Questo contributo è stato pubblicato per la prima volta all’interno del volume “Economia a mano armata 2024. Spesa militare e industria delle armi in Europa e in Italia” a cura di Greenpeace e Sbilanciamoci!

Introduzione

Le grandi piattaforme digitali sono uno dei principali vettori di cambiamento nelle economie contemporanee. Alla loro ascesa è legato il processo di digitalizzazione della produzione, del consumo, della comunicazione, della logistica nonché di un’ampia gamma di servizi pubblici. A tale processo, d’altra parte, si associa una concentrazione di potere economico e tecnologico che non ha precedenti, con implicazioni rilevanti per quanto riguarda la distribuzione del reddito, l’accesso alla conoscenza e all’innovazione, la frammentazione e precarizzazione del lavoro e, non meno rilevante, la crescita delle tensioni geopolitiche (Coveri et al., 2022)1. Le grandi piattaforme giocano infatti un ruolo centrale nel conflitto che vede contrapposti i due nascenti ‘complessi militari-digitali’, quello statunitense e quello cinese (Rolf e Schindler, 2023). Nel primo caso, le piattaforme chiave sono quelle comunemente note come ‘Big Tech’: Amazon, Meta (Facebook), Microsoft e Alphabet (Google). Tra le loro controparti cinesi è possibile invece annoverare colossi quali Alibaba, Baidu, JD e Tencent.

Nonostante le piattaforme digitali siano ormai al centro dell’attenzione in numerosi ambiti scientifici (tra questi, l’economia, le scienze politiche, il diritto del lavoro, gli studi manageriali e la sociologia), vi è un aspetto rilevante del loro potere che è rimasto relativamente inesplorato. Si tratta del nesso che lega le loro strategie di crescita e gli interessi dello Stato e, più specificamente, la relazione di mutua dipendenza che vi è tra le prime e gli apparati militari, di sicurezza e di intelligence. Una dipendenza alimentata dal controllo (spesso esclusivo) che le grandi piattaforme esercitano su conoscenze, infrastrutture e tecnologie critiche di tipo ‘duale’ (ossia con applicazioni in ambito sia civile che militare). Tecnologie, quali i sistemi cloud per la difesa, i dispositivi di intelligenza artificiale (IA) incorporati negli armamenti o i sistemi satellitari di ultima generazione, che svolgono un ruolo fondamentale nei conflitti contemporanei.

Questo testo prende le mosse da un recente lavoro di ricerca in cui abbiamo messo in luce i principali canali che legano piattaforme e apparato militare, fornendo un’analisi quali-quantitativa del caso statunitense (Coveri et al., 2023)2.

Alle radici del complesso militare-digitale

Il ruolo giocato dalle piattaforme digitali in contesti di guerra è emerso in modo netto nel conflitto russo-ucraino. Nell’ottobre 2022, l’improvviso arresto dell’infrastruttura satellitare Starlink – il sistema che garantisce la connessione Internet ai civili e, soprattutto, ai militari ucraini operanti nelle zone di più aperto conflitto, di proprietà di SpaceX – ha rischiato di compromettere un’operazione militare decisiva condotta dall’esercito nella regione orientale del paese. Pochi giorni dopo, il fondatore e CEO di SpaceX, Elon Musk, ha avviato una contrattazione con il Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere il finanziamento dell’infrastruttura che, sino a quel momento, aveva lasciato intendere di aver “donato” al Governo ucraino. Circa un mese più tardi, lo stesso Musk ha perfezionato l’acquisto della piattaforma ove si forma (ed è possibile manipolare) l’opinione pubblica globale – ossia Twitter – e sostenuto di poter discutere direttamente con Putin i termini di una trattativa per il cessate il fuoco. Pochi mesi prima, nel giugno 2022, Amazon Web Services (AWS) – la divisione di Amazon che gestisce i servizi cloud – aveva reso noto come già dal 24 di febbraio (il primo giorno dell’offensiva russa) il suo personale tecnico fosse sul territorio ucraino per garantire il rapido passaggio di tutti i dati e le infrastrutture informative pubbliche al cloud gestito da AWS. Oggi, AWS gestisce la quasi totalità dei dati del Governo, delle amministrazioni pubbliche rimaste attive e delle principali banche commerciali ucraine. Un altro esempio riguarda Microsoft, la quale a novembre 2022 ha annunciato circa 100 milioni di euro in aiuti di natura tecnologica aggiuntivi a sostegno dell’Ucraina, portando il suo sostegno complessivo a oltre 400 milioni dall’inizio della guerra.

Il coinvolgimento diretto delle grandi piattaforme digitali nei conflitti bellici è indicativo del ruolo di primordine che queste sono in grado di giocare all’interno dello scenario politico globale e, soprattutto, dell’importanza che esse possono assumere nel determinare gli esiti di operazioni di stampo militare. Tale coinvolgimento diretto rappresenta, tuttavia, solo uno dei modi in cui si manifesta il legame, pur mutevole e contraddittorio, tra gli interessi delle piattaforme e dei rispettivi Stati nazionali.

È in questo contesto che si cementa quella che abbiamo definito mutua dipendenza: una relazione che vede gli interessi degli Stati rivelarsi a tratti indistinguibili da quelli delle piattaforme che dominano le infrastrutture, le tecnologie e le conoscenze necessarie alla sopravvivenza economica, politica e militare delle società contemporanee. Pur non essendo prive di contraddizioni ed entrando spesso in conflitto tra loro, le strategie delle piattaforme e quelle dello Stato si intrecciano, si supportano vicendevolmente, si alimentano nella continua ricerca di nuove opportunità di accumulazione e di nuove risorse, dati e tecnologie da controllare al fine di accrescere l’egemonia politica e militare.

Quali sono quindi i canali che rendono governi e piattaforme mutuamente dipendenti? In primo luogo, vi è un vincolo originario. Nel caso degli Stati Uniti, il legame tra gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) con fini militari e l’ascesa delle grandi imprese transnazionali è stato alla base di quello che, nel secondo dopoguerra, è stato definito “complesso militare-industriale” (Pianta, 1989; Mowery, 2010). Nel caso delle piattaforme, di massima importanza sono stati i programmi di ricerca militari che sono alla base di Internet e di tutte le tecnologie digitali più rilevanti (O’Mara, 2020). Il potere economico delle piattaforme contemporanee trova infatti origine nell’appropriazione di conoscenze e tecnologie sviluppate in ambito pubblico e trasferite ‘a costo zero’ dagli stessi apparati governativi che hanno contribuito a svilupparle (Mazzucato, 2014). A ‘trasferimento tecnologico’ avvenuto, le maggiori imprese digitali diventano il motore dell’innovazione e lo Stato accresce la sua dipendenza nei loro confronti. Soprattutto, questo vincolo sembra non svanire mai completamente: al contrario, persiste anche quando le industrie si orientano principalmente verso la domanda privata. Transitando dagli organismi istituzionali ai consigli di amministrazione e ad altri organismi dirigenziali delle piattaforme digitali, i funzionari della sicurezza e dell’esercito svolgono attività di monitoraggio delle strategie delle imprese digitali (si pensi, ad esempio, ai comitati legati all’intelligenza artificiale, dove sia in Cina che negli Stati Uniti alti funzionari militari e amministratori delegati delle piattaforme condividono le strategie di sviluppo delle tecnologie rilevanti in ambito civile e militare). D’altra parte, la dipendenza si muove anche nell’altra direzione: il sistema pubblico (università e centri di ricerca pubblici) continua a rappresentare una risorsa insostituibile per lo sviluppo dei progetti innovativi delle piattaforme.

In secondo luogo, vi è una dipendenza economica. Da un lato, il valore di mercato delle piattaforme costituisce una quota consistente dell’intera ricchezza nazionale3. Allo stesso tempo, le altre imprese – comprese quelle impegnate nella fornitura di apparecchiature militari come Lockheed Martin e Raytheon – necessitano dei servizi forniti dalle piattaforme per la digitalizzazione delle loro attività e per mantenere la propria competitività. Dall’altro, la domanda pubblica e, in particolare, quella proveniente dal settore militare costituisce una fonte di accumulazione essenziale, soprattutto nelle fasi di contrazione della domanda privata; e uno strumento fondamentale per finanziare progetti innovativi a elevata incertezza (Mazzucato, 2018).

In terzo luogo, vi è una dipendenza tecnologica, ‘infrastrutturale’ e legata alle competenze idiosincratiche. Gli Stati non possono fare a meno dei dati, delle tecnologie e delle infrastrutture che le piattaforme controllano. Impegnarsi in attività di intelligence, utilizzare armi digitali controllate a distanza, perseguire o resistere agli attacchi informatici: nulla di tutto ciò può essere realizzato se le grandi imprese digitali non forniscono un supporto attivo. Di recente, è stato mostrato come le principali piattaforme statunitensi e cinesi controllino più dell’80% dei brevetti legati all’IA (Rikap e Lundvall, 2021). Una simile concentrazione di potere riguarda le infrastrutture e i servizi cloud, nonché i cavi sottomarini attraverso cui passano tutte le informazioni che circolano sulla rete (questi ultimi appartengono, per circa il 30% del totale, alle principali piattaforme statunitensi)4. In aggiunta a ciò, la natura idiosincratica e cumulativa della conoscenza rilevante per generare innovazioni in ambito digitale conferisce alle piattaforme un significativo potere contrattuale, connesso alla loro pressoché esclusiva capacità di sviluppare tali conoscenze.

Infine, il monopolio delle tecnologie digitali e delle porzioni di conoscenza a esse associate, assieme alla tendenza delle piattaforme a espandersi senza limiti geografici o politici (salvo barriere erette ad arte come nel caso del ‘firewall’ cinese finalizzato a impedire l’accesso in Cina alle piattaforme statunitensi), rende quest’ultime delle naturali articolazioni dei loro governi. Controllando infrastrutture critiche (e informazioni) anche all’estero, le piattaforme si trasformano negli ‘occhi’, nelle ‘orecchie’ e, all’occorrenza, nel ‘braccio armato’ del proprio governo. Tuttavia, le strategie espansive delle piattaforme – ad esempio, l’intenzione di penetrare un grande mercato straniero – possono trovare ostacoli di natura politica che solo l’azione diplomatica può aggirare. Regolamenti che limitano l’accesso ai dati personali, azioni ostili da parte delle autorità antitrust o fiscali, governi stranieri che pongono vincoli ai loro investimenti o sindacati che lottano per migliori condizioni di lavoro: il valore economico delle piattaforme è fortemente correlato alle dimensioni della rete e alla quantità di informazioni che controllano, dunque le barriere legali e istituzionali che ostacolano tale espansione possono minacciare seriamente la loro capacità di accumulazione. In questi casi, è la piattaforma a ‘dipendere’ dall’alleanza strategica con il governo.

Sul fronte interno, è possibile identificare un ulteriore canale di dipendenza: la dipendenza politica. Questa si muove lungo tre direttrici: (i) il controllo da parte delle piattaforme delle reti ove è possibile plasmare opinioni e preferenze politiche; (ii) il legame diretto con milioni di utenti, a loro volta dipendenti dalle piattaforme, in grado di rappresentare un’implicita ‘base di consenso’ da mobilitare in caso di azioni ostili come quelle minacciate, e spesso abortite, da parte delle autorità antitrust degli Stati Uniti (Culpepper e Thelen, 2020); (iii) l’impiego di ingenti risorse finanziarie per attività di lobbying volte a contrastare interventi legislativi ostili, in particolar modo quelli tesi a limitare l’accesso delle piattaforme ai dati personali (UNCTAD, 2019).

Il complesso militare-digitale statunitense: un’analisi quali-quantitativa

La crescente integrazione tra piattaforme e apparato militare può essere rilevata anche sul piano empirico. La Figura 1 mostra come, dal 2008 al 2022, il valore monetario delle commesse pubbliche ottenute dalle quattro principali piattaforme digitali statunitensi (Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft) e stipulate con il Dipartimento della Difesa (DoD) e altre agenzie federali legate ai comparti difesa e sicurezza sia cresciuto pressoché costantemente. La Tabella 1, invece, riporta i dettagli (valore monetario delle commesse e attività svolta) relativi a una selezione di contratti pluriennali di particolare rilevanza tecnologica (ed economica) stipulati dalle stesse piattaforme in ambito militare e di sicurezza interna. La produzione di armi e tecnologie a supporto dell’apparato militare e di sicurezza sembra essere divenuta un’attività tutt’altro che secondaria per le piattaforme. In particolare, le piattaforme risultano essere fornitori di servizi cruciali, come il cloud e le tecnologie di IA ad esso connesse, il che permette ad esse di consolidare il proprio primato tecnologico in ambito militare oltre che nella sfera civile (dove le stesse tecnologie sono essenziali per la competizione). Ciò determina, parallelamente e in modo cumulativo, un approfondimento della mutua dipendenza e un consolidamento del potere economico delle piattaforme.

Figura 1. Valore complessivo (in milioni di dollari) dei contratti stipulati da Amazon, Google, Facebook e Microsoft con il DoD ed altre agenzie federali statunitensi, 2008-2022. Fonte: elaborazione degli autori su dati USAspending.gov (Coveri et al., 2023).

Tabella 1. Selezione di contratti militari e per la sicurezza, di carattere pluriennale, ottenuti dalle principali piattaforme digitali statunitensi. Fonte: elaborazione degli autori su fonti di stampo pubblicistico (Coveri et al., 2023). Nota: CIA sta per Central Intelligence Agency, NSA per National Security Agency, DoD per Department of Defense, “ND” sta per “not defined”.

Anno e Dipartimento/AgenziaContractorAmmontare ($)Natura del servizioFinalità dichiarata
2013 – CIAAmazon600 milioniCloudGestione dati finalizzata a prevenire attacchi terroristici
2019 – DoDAlphabet (ritirato); Amazon e Microsoft50 milioniDroniAcquisizione di tecnologie IA per il riconoscimento di immagini nei droni militari (Project Maven)
2020 – CIAAlphabet, Amazon, Microsoft, Oracle“Decine di miliardi”CloudServizi cloud centralizzati per 17 agenzie di intelligence (Commercial Cloud Enterprise – C2E)
2021 – DoDMicrosoft21.9 miliardiVisori a realtà aumentata‘HoloLens augmented reality headset’ per attività militari in contesti ad elevata complessità
2022 – NSAAmazon10 miliardiCloudInfrastruttura cloud della NSA (“Wild and Stormy” project)
2022 – DoDMicrosoftNDStryker armoured vehiclesApparati digitali da incorporare nei veicoli armati dell’esercito
2022 – DoDAlphabet (Google public sector division)NDGoogle workspaceFornitura di Workspace Google a 250.000 dipendenti della Difesa
2022 – DoDAlphabet, Amazon, Microsoft, Oracle9 miliardiCloudInfrastruttura cloud per la difesa (Joint Warfighting Cloud Capability)
2022 – DoDAmazon e MicrosoftNDSatellitiInfrastrutture spaziali e terrestri per la sicurezza nazionale (Hybrid Space Architecture” program)

Conclusioni

Il legame tra grandi piattaforme digitali e apparati militari documentato in questa sede “vendica” tradizioni del pensiero economico troppo spesso dimenticate o intenzionalmente rimosse, come quelle relative alle teorie dell’imperialismo di inizio secolo scorso (Hobson, 1902; Hilferding, 1910; Lenin, 1917) e agli studi sul Capitale Monopolistico (Baran e Sweezy, 1966). Sebbene i diversi autori afferenti a queste scuole di pensiero non siano certo del tutto sovrapponibili tra loro, questi approcci hanno messo in luce come le spese militari e gli interventi bellici siano spesso legati al ruolo attivo svolto dai governi per supportare i processi di accumulazione delle grandi imprese monopolistiche transnazionali.

Da questo punto di vista, il crescente peso economico delle piattaforme digitali e la loro rilevanza sistemica in ambito civile, combinato con il controllo che esse esercitano su infrastrutture e tecnologie duali, rende l’integrazione con gli apparati dello Stato ancor più ampia e stringente che in passato. La mutua dipendenza su cui abbiamo concentrato la nostra analisi sfida dunque la tradizionale distinzione tra Stato e mercato, rendendone più labili e sfumati i confini e, soprattutto, ponendo in questione la volontà (e capacità) del primo di controllare (e disciplinare) il secondo nell’interesse della collettività. Ciò non dovrebbe stupire: come abbiamo mostrato, anche in termini empirici, le grandi piattaforme digitali risultano essere sempre più importanti sia per vincere la feroce concorrenza inter-capitalistica odierna, sia per vincere le guerre che tale concorrenza rischia continuamente di innescare.

In un quadro del genere, è necessario riflettere sulla messa in discussione del monopolio privato delle conoscenze e delle infrastrutture che sono alla base del potere delle grandi piattaforme digitali. e della commistione di interessi che sussiste tra queste e le mire espansionistiche dei loro governi.

Gli autori

Andrea Coveri, Dipartimento di Economia, Società, Politica, Università di Urbino “Carlo Bo”. Contatto: andrea.coveri@uniurb.it

Dario Guarascio, Dipartimento di Economia e Diritto, Sapienza Università di Roma. Contatto: dario.guarascio@uniroma1.it

Note

1 Se si considerano le principali piattaforme statunitensi, la loro capitalizzazione di mercato complessiva risulta essere superiore al PIL di economie di grandi dimensioni come il Giappone (si vedano, ad esempio, i dati riportati da Visual Capitalist, 2021, e Statista.com, 2024). Tale concentrazione di potere economico è in buona parte spiegata dalle capacità tecnologiche esclusive che le piattaforme hanno concentrato nelle loro mani, come risulta evidente quando si esamina la distribuzione dei brevetti a livello globale in settori chiave come l’intelligenza artificiale: poche piattaforme ne detengono la maggioranza e la tendenza va nella direzione di una concentrazione ancora più marcata (Rikap e Lundvall, 2021; Fanti et al., 2022).

2 È possibile scaricare liberamente il working paper su cui si basa il presente articolo al link seguente: https://www.lem.sssup.it/WPLem/files/2023-47.pdf. Si tratta di un lavoro di ricerca da noi redatto assieme a Claudio Cozza dell’Università di Napoli Parthenope. Rimandiamo al working paper di cui al link sopra riportato per un elenco dettagliato delle fonti e dei riferimenti bibliografici.

3 La natura transnazionale delle grandi imprese oligopolistiche del secolo scorso già era in grado di conferire loro un “potere di ricatto”, da esercitarsi soprattutto nei confronti di governi intenzionati a introdurre misure considerate dannose – ad es., alta imposizione fiscale, tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici dipendenti, espansione del welfare, stringente regolamentazione ambientale (Balcet e Ietto-Gillies, 2020).

4 Si veda https://www.mironline.ca/undersea-espionage-ownership-of-underwater-internet-cables/

Riferimenti bibliografici

Balcet, G., & Ietto-Gillies, G. (2020). Internationalisation, outsourcing and labour fragmentation: the case of FIAT. Cambridge Journal of Economics, 44(1): 105–128.

Baran, P. A., & Sweezy, P. M. (1966). Monopoly Capital. An Essay on the American Economic and Social Order. New York: Monthly Review Press.

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Coveri, A., Cozza, C., & Guarascio, D. (2023). “Blurring boundaries: an analysis of the digital platforms-military nexus.” LEM Working Paper Series No. 2023/47, Institute of Economics–Scuola Superiore Sant’Anna. Disponibile al link: https://www.lem.sssup.it/WPLem/files/2023-47.pdf

Culpepper, P. D., & Thelen, K. (2020). Are we all amazon primed? Consumers and the politics of platform power. Comparative Political Studies, 53(2): 288–318.

Fanti, L., Guarascio, D., & Moggi, M. (2022). From Heron of Alexandria to Amazon’s Alexa: a stylized history of AI and its impact on business models, organization and work. Journal of Industrial and Business Economics, 49(3): 409–440.

Hilferding, R. ([1910] 2011). Il capitale finanziario. Mimesis: Milano.

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Lenin, V. ([1917] 1963). Imperialism, the Highest Stage of Capitalism. Moskow: Progress Publisher.

Mazzucato, M. (2014). Lo Stato innovatore. Bari: Laterza.

Mazzucato, M. (2018). Mission-oriented innovation policies: challenges and opportunities. Industrial and Corporate Change, 27(5): 803–815.

Mowery, D. C. (2010). Military R&D and innovation. In: Handbook of the Economics of Innovation, Volume 2, pp. 1219–1256. Elsevier.

O’Mara, M. (2020). The code: Silicon Valley and the remaking of America. Penguin.

Pianta, M. (1989). High Technology Programmes: For the Military or for the Economy? In L. Dumas e M. Thee (a cura di), Making peace possible. The promise of economic conversion, Oxford, Pergamon Press, pp. 185-218.

Rikap, C., & B.-Å. Lundvall (2021). The Digital Innovation Race. Conceptualizing the Emerging New World Order. Cham (CH): Palgrave Macmillan.

Rolf, S., & Schindler, S. (2023). The US–China rivalry and the emergence of State platform capitalism. Environment and Planning A: Economy and Space, 55(5): 1255-1280.

Statista.com (2024). “Leading tech companies worldwide 2024, by market capitalization.” Disponibile al link: https://www.statista.com/statistics/1350976/leading-tech-companies-worldwide-by-market-cap/

UNCTAD (2019). Digital Economy Report 2019. Value creation and capture: Implications for developing countries. Geneva, United Nations.

Visual Capitalist (2021). “The World’s Tech Giants, Compared to the Size of Economies.” Disponibile al link: https://www.visualcapitalist.com/the-tech-giants-worth-compared-economies-countries/

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