Si avvicina la conclusione della scuola e si entra nel periodo degli esami, per le ragazze e i ragazzi all’ultimo anno di scuola. Un passaggio importante: in attesa di sapere con precisione quanti saranno quest’anno a svolgere la prova di maturità, possiamo dire che l’anno scorso gli studenti iscritti agli esami sono stati circa 540mila.
Nel 2021 era stato poi effettivamente ammesso il 96,2% dei frequentanti e si è diplomato il 99,8% di chi ha sostenuto le prove. Un passaggio mancato per ragazze e ragazzi che hanno lasciato la scuola prima del tempo. Nel 2021, ammonta al 12,7% la quota di giovani 18-24 anni che hanno lasciato i percorsi di istruzione e formazione con al massimo la licenza media.
Dati che ci ricordano l’impatto della dispersione scolastica esplicita (l’abbandono precoce degli studi vero e proprio) e quello – spesso sottovalutato – della dispersione implicita. Parliamo di chi, pur completando il percorso di istruzione, non raggiunge un livello di competenze adeguato.
Due forme diverse di dispersione scolastica
La dispersione scolastica totale si può infatti considerare la “somma” degli “abbandoni scolastici espliciti” (coloro che lasciano la scuola prima del tempo) e degli “abbandoni impliciti” (coloro che, pur non abbandonando la scuola, la completano con un livello di apprendimento inadeguato).
L’indicatore più utilizzato (ma non l’unico) per misurare il primo aspetto è quello formulato a livello europeo sugli abbandoni scolastici. Esso misura la percentuale di giovani, nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, che hanno lasciato gli studi con al massimo la licenza media e senza conseguire ulteriori titoli di studio o qualifiche.
Per misurare invece la dispersione implicita invece si ricorre alle rilevazioni Invalsi, valutando la percentuale di studenti che terminano la scuola con un livello inadeguato di competenze.
Partendo dal primo indicatore, nel nostro paese la quota di abbandoni scolastici espliciti è progressivamente diminuita negli ultimi anni. Anche sulla scorta degli obiettivi europei fissati nell’ambito dell’agenda Europa 2020, la quota di giovani che hanno lasciato la scuola prima del tempo è passata dal 17,8% del 2011 a circa il 13% attuale.
Nel decennio scorso l’Unione europea aveva fissato come obiettivo che – entro il 2020 – i giovani europei tra 18 e 24 anni senza diploma superiore (o qualifica professionale) fossero meno del 10% del totale.
Un miglioramento netto, che ha consentito di raggiungere l’obiettivo nazionale (16%), sebbene la soglia del 10% fissata in sede Ue resti ancora lontana. Un target che peraltro è stato reso ancora più sfidante nel febbraio 2021. In vista del 2030, infatti, le istituzioni europee hanno deciso di abbassarlo ulteriormente di un punto (9%).
Italia ai primi posti in Europa per abbandoni scolastici
Percentuale di giovani tra 18 e 24 anni che hanno solo la licenza media nei paesi Ue (2020).
Tuttavia, la quota di giovani senza diploma non è l’unico parametro attraverso cui valutare l’impatto della dispersione scolastica. Di fianco ad essa è importante considerare anche la percentuale di chi, pur concludendo formalmente il proprio percorso scolastico, non ha raggiunto le competenze minime necessarie.
9,5% gli studenti che nel 2021 hanno concluso la scuola superiore con competenze di base inadeguate (+2,5 punti in più rispetto al 2019).
Se all’abbandono esplicito rilevato nel 2020 si somma quello “implicito” di chi termina la scuola con un livello di apprendimenti insufficiente (rilevato da Invalsi a partire dai dati delle prove all’ultimo anno di istruzione), il tasso di dispersione scolastica complessiva sale di quasi 10 punti.
Quasi 1 giovane su 4 ha lasciato la scuola senza il diploma o comunque competenze adeguate
Composizione della dispersione scolastica totale (2020).
Un dato – quello della dispersione implicita – che mostra un aumento negli anni successivi alla pandemia, come rilevato da Invalsi attraverso i dati dei test:
“Analizzando i risultati delle prove Invalsi si osserva che nel 2021 in Italia il 9,5% degli studenti termina la scuola secondaria di secondo grado con competenze di base decisamente inadeguate, 2,5 punti in più rispetto al 2019“. (Invalsi, Le diseguaglianze che non si vedono senza dati per tutti, 2021).
Tale fenomeno ha un impatto anche sulle disuguaglianze territoriali. I dati relativi alle prove 2021, disaggregati su base comunale, mostrano come siano soprattutto le città e i territori del mezzogiorno a restare indietro.
Isolando i 100 comuni che nei test di italiano 2020/21 hanno raggiunto i punteggi più elevati tra gli studenti dell’ultimo anno, ben 90 si trovano nell’Italia settentrionale. In particolare 54 nel nord-ovest e 36 nel nord-est. Sono 7 quelli collocati nell’Italia centrale, mentre 2 si trovano al sud e 1 nelle isole.
Solo il 3% dei comuni con i punteggi Invalsi migliori si trovano nel mezzogiorno. Ai primi posti quasi solo comuni dell’Italia settentrionale. I territori con più comuni che si collocano ai primi 100 posti sono la provincia di Bergamo (9 comuni), seguita da Trento (6), Brescia (6) e Treviso (5). Si piazzano nella classifica con 4 comuni ciascuno le province di Vicenza, Verona, Torino, Sondrio, Monza e Brianza, Milano, Lecco, Cuneo e Como.
Al contrario, tra i 100 comuni con i punteggi più bassi, 63 si trovano al sud, 19 nelle isole, 11 nell’Italia centrale e rispettivamente 3 e 4 nel nord-ovest e nel nord-est. Nello specifico, 24 si trovano tra Napoli (9) e Salerno (13). Seguono la provincia di Cosenza (8 comuni tra i 100 con i punteggi medi più bassi), la città metropolitana di Reggio Calabria (6), la provincia di Caserta (5).
Nei comuni tra Crotone e Cosenza si rilevano i punteggi mediani più bassi
Punteggio medio nei test Invalsi di italiano (V superiore, a.s. 2020/21).
Calcolando i punteggi mediani nei comuni rilevati per ciascuna provincia, quelli più elevati si registrano nei territori di Lecco, Aosta, Sondrio e Bergamo. Mentre quelli più bassi si riscontrano nei comuni tra Cosenza e Crotone. Tra i capoluoghi, ai primi posti Sondrio (214,7 punti), Trento (208,3) e Aosta (208,2). In fondo alla classifica invece le città di Avellino (148,8), Cosenza (161,2), Carbonia (161,5) e Crotone (163,1).
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