Articolo pubblicato su “Guerre di Rete” il 07.06.2025: https://guerredirete.substack.com/p/guerre-di-rete-musk-trump-la-posta

La notte dei lunghi tweet, come l’ha chiamata qualcuno, tra Musk e Trump è al momento più divertente da vedere che facile da decifrare.
Il duello rusticano combattuto con mazzate da un social personalistico all’altro è esploso dopo pochi giorni che l’ad di Tesla si è dimesso dalla guida del Dipartimento per l’Efficienza governativa (DOGE), dove era stato investito della missione di tagliare la burocrazia statunitense, ridurre le spese, infilare i proprio fedelissimi, dare una rinfrescata di AI al tutto. Le dimissioni non sono state proprio una sorpresa: come nota Wired, “la qualifica di impiegato speciale del governo comporta alcuni privilegi – come il non dover sottostare a una serie di accertamenti etici e finanziari – ma prevede un limite massimo di 130 giorni all’anno”.

Subito dopo Musk ha iniziato a denigrare il “Big, Beautiful Bill” di Trump, un pacchetto di spesa approvato dai repubblicani nei giorni scorsi. Non esattamente “bello” per Musk, che lo ha definito “un abominio disgustoso”, affermando che aumenterebbe significativamente il deficit del bilancio federale attraverso l’aumento delle spese per la difesa, il contrasto all’immigrazione e i tagli alle tasse. 

Come si sia arrivati al progressivo e poi esplosivo degrado della relazione fra i due è un tema complesso benché per molti annunciato o prefigurato da tempo. Sta di fatto che Trump aveva dato a Musk un accesso senza precedenti alla Casa Bianca e al governo federale. Soprattutto, la loro strana coppia ha simboleggiato anche una nuova era a Washington, in cui i leader tech della Silicon Valley hanno utilizzato le loro risorse e piattaforme per scendere in campo direttamente.

Dunque l’attuale faida sta mettendo sotto pressione alcuni dei più stretti collaboratori o alleati di Musk nell’industria tecnologica, tra cui lo zar di Trump per l’intelligenza artificiale e le criptovalute David Sacks, ma anche il sempre più politicizzato capitalista di ventura Marc Andreessen e altri investitori, affinché scelgano se allinearsi con Musk o continuare a sostenere il presidente, notano alcuni. Laddove per ora sembrano prevalere gli equilibrismi in attesa di capire gli sviluppi.

Dei circa 295 milioni di dollari che Musk ha versato ai repubblicani per le elezioni del 2024, la maggior parte è andata a Trump. Ma soprattutto, come mostrano varie analisi, hanno avuto un ruolo importante nella sua elezione.

D’altra parte il DOGE è stata solo l’ultima delle questioni in ballo per Musk. L’anno scorso alle sue aziende sono stati promessi, ha scritto il NYT, 3 miliardi di dollari in quasi 100 contratti diversi con 17 agenzie federali. La maggior parte dei contratti riguardava SpaceX, l’azienda di tecnologia spaziale. Anche Tesla, la sua azienda di veicoli elettrici, ha contratti con il governo federale (ma ha goduto soprattutto di sussidi federali).
D’altra parte, secondo il Washington Post, le sue società avrebbero ottenuto almeno 38 miliardi di dollari in contratti governativi, prestiti, sussidi e crediti d’imposta per i prossimi due decenni, di cui quasi due terzi negli ultimi cinque anni.

Sembra in effetti che Musk abbia tutto da perdere nello scontro con Trump, per ora. Mentre eravamo nel pieno del lancio di stracci fra i due, e lasciando anche perdere la greve allusione di Musk sulla presunta presenza del nome di Trump nei file di Epstein, l’ad di SpaceX minacciava (minaccia poi ritrattata) di ritirare la navicella Dragon, su cui la NASA fa affidamento per trasportare gli astronauti avanti e indietro dalla Stazione Spaziale Internazionale.

“A marzo – ricorda Passione Astronomia – due astronauti sono tornati sulla Terra a bordo della Dragon dopo essere rimasti bloccati sulla ISS per quasi nove mesi, dopo che la Boeing Starliner aveva avuto problemi tecnici ed era rientrata sulla Terra senza di loro”.

La società spaziale di Musk è attualmente l’appaltatore più importante della NASA. Con il razzo Falcon 9 e la navicella Dragon, SpaceX fornisce all’agenzia spaziale l’unico trasporto operativo di membri dell’equipaggio verso la Stazione Spaziale Internazionale. Inoltre, quando all’inizio di quest’anno la navicella Cygnus di Northrop Grumman è stata danneggiata durante il trasporto, SpaceX è rimasta l’unico fornitore di servizi cargo per la stazione spaziale per più di metà anno, e se la NASA dovesse rescindere i contratti con SpaceX, sancirebbe di fatto la fine della Stazione Spaziale Internazionale, scrive Ars Technica.

Anche il servizio Internet Starlink di SpaceX ha fornito comunicazioni essenziali alle forze armate USA, che ne hanno acquistato una versione governativa con il marchio “Starshield” per le loro future esigenze di comunicazione.
“Se l’amministrazione Trump interrompesse i rapporti con SpaceX, di fatto – continua Ars Technica – farebbe arretrare l’impresa spaziale statunitense di un decennio o più e darebbe al programma spaziale cinese, in ascesa, una chiara supremazia sulla scena mondiale”.

In attesa di vedere come evolveranno lo scontro, le ricuciture e le alleanze, un elemento (fra i mille che si potrebbero evidenziare) è lampante: affidare le proprie infrastrutture critiche e la sicurezza nazionale a privati resta un’incognita e un rischio per qualsiasi Stato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *