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Le conseguenze del cosiddetto scandalo Qatargate sul sistema politico europeo rischiano di avere un impatto di portata ancora più rilevante di quanto possa apparire in questa fase, e non solo in considerazione della costante evoluzione delle inchieste in corso. Più in profondità, infatti, lo scandalo va a toccare nodi già estremamente sensibili per l’opinione pubblica, quali il rapporto con l’Europa e quello tra politica e corruzione.

È fin troppo evidente purtroppo che il Parlamento europeo e la famiglia socialista in particolare siano i soggetti politici e istituzionali destinati a subire i contraccolpi più pesanti ed immediati in termini di credibilità. Il rischio è di vederne una prima ricaduta diretta in occasione delle prossime dalle elezioni europee 2024 e della fase successiva, quella della nomina della nuova Commissione.

Questo scenario assume una nota ancora più amara se si considera come meno di un anno fa, all’inizio del 2022, l’ondata di commozione popolare per la scomparsa del Presidente Sassoli avesse rafforzato visibilità e prestigio dell’istituzione direttamente eletta dai cittadini, anche in virtù del rigore morale che egli aveva saputo trasmettere.

Il Parlamento europeo ha progressivamente lavorato in questi anni al rafforzamento del proprio ruolo di “casa della democrazia europea”, soprattutto con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009 e con il conseguente incremento delle proprie facoltà legislative e istituzionali. Anche per venire incontro a tali nuove funzioni, il Parlamento ha progressivamente introdotto riforme interne finalizzate ad esempio a rafforzarne l’apertura al pubblico, a garantire il massimo accesso ad atti e documenti, a razionalizzare e rendere più trasparenti le modalità di spesa per i parlamentari e per lo staff, a rivedere i propri regolamenti parlamentari.

I gravissimi episodi di corruzione emersi mettono alla luce in modo evidente che il Parlamento, in virtù della propria natura intrinseca di istituzione aperta a cittadini, portatori di interesse, comunità locali che agiscono sotto gli occhi di tutti, è il soggetto istituzionale più esposto a simili rischi di abusi e interferenze. Senza per questo arretrare in nessun modo rispetto alla dovuta condanna per lo scandalo, colpisce il contrasto rispetto all’altra istituzione incaricata della funzione legislativa nel sistema UE – ovvero il Consiglio – che è invece molto in ritardo rispetto agli standard di trasparenza introdotti dal Parlamento, molto più avanzati rispetto a tante altre istituzioni nazionali.

Guardando alla scadenza delle elezioni europee del 2024, è difficile intravedere in prospettiva uno scatto di reni capace di risollevare il prestigio del Parlamento.

Lo scandalo arriva al culmine di una fase molto particolare della dialettica inter-istituzionale europea, che va contestualizzata nel momento storico di eccezionalità innescato dalle crisi del Covid e dall’aggressione russa contro l’Ucraina. In questi frangenti infatti il ricorso da parte della Commissione e del Consiglio a pratiche di legislazione urgente, che pure hanno permesso una soluzione immediata a problemi straordinari quali l’approvvigionamento energetico o l’introduzione di misure economiche di sostegno contro la disoccupazione, sono tuttavia state introdotte sulla base di procedure giuridiche speciali che hanno escluso il Parlamento dal pieno meccanismo co-decisionale.

Dopo lo scandalo, gli occhi saranno inevitabilmente puntati sulle prossime azioni che il Parlamento deciderà di intraprendere per ridare trasparenza e lustro all’istituzione e per riportare la fiducia dei cittadini nei confronti della casa comune europea.

La risoluzione adottata dal Parlamento lo scorso 15 dicembre indica alcune misure immediate, quali la richiesta di istituire una commissione d’inchiesta sull’accaduto nonché una commissione speciale su come rafforzare l’azione europea in materia di trasparenza e lotta alla corruzione.

Nonostante l’esistenza di un quadro regolamentare già definito, oggi emerge tuttavia in modo palese che la disciplina attuale non è stata sufficiente. La risoluzione approvata dal Parlamento delinea una serie di strumenti che aiutino a prevenire e a contenere eventuali comportamenti devianti, come ad esempio un’estensione delle regole già vigenti sul registro di trasparenza per dar conto degli incontri dei deputati con le lobby. La risoluzione insiste poi anche sulla necessità di formalizzare l’istituzione di un organismo etico indipendente per controllare in modo complessivo i potenziali conflitti di interesse all’interno delle istituzioni. Tra le funzioni suggerite per tale nuovo organismo, potrebbero figurare il superamento del cosiddetto sistema delle revolving doors, che consente di passare senza stacco da una funzione parlamentare o di responsabilità politica a una funzione di rappresentanza di interessi specifici all’interno del sistema UE, o la definizione di regole per impedire viaggi non a spese proprie nonché per impedire doppi lavori, salvo esplicita autorizzazione.

Va ricordato che proprio in merito a queste due misure essenziali (registro di trasparenza e organismo etico) la posizione del Parlamento è stata sempre molto netta, ed è stato semmai proprio a causa delle riluttanze delle altre istituzioni o dei gruppi della destra (compreso il PPE) che poi i provvedimenti sono stati annacquati o rinviati sine die.

Questo contesto di particolare vulnerabilità dell’istituzione parlamentare europea viene amplificata dall’imbarazzo della famiglia socialista, che è scossa e frastornata proprio perché rappresenta l’epicentro di questo scandalo e la potenziale punta di un iceberg di corruzione ben più profondo.

La prima reazione del gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici è stata di iniziale choc, per passare poi subito a indignazione e rabbia. Alle prime dichiarazioni di sgomento, è seguita la rivendicazione di una diversità, di un vero tradimento dei propri ideali. La risoluzione presentata dal gruppo socialista (presentata prima quindi della versione comune adottata dal Parlamento) arriva infatti ad annunciare l’intenzione giudiziaria di presentarsi come “parte lesa”, soprattutto per rimarcare che il gruppo non sia stato condizionato né compromesso.

E tuttavia, se il profilo penale appare limitato a poche persone, il piano della responsabilità solleva dubbi molto rilevanti, in primo luogo per l’incapacità di aver colto alcuni comportamenti di voto decisamente sospetti né di riconoscere la pericolosità di certe relazioni tossiche.

Il Qatargate, infatti, crea ancora più indignazione, visto da una prospettiva di sinistra in Europa, dato che non si tratta solamente di una “ordinaria” faccenda di corruzione, che va anzi a toccare il nodo delle interferenze straniere da parte di paesi terzi. È questo un tema caldissimo e dibattuto nel Parlamento europeo fin dall’inizio della legislatura, che aveva portato all’istituzione di una commissione speciale proprio su proposta dei socialisti europei.

Sono molti quindi gli elementi politici che pongono la famiglia socialista in una condizione di estrema difficoltà e marginalità.

Lo scandalo Qatar presenta l’immagine dei Socialisti, alla vigilia delle elezioni europee 2024, senza la capacità di dominare gli eventi né con la ragionevole possibilità di giocare un ruolo chiave nel processo di nomina delle prossime cariche monocratiche europee.

A questa posizione di stallo dei socialisti fa eco invece un nuovo slancio strategico di una destra europea sempre più aggressiva. Non deve sorprendere la definizione di vera e propria “destra”: per la prima volta, infatti, non è più un tabù per i Popolari europei, spinti dalla nuova leadership di Manfred Weber, aprire un orizzonte programmatico e strategico comune con il partito dei Conservatori, presieduto da Giorgia Meloni. Il pilastro di questo nuovo orientamento è la Presidente del Parlamento europeo Metsola, sul cui nome si è già costruita una prima operazione politica di alleanza tra Popolari, Conservatori e Liberali al momento dell’elezione dei Vice-presidenti del Parlamento europeo, lo scorso mese di gennaio, e che è considerata da fin troppe fonti la candidata naturale per confermare questo nuovo assetto nell’estate 2024, al momento di nominare il nuovo Presidente della Commissione.

Questo contesto si lega necessariamente alla cronaca dei recenti scandali del Qatargate: la Presidente Metsola si è mossa fin dall’inizio con grande veemenza per tutelare l’istituzione, provando a profilarsi come simbolo della riscossa europea. Quello che appare davvero paradossale è che a rappresentare l’esigenza di un rinnovamento – e a mettere alla porta i socialisti europei – si faccia interprete la capofila della famiglia politica europea – i Popolari – che è da sempre la più impermeabile alle richieste di riforma interna e di trasparenza.

Eppure, il potenziale per un’azione comune delle sinistre in Europa potrebbe trovare un terreno molto fertile, guardando anche alle importanti conclusioni della Conferenza sul Futuro dell’Europa elaborate appena sei mesi fa, che hanno marcatamente evidenziato la richiesta di provvedimenti più ambiziosi da parte dell’Europa sul tema della sostenibilità, della trasparenza, della lotta alle disuguaglianze, dell’integrazione politica. Ancora una volta, su tutte queste sfide la destra dei Popolari e dei Conservatori si pone in modo profondamente ostile, non solo per la contrarietà a sostenere un reale processo di riforma dei Trattati (che peraltro, con onestà intellettuale, occorre riscontrare anche nei due governi socialdemocratici di Finlandia e Danimarca) ma soprattutto per l’ostentata volontà di rivedere in modo conservatore alcuni pilastri dell’Unione europea, quali la primazia del diritto comunitario e l’articolazione del principio di sussidiarietà.

Lo scandalo Qatargate infiamma necessariamente l’opinione pubblica e toglie ai socialisti europei e a tutta la sinistra la credibilità di porsi come reale alternativa politica. Occorrerà ora vedere se il passare del tempo farà decantare la situazione e permetterà di far emergere tutte le contraddizioni del blocco della nuova destra, o se al contrario andrà a creare una svolta storica nel sistema politico europeo.

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