I fatti noti

Come è a tutti noto, è in atto da qualche tempo una strana e strisciante crisi delle banche occidentali; essa si manifesta da qualche parte, poi in qualche modo si calma o arriva il salvataggio, ma esce subito fuori in un altro posto. Non è tra l’altro assolutamente chiaro, anche se molti hanno in proposito una loro opinione personale, quanto si tratti comunque di un fenomeno passeggero, frutto dell’attuale nervosismo generale dell’economia e della politica nazionale e internazionale, o quanto invece si abbia a che fare con un fenomeno più serio, persino potenzialmente inquietante. Solo gli eventi futuri scioglieranno il mistero.

Ricordiamo incidentalmente che il quadro complessivo del settore registra il fatto che le prime quattro banche cinesi sono oggi le più importanti al mondo come dimensioni, mentre quelle statunitensi sono le più redditive, molto di più, come al solito, di quelle europee, che soffrono quindi su ambedue i fronti.

Come è anche noto, la crisi si è manifestata per la prima volta il 10 di marzo con il collasso di una importante, ma non grandissima, banca californiana, la Silicon Valley Bank (SVB), specializzata nel finanziamento delle imprese della Silicon Valley; quasi subito dopo, la crisi ha toccato alcune altre banche minori USA, tra le quali la Signature Bank; poi si è trasferita in Europa, dove abbiamo dovuto registrare il crollo di un mito, quello delle banche svizzere, con la crisi del Credit Suisse, salvato poi da un intervento dell’UBS, operazione che ha lasciato comunque molti dubbi, molte polemiche e qualche strascico giudiziario; ha poi sfiorato la potente Deutsche Bank, mentre successivamente abbiamo assistito alle difficoltà della statunitense First Republic, acquisita all’ultimo momento, salvandola, dalla JP Morgan Chase, almeno per le parti più interessanti. What next? Esistono banche ancora in pericolo, e quali sono? O si tratta di una semplice onda anomala, ormai in via di esaurimento?

Quali le possibili cause

Naturalmente ci si è subito affannati a ricercare le cause di tale curioso fenomeno.Tra i motivi della crisi, ci sono, come al solito, gli errori commessi dal gruppo dirigente della SVB, un management che ha preso di recente troppi rischi; incidentalmente, la banca californiana faceva mutui soprattutto ai ricchi e, sembra, a condizioni vantaggiose. Già più di un anno prima del fallimento esperti esterni e consulenti della banca avevano individuato i pericoli presenti nel bilancio dell’istituto, ma non sono riusciti a convincere il gruppo dirigente interno a cambiare strada (Vandevelde ed altri, 2023). Cose simili si potrebbero forse dire anche per altri casi. Ma naturalmente c’è di più.

Così a chi scrive è subito venuto alla mente come, dopo la crisi del 2008, le normative per il controllo degli istituti siano state rafforzate in Occidente in misura rilevante. Ma va ricordato anche che da molte parti, in particolare dal lato di molti economisti finanziari britannici (come è noto, la Gran Bretagna possiede forse le maggiori competenze sul tema), si è a suo tempo osservato come le nuove normative fossero ancora largamente insufficienti; in particolare sembravano ancora largamente inadeguati i livelli dei mezzi propri e di liquidità richiesti agli istituti. E almeno un cenno merita il fatto che da alcune parti si affermava, per chi scrive a ragione, che doveva essere del tutto rivisto il quadro istituzionale del settore, lasciando alle banche molto minori spazi di operatività: ma si veda su questo meglio più avanti.

Non poteva mancare, come è di rito in questi frangenti, l’autocritica della banca centrale, la Fed, a sottolineare l’inadeguatezza dei suoi organi di vigilanza. La Fed ha così rilasciato un documento di centinaia di pagine (Smialek, 2023), preparato da Michel S. Barr, un vicepresidente dell’istituto, in cui si documenta come gli standard di regolamentazione fossero troppo bassi e come la supervisione federale non sia intervenuta nel caso della SVB con la necessaria forza ed urgenza al fine di prevenire il collasso dell’istituto, mentre lo stesso Barr promette interventi per una più incisiva supervisione futura del settore. Mah, nel settore i rapporti tra controllori e controllati, negli Stati Uniti come anche altrove, fanno presto a diventare molto “rilassati”. Per altro verso, qualcuno ricorda come le norme di controllo dei rischi negli Stati Uniti siano enormemente dettagliate, ma come esse manchino per molti versi l’essenziale.

Il rapporto della Fed ha parole molto dure per il management della banca, ma mette l’accento anche sui mutamenti introdotti dallo stesso organismo di supervisione nel 2018, in piena era Trump, peraltro con un voto bipartisan (mutamenti che hanno allentato la supervisione su tutte le banche tranne che su quelle più grandi) nonché sull’opera successiva di qualche funzionario sempre nominato da Trump.

Parallelamente la Fed assicura per l’ennesima volta che il sistema bancario statunitense è solido; ma, come osserva Joseph Stiglitz (Stiglitz, 2023), gli investitori e i depositanti non hanno alcuna ragione di crederci. L’economista ricorda tra l’altro come Greg Becker, il capo della SVB, sedesse nel consiglio di amministrazione della Fed regionale che avrebbe dovuto controllare la sua banca. Peraltro il vice presidente della Berkshire Hathaway, ha dichiarato in questi giorni che le banche statunitensi siedono su di un grande volume di prestiti immobiliari in difficoltà.

Qualcuno ha intanto messo l’accento su un altro fenomeno, molto significativo, che può aver contribuito a scatenare la crisi, quello dell’influenza dei social media (Tett, 2023); si è scritto a questo proposito che si tratta della prima crisi bancaria scatenata da Twitter. Il fatto è che le difficoltà degli istituti si stanno manifestando con un ritiro da parte dei clienti di una parte consistente dei loro depositi nel giro di meno di una giornata. La velocità del mondo è cambiata, la gente comunica in maniera veloce e sposta il denaro velocemente (Vandevelde ed altri, 2023). In effetti, con l’utilizzo massiccio di internet e di programmi software sempre più sofisticati è oggi possibile che tutto avvenga sulla base di un semplice rumore anche infondato che circola sui social (un quarto del totale dei depositi è evaporato in poche ore nel caso della Silicon Valley Bank).

Le banche e i governi non sono preparati a trattare con il mondo dei social, che operano con la velocità di un lampo. Così le regole di Basilea domandano agli istituti di mantenere abbastanza liquidità per proteggersi in uno scenario in cui esse possono perdere al massimo il 5% dei depositi ogni giorno, mentre la realtà può oggi essere ben più grave.

Bisogna in ogni caso ricordare parallelamente come le banche siano costruite da un punto di vista tecnico sulla base di uno squilibrio temporale tra passività e attività; esse raccolgono depositi a breve termine mentre impiegano tali risorse per una grande parte a medio-lungo termine, in prestiti ai clienti e nell’acquisto di obbligazioni. Una richiesta quindi di ritiro massiccio dei depositi appare imparabile. Di più, nel nostro caso, ci troviamo di fronte al fatto che la politica in atto di aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali può comportare gravi perdite di valore del portafoglio di obbligazioni posseduto dagli istituti, che hanno per la gran parte rendimenti bassissimi, acquisite come sono in un periodo di tassi minimi.

Più in generale l’aumento dei tassi di interesse sta evidentemente provocando problemi a catena nel settore finanziario, dal momento in particolare che molti hanno a suo tempo approfittato del costo molto basso del denaro impiegandolo in attività magari poco liquide, mentre anche il Covid-19, la guerra in Ucraina, l’inflazione, le tensioni USA-Cina, con la minaccia anche di un processo di dedollarizzazione, comportano disorientamento e instabilità di fronte ad un futuro molto incerto su vari fronti.

Cosa fare

A questo punto ci si domanda ovviamente che cosa fare per evitare o ridurre al massimo l’impatto delle prossime eventuali crisi – crisi che sembrano una caratteristica strutturale del sistema bancario occidentale. Le risposte possono essere di almeno due tipi, la prima di carattere più tecnico ed immediato, la seconda di carattere più strategico.

Per quanto riguarda il primo livello, la risposta è implicita in quanto abbiamo visto al paragrafo precedente. Ci vorrebbero norme più stringenti sui livelli di mezzi propri e di liquidità degli istituti, mentre la vigilanza da parte delle banche centrali dovrebbe essere più attenta e basata su norme più stringenti, le procedure di salvataggio degli istituti pericolanti più rapide ed incisive, mentre si dovrebbe in qualche modo cercare di mettere un freno all’invadenza dei social nel settore; sarebbe anche necessario, ricorda Stiglitz (Stiglitz, 2023), una adeguata riforma del sistema di assicurazione dei depositi.

Ma tutto questo può non bastare a fronte al manifestarsi di eventi economici, politici, sociali, fuori controllo e i problemi delle banche non sono soltanto di tipo tecnico.

Ecco dunque che da tempo diversi esperti e operatori del settore (comunque una minoranza, per la verità) suggeriscono di cambiare alla base lo stesso modello finanziario con cui operano i vari paesi. Così c’è chi propone la creazione di strutture pubbliche specializzate per gestire i depositi, mentre alla banche si lascerebbe di effettuare prestiti, ma soltanto con mezzi propri e/o con un limitato accesso al debito; c’è chi, una variazione sul tema, si limita a predicare il narrow banking, cioè una struttura del settore con istituti cui è permesso di gestire i depositi su domanda solo in attività sicure e altamente liquide e proibire i prestiti al settore privato. Sullo sfondo, il suggerimento di Hyman Minsky, ancora più innovativo e largamente condivisibile, che suggeriva già molti decenni fa la socializzazione del credito.

Testi citati nell’articolo

– Smialek J., Fed Slams Its Own Oversight of Silicon Valley Bank in Post-Mortem, in “New York Times”, 28 aprile 2023, https://www.nytimes.com/2023/04/28/business/economy/fed-silicon-valley-bank-failure-review.html

– Stiglitz J., No confidence in the Fed, in Project Syndicate, 26 aprile 2023

– Tett G., Wake up to the dangers of digital bank runs, in “Financial Times”, 20 aprile 2023, https://www.ft.com/content/a60e543d-c950-4ebb-8da9-d6b0b359ad7b

Vandevelde M. ed altri, Silicon Valley Bank: the multiple warnings that were missed, in “Financial Times”, 24 aprile 2023, https://www.ft.com/content/1795b4a7-65b0-4053-a328-3c46c525ad71

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