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L’esposizione dell’edilizia scolastica al dissesto idrogeologico

Il 18,4% della superficie nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Un rischio che riguarda anche le scuole, soprattutto in aree interne e montane. La cura del territorio è cruciale per la sicurezza nelle zone soggette al dissesto idrogeologico.
Pubblicato il 24 Novembre 2022
Ambiente, Istruzione, Materiali, Scritti, Temi, Materiali

Il dissesto idrogeologico rappresenta una questione centrale per la sicurezza delle persone nel nostro paese. In base all’ultima mosaicatura effettuata da Ispra (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), il 18,4% della superficie nazionale rientra nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni.

Parliamo di quasi un quinto del territorio italiano, oltre 55mila chilometri quadrati. Nelle aree a pericolosità da frana elevata o molto elevata vivono 1,3 milioni di persone e si trovano 565mila edifici (il 3,9% del totale in Italia), 84mila imprese di industrie e servizi (1,8%), oltre 12mila beni culturali (quasi il 6% di quelli esistenti). Se si considera il rischio alluvioni, 2,4 milioni di abitanti vivono nelle aree a pericolosità elevata – dato che sale a 6,8 milioni per le aree classificate come a media pericolosità.

Una diffusione capillare che riguarda direttamente la vita delle famiglie, così come quella di bambini e ragazzi. E che coinvolge almeno due aspetti cruciali. In primo luogo, la capacità di prevenzione e cura del territorio. Sebbene il dissesto idrogeologico sia legato a caratteristiche morfologiche e geologiche, è essenziale mitigare i fattori antropici che lo possono favorire.

In secondo luogo, la questione riguarda anche la sicurezza delle comunità che vivono nelle aree a maggior rischio, di conseguenza anche quella degli edifici presenti, come ad esempio le scuole. Si tratta di luoghi in cui di apprendimento in cui bambini e ragazzi passano gran parte del loro tempo quindi è fondamentale che si trovino in aree sicure.

Approfondiamo l’incidenza del rischio dissesto nel nostro paese, dalla mappatura della pericolosità da frane alla presenza di edilizia scolastica nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico.

Come incide il rischio frane e alluvioni sul territorio nazionale

Per poter avere una mappatura degli eventi franosi, la “mosaicatura” definisce 5 classi di rischio frane: pericolosità molto elevata (P4), elevata (P3), media (P2), moderata (P1) e aree di attenzione (AA).

L’8,7% del territorio nazionale rientra nelle 2 categorie a maggior rischio, con una popolazione complessiva di circa 1,3 milioni di persone, il 2,2% dei residenti nel nostro paese. Sono 5 le regioni in cui tale quota supera il 5%: Valle d’Aosta (12,1%), Basilicata (7,0%), Molise (6,1%), Liguria (5,9%) e Abruzzo (5,6%).

Tra le province, quelle con la quota più elevata di residenti a rischio frana sono Verbano-Cusio-Ossola, Aosta, Lucca, Avellino, Salerno, Benevento, Potenza e Isernia. In questi territori sono oltre l’8%.

Come si osserva dalla mappa, il rischio frane incide in misura maggiore nei comuni collocati in aree montane e interne. Sono poco meno di 100 i comuni in cui più della metà dei residenti risiede in aree a rischio frana. Quasi 1 su 4 di questi si trovano in Piemonte. Un ulteriore 22,7% si trova in Campania.

Per quanto riguarda il rischio di alluvioni, definito come la possibilità che un’area possa essere inondata in uno scenario medio di probabilità, esso incide soprattutto nel bacino dell’Emilia Romagna. In questa regione oltre il 60% degli abitanti vive in aree di media pericolosità idraulica, a fronte di una media nazionale dell’11,5%.

In molte delle province emiliano-romagnole la quota supera il 50%: Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì-Cesena, Bologna, Modena e Piacenza. Ma il fenomeno coinvolge più abitanti della media in Toscana, Trentino-Alto Adige, Liguria, Calabria e Veneto.

Complessivamente, sono 326 i comuni italiani in cui oltre la metà della popolazione vive in aree con rischio alluvione medio. Rischi variabili e diffusi sul territorio, rispetto ai quali è fondamentale tracciare la presenza dell’edilizia scolastica.

Gli edifici scolastici in aree a vincolo idrogeologico

In media, il 6,7% degli edifici scolastici è censito in aree soggette a vincolo idrogeologico. Una quota ampiamente variabile sul territorio: la percentuale supera infatti il 20% nelle province di La Spezia (26,3%), Trieste (24,3%), Massa-Carrara (23%), Oristano (20,5%) e Siena (20,5%). E si avvicina a tale soglia in quelle di Cuneo (19,9%), Foggia (18,3%), Pesaro e Urbino (17,4%), Perugia (17,1%) e Isernia (16,1%).

Sono soprattutto i comuni delle aree interne ad avere patrimonio scolastico in aree soggette a vincolo idrogeologico. Mentre nei comuni polo, baricentrici in termini di servizi, la quota è attestata sotto il 5%, in quelli periferici supera l’11% e in quelli ultraperiferici arriva al 15,5%.

Tendenza che si ritrova anche nelle aree montane: nei comuni di montagna interna gli edifici scolastici in aree soggette a vincolo idrogeologico sono il 10,5% del totale; in quelli di montagna litoranea raggiungono il 14,3%.

Mentre nei comuni ad alto grado di urbanizzazione circa il 4% del patrimonio è classificato in aree vincolate, nelle zone rurali a bassa urbanizzazione la quota si avvicina al 12%. Si tratta di dati coerenti con l’analisi del fenomeno da parte di Ispra.

(…) l’abbandono delle aree rurali montane e collinari ha determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio. I cambiamenti climatici in atto stanno

inoltre determinando un aumento della frequenza degli eventi pluviometrici intensi e, come conseguenza, un aumento della frequenza delle frane superficiali, delle colate detritiche e delle piene rapide e improvvise

– Ispra, Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio – edizione 2021

Il progressivo spopolamento delle aree interne, unito ai cambiamenti climatici, ha un ruolo nella sicurezza di intere parti del territorio nazionale. Un aspetto da non sottovalutare, vista la rilevanza della questione.

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