Democrazia, Politica, Temi, Interventi

Una versione ridotta dell’articolo è stata pubblicata su “il manifesto” il 01.05.2021.

Sull’appello per il proporzionale sottoscritto dal Centro per la Riforma dello Stato, insieme ad altre associazioni, è dolosamente calato il silenzio in questi giorni. E la causa non è solo da ricondurre al protrarsi di una pandemia o alle allarmanti lentezze della campagna vaccinale. Se così fosse ne comprenderemmo i motivi. Le ragioni sono invece altre e discendono dal riemergere di una nevrosi che torna a serpeggiare nelle istituzioni, nei media, nei partiti: la nevrosi del maggioritario. In una sorta di loop ossessivo, consumati protagonisti di altre stagioni politiche, tornano oggi a narrarci le virtù del maggioritario e di quanto fosse bello il bipolarismo alla fine del secolo scorso. Da parte nostra, vorremmo invece sommessamente ricordare che non siamo più negli anni Novanta e che il maggioritario ha fallito in Italia sia nella versione uninominalista, sia nelle sue varianti “premiali”. Varianti liquidate dalla Corte di Cassazione e – ciò che più conta – dalla stessa Corte costituzionale come eccessive e foriere di «una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica». Una distorsione talmente pervasiva da compromettere alla radice finanche la «volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.» (sent. n. 1/2014).

Tamquam non esset, la direzione del Pd pare aver oggi imboccato proprio questa strada. Le ragioni rimangono oscure. Così come oscuro è il nesso, ricorrentemente agitato in queste settimane, con la crisi democratica e il disfacimento dei partiti che ha investito il nostro Paese. Perché, se così fosse (e lo è) la strada da imboccare dovrebbe allora essere un’altra: iniettare nel sistema più democrazia e dotarsi dell’unico sistema elettorale in grado di esprimere la reale composizione politica e sociale del Paese. Questo sistema è il proporzionale. Di converso, pensare di risolvere la crisi democratica puntando ossessivamente sul maggioritario sarebbe come pretendere di smontare la vite di una trave con una pinza. Dimostreremmo solo inesperienza e incapacità. Ma soprattutto rischieremmo di arrecare danni gravi all’architrave: la Carta repubblicana. Perché se c’è una lezione che abbiamo tratto in questi anni di ubriacatura maggioritaria è che il sistema delle garanzie inscritto nella Costituzione (elezione del Presidente della Repubblica, composizione della Corte, procedimento di revisione, riserva di legge…) può correttamente e coerentemente funzionare solo in presenza di un sistema proporzionale.

Il maggioritario non è nemmeno la soluzione più idonea per risanare il sistema dei partiti. Ed è anche quella meno efficace per risolvere i problemi del Pd. Se l’obiettivo della nuova segreteria è quello di rilanciare la forma partito, dotandosi di una nuova e più dignitosa veste, allora è bene che si sappia che l’auspicata svolta maggioritaria non è per il Pd la soluzione del futuro, ma una delle cause ataviche del suo attuale disorientamento.

Una condizione dalla quale il Pd aveva provato ad uscire, negli ultimi anni, schierandosi a favore della stesura di una nuova legge proporzionale. A tal punto che finanche il suo tormentato sostegno al referendum sulla riduzione dei parlamentari venne giustificato alla luce della sopravvenuta svolta proporzionalista (decisione – non a caso – osteggiata da tutti i “padri nobili” del Pd, discepoli indefessi del maggioritario: da Prodi a Veltroni). Una soluzione, quella referendaria, densa di ambiguità, ma tuttavia compatibile con una legge proporzionale. La stessa soluzione innestata in un contesto maggioritario è destinata, invece, ad assumere un carattere perverso e devastante. Far finta che nulla sia successo, annullare ex auctoritate i ripetuti pronunciamenti del partito a favore del proporzionale, non curarsi delle conseguenze costituzionali del referendum non è un buon viatico per ridare dignità al partito. Così come non è una buona intuizione neppure ritenere il maggioritario la soluzione più efficace per dare corpo a una coalizione democratica in grado di sfidare la destra.

La blindatura ex ante delle coalizioni non ha mai dato buona prova nella storia italiana. E domani sarà anche peggio vista l’estrema volatilità dell’elettorato, la dissoluzione dei vincoli di appartenenza, la crisi dei partiti. Crisi che il sistema maggioritario non potrà che aggravare ulteriormente, castrando il conflitto, comprimendo la complessità sociale, sterilizzando gli interessi.

A ciò si aggiunga che, in caso di riesumazione del cd. mattarellum, le singole formazioni politiche – essendo “costrette” a siglare le loro alleanze prima del voto e a indicare i loro comuni candidati nei singoli collegi – saranno fatalmente indotte, più che a presentare i propri programmi, ad annacquarli. Più che a rivendicare la propria cultura politica, ad edulcorarla per non urtare eccessivamente gli alleati. Una castrazione coatta destinata a esplodere in Parlamento solo successivamente sull’onda del proliferare di gruppi e sottogruppi senza programma politico, ma con l’obiettivo chiaro (in molti casi) di ricattare il governo di turno. Una patologia che nessuna riforma regolamentare sarà in grado di arginare del tutto (a meno che non si voglia introdurre il mandato imperativo, soluzione che non considero davvero auspicabile).

In questi drammatici mesi, segnati dalla pandemia e dalla crisi sociale, anche la questione democratica si è fatta più acuta. V’è bisogno di uno scatto di responsabilità. Le forze politiche non possono più permettersi di manovrare con dilettantismo e faciloneria i delicati congegni della rappresentanza, continuando a ispirarsi all’ultima istantanea scattata (a Vasto o Narni non importa) o all’esito delle ultime consultazioni (a partire dal 40% ottenuto dal Pd nelle elezioni europee del maggio 2014, Matteo Renzi ha costruito un’intera legge elettorale, poi dichiarata incostituzionale).

Ostinarsi in questa direzione non serve. Nessun risultato può ritenersi acquisito per sempre e nessuna alleanza potrà mai essere ermeticamente blindata attraverso una legge. Le variabili della politica sono infinite. Ciò che le forze parlamentari dovrebbero oggi fare è blindare semmai i principi della rappresentanza democratica. Ma per farlo serve il proporzionale.

Un commento a “L’inganno maggioritario nuoce al Pd”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *