Capitalismo, Democrazia, Politica, Temi, Interventi

Trascendenza

Guerra è l’ingiustizia
degli uomini

non la giustizia
di Dio.

La giustizia non è violenza.

[da Romano Romani, Atlantide, Fiesole, Cadmo, 2017, pagina 33]

Non è mai giusto fare la guerra perché non è mai giusto uccidere un essere umano e non è mai giusto compiere una violenza.
La nozione di giustizia esiste perché la parola rende gli esseri umani responsabili delle proprie azioni e chi è responsabile delle proprie azioni cerca di darne una spiegazione per assumersene la responsabilità di fronte a se stesso e di fronte agli altri.

Un predatore non deve giustificare di fronte a nessuno l’uccisione della preda. Gli animali carnivori uccidono le loro prede perché questo comporta la loro natura.
È dunque assai singolare che lo scrittore latino Fedro si sia inventato una favola nella quale un lupo cerca di giustificare l’uccisione di un agnello.
Questa favola, che tutti conoscono, è forse la prima critica popolare della guerra, la prima presa di coscienza di due cose:

  1. La guerra non è giustificabile;
  2. La guerra è, nell’essere umano, un comportamento da animale predatore, ma non con un’altra specie animale, bensì con i conspecifici.

Fin dai tempi più antichi, dunque, gli esseri umani cercano di dimostrare che la guerra che hanno deciso di intraprendere è giusta, ma non lo è mai.
Come non è mai giusto, per un essere umano, uccidere un altro essere umano. Si può definire – e considerare – la guerra una malattia del genere umano che, nell’epoca che viviamo, mette in pericolo la stessa sopravvivenza della nostra specie nella sua totalità.

Non ci si è fatto caso, e si continua a non farci caso, ma Platone, nel secondo libro della Repubblica, cerca di dire come è nata la guerra. Non ci si fa caso perché si è cercato, nei secoli e nei millenni che ci separano dall’epoca classica greca, di ignorare che la prima Polis che vorrebbe fondare con il suo discorso il Socrate platonico, non conosce la guerra.
È una Polis inaccettabilmente rozza, osservano in nota i commentatori, forse la Polis che teorizzava Antistene e che, certamente, Platone considerava con disprezzo e, per mettere in evidenza questo disprezzo, ne ha parlato.
Il fatto è che questa Polis che non conosce la guerra costringe poi Socrate a dire come la guerra, che è una ovvietà nella Polis malata, gonfia di lusso, della quale Glaucone lo costringe a parlare, sia nata.
V’è dunque in questa grande e famosa opera di Platone, una Polis sana che non conosce la guerra e una Polis malata che la conosce e che, dovendo darsi il miglior governo possibile, mette a capo di questo governo i filosofi che sono stati costretti a fare i soldati.
Questo, nei secoli e nei millenni, è stato considerato (e ancora è considerato) lo Stato ideale secondo Platone.

Chiunque può leggere, nelle numerose traduzioni, le righe della Repubblica che in 372d e seguenti parlano di questo argomento.
In sintesi, Socrate dice che la guerra nasce da una mancanza di misura, dal desiderio di produrre e procurarsi una sovrabbondante quantità di beni. Questo veniva scritto nel quarto secolo avanti Cristo. Si guardi oggi in che condizioni l’economia capitalistica ha ridotto la società e il nostro pianeta.
Nonostante la nascita e lo sviluppo, in Occidente, delle democrazie, nella modernità il capitalismo ha assunto l’aspetto di una economia di guerra organizzata in modo sempre più autoritario. I conflitti, sociali e tra i vari popoli, hanno mostrato fin qui di aver accresciuto la sua efficienza e distruttività. La libertà di pensiero dei popoli che hanno un governo democratico è l’unica contraddizione al suo interno. Una contraddizione di natura politica, ma la politica è in profonda crisi nei maggiori paesi a economia capitalistica.
La guerra ha dunque assunto negli ultimi cento anni un ruolo sempre più minaccioso e ossessivo per l’umanità.

Curare l’umanità dalla guerra è assumere un atteggiamento indipendente da ogni motivazione che cerca di giustificarla e considerare chi è in guerra soltanto un essere umano, un fratello in quanto appartenente all’umanità. Nelle guerre si soffre e si muore, ma anche: la guerra non soltanto produce ingiustizia, ma nasce sempre dall’ingiustizia. Essere per la pace non è soltanto soccorrere le vittime della guerra, ma anche le vittime dell’ingiustizia, ovunque si trovino.
Per superare il capitalismo non è utile dichiarargli guerra, perché la guerra non sarà mai distrutta dalla guerra. Per superare il capitalismo si deve curare la guerra, ovvero curare l’umanità dalla guerra.

Questo mi sembra il messaggio della vita e dell’opera di Gino Strada.

Vorrei ancora dire una parola sulla giustizia. Prendo nuovamente le mosse da una affermazione di Socrate nel secondo libro della Repubblica citato sopra. Egli infatti dice che la giustizia si identifica con il bene più alto, quello dal quale scaturisce la possibilità di essere felici. Fare giustizia, dunque, in qualsiasi caso, in qualsiasi circostanza, è rendere un essere umano il più libero e il più felice possibile.
Giusto è un essere umano libero e felice, capace di rendere liberi e felici altri esseri umani.

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