ha avuto remore a schierarsi a favore di queste. Tutto ciò a dimostrazione della sua estraneità a ogni ideologico e prevenuto conservatorismo costituzionale. Tutto ciò, nel segno della Costituzione.

Ma proprio la consapevolezza che la Costituzione rappresentava non solo una legge scritta, ma anche uno strumento di civilizzazione dei popoli, l’ha indotta ad impegnarsi anche su un secondo fronte, quello più direttamente culturale e civile. Non solo con la sua sofisticata e preziosissima produzione scientifica, con cui ha insegnato a tanti “dottori” come si potesse coniugare passione e rigore nello studio del diritto, ma anche nella sua attività rivolta, fuori dall’accademia, direttamente alla società civile. Voglio qui solo ricordare quella straordinaria esperienza che è stata la “Scuola di cultura costituzionale” che ha diretto a Padova – la sua amata città – per oltre dieci anni. Un numero infinito di discussioni partecipate, dove gli studiosi più apprezzati si confrontavano, senza intermediazioni, con una platea di persone attente e curiose. Nella presentazione scritta da Lorenza Carlassare mi sembra sia riassunta tutta la sua filosofia di militante dalla parte della Costituzione e di studiosa impegnata nella lotta per i diritti, con parole limpide e definitive. Non credo possa dirsi meglio. A lei, allora, l’ultima parola:

«La Scuola di cultura costituzionale vuole rispondere all’esigenza, avvertita da persone di ogni età e cultura, di conoscere la Costituzione della Repubblica, la sua storia, i suoi principi, il senso delle sue parole. Perché non c’è libertà senza conoscenza. Non c’è democrazia senza partecipazione informata e consapevole. Il popolo, cui la sovranità appartiene, in quali modi e forme la esercita? Che cosa sa dei suoi diritti inalienabili e di come sono tutelati? Come intende il fondamentale principio di eguaglianza e le sue implicazioni? Conosce l’essenza della democrazia liberale e i limiti che essa pone a chi governa? Ha chiaro il ruolo delle istituzioni di garanzia, prime fra tutte il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, che può annullare ogni legge in contrasto con la Costituzione? Comprende il valore dell’indipendenza della magistratura per i diritti e le libertà di ciascuno? Che cosa sa della scuola, della tutela della salute, del lavoro e, in genere, dei diritti sociali? Sono solo alcuni degli interrogativi cui si tenterà di rispondere. Costituzionalisti illustri di diverse Università ne parleranno in un ciclo di incontri con i cittadini. Promuovere la conoscenza della Costituzione fra i giovani (anche attraverso il supporto agli insegnanti che ne curano la formazione) e i meno giovani è l’obiettivo che la Scuola si propone per contribuire ad alimentare un dibattito cosciente, al di là della superficialità dei luoghi comuni, e fare in modo che la nostra democrazia possa vivere».

Una lezione che non dimenticheremo.

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