Diritto, Femminismo, Temi, Interventi

Ancora una volta il dibattito sulla gestazione per altri si è riaperto nel nostro Paese – dove è vietata – in relazione alla possibilità di riconoscere i diritti delle bambine e dei bambini figli di coppie omogenitoriali. Marisa Nicchi su questo sito ha ricostruito la lunga storia di questa discussione, dal 2016 ad oggi.

Ebbene, adesso prima una circolare del Ministero degli Interni ha fermato nei Comuni la trascrizione degli atti di nascita, poi, negli stessi giorni, c’è stato il voto della Commissione Politiche europee del Senato contro il riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso in tutta Europa: un parere negativo che la maggioranza di destra ha dato al regolamento europeo finalizzato a istituire un certificato europeo di filiazione. Tutto nel nome di un possibile riconoscimento per via surrettizia della gestazione per altri. Un passo indietro in tanti Comuni, un muro alzato nei confronti di famiglie che tali sono all’estero e che qui non si vedrebbero riconosciute, con grave lesione dei diritti dei minori, a cui viene negato il diritto alla vita familiare.

Ma la destra, ottusamente non riconosce queste famiglie, non pensa di togliere ai bimbi un genitore, che a loro non pare tale per assenza di relazione biologica. Si ritorna, come ha giustamente sottolineato Chiara Saraceno, alla discriminazione sulla base del modo di venire al mondo, come succedeva con i figli illegittimi (la Repubblica, 1° marzo 2023).

A me questo pare un punto dirimente, lo voglio dire prima di iniziare qualsiasi discussione sulla gestazione per altri. Lo hanno scritto chiaramente Fulvia Bandoli e Franca Chiaromonte (il manifesto, 22 aprile 2023). A tutti i bambini vanno riconosciuti status giuridico, genitori e diritti civili; quello sulla loro origine è un interrogativo irricevibile se diventa ostativo al riconoscimento dei diritti fondamentali.

Ed è questa la vera priorità da affrontare per il legislatore. Ci sono bambine e bambini, famiglie discriminate, persone in carne e ossa, a cui non viene riconosciuta la vita familiare che conducono, le relazioni parentali. Una sentenza della Cassazione a fine 2022 ha escluso la trascrizione automatica dell’atto di nascita di bambini di due padri, nati da maternità surrogata, vietata in Italia, perché contrario all’ordine pubblico, ma ha confermato la possibilità di trascrivere l’atto di nascita estero del figlio di due madri. Cosa che alcuni sindaci hanno deciso di continuare a fare, chiedendo un intervento legislativo per quanto riguarda la trascrizione di atti relativi a due padri.

Invece la destra al governo chiude su questo e mette all’ordine del giorno il cosiddetto divieto universale della Gpa. Alla Camera dei deputati è iniziato l’iter di discussione della proposta di legge a prima firma Varchi, composta da un solo articolo, che applica le pene previste dell’articolo 12 della legge 40 del 2004 anche ai casi in cui il fatto sia commesso all’estero. Questo significa, in caso di gestazione per altri nei paesi in cui è legale, la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro. Una proposta già presentata nella scorsa legislatura da Giorgia Meloni, che avevamo bocciato in Commissione giustizia. È una proposta demagogica e illusoria che dovrebbe trovare, e penso troverà, la contrarietà anche di chi ha opinioni diverse sulla legalizzazione o meno della gestazione per altri.

Del resto, adesso che sono al governo non c’è campo in cui le proposte della destra non si declinano in un rafforzamento dell’intervento penale, dal decreto rave ai danneggiamenti al patrimonio culturale.

Il punto è come rispondiamo noi, campo progressista, sinistra, per quel che mi riguarda Partito Democratico e le donne democratiche, femministe varie e plurali, al panpenalismo che si sta inverando qui e ora.

Ad Elly Schlein, appena diventata segretaria, è stato rivolto un appello di femministe, Arcilesbica, Udi e molte altre perché si schieri, con il partito che dirige, contro il “ricorso alla surrogazione di maternità all’estero”; un appello che lega il dibattito sulla discriminazione dei bambini della coppie omogenitoriali al tentativo surrettizio di accettare la surrogazione. A quell’appello ha fatto seguito una lettera aperta di altre femministe per le quali sulla Gpa non servono appelli ma un dialogo aperto e costruttivo che guardi alla tutela dei bambini e delle bambine. E quindi la dichiarazione di Elly Schlein di disponibilità a discutere con tutti i femminismi sulla Gpa.

Se penso alle donne del PD, non è la prima volta che ci confrontiamo da posizioni diverse. Anche sul disegno di legge contro l’omotransfobia, prima di schierare a sostegno la Conferenza delle democratiche abbiamo avuto momenti di confronto tra posizioni diverse.

Sulla gestazione per altri è ancora più necessario confrontarsi abbassando davvero i toni e provando a conoscerne la realtà, i modi diversi in cui viene permessa dove è possibile. Cosa facile a dirsi, ma difficile da fare se appena lo si propone si viene scomunicate come alleate di chi vuole sfruttare il corpo delle donne, di chi vuole impossessarsi della competenza femminile sulla maternità, da parte di chi vede nella coppie di padri gay i moderni alfieri del patriarcato.

Si riesce a discutere guardando alle relazioni, alla concretezza delle vite, alle diversità delle situazioni e delle condizioni in cui nel mondo viene praticata la gestazione per altri? Con una discussione che interroghi e ascolti realmente le donne che portano avanti una gravidanza per altri, senza ridurle a un utero affittato? Perché il paradosso di chi nomina così la Gpa e sostiene di farlo per difendere le donne dallo sfruttamento e dalla riduzione del corpo femminile a mero contenitore di un processo vitale è che a sua volta rende muti quei corpi, negando a quelle donne parola e autonomia di decisione sulla possibilità di procreare per altri. Come si può contrastare lo sfruttamento delle capacità procreative delle donne senza prendere sul serio la loro autonomia e consapevolezza? Perché il divieto tout court significa non riconoscere mai la possibilità che una donna scelga la Gpa.

Qui parlo per me, che non ho certezze in questo campo e diffido di quelle degli altri. Già nel 2017 provai con Giorgia Serughetti in Libere tutte, a proporre uno spazio di riflessione aperto tra due estremi, il mito dell’individuo liberale proprietario di sé, che un certo femminismo declina anche in ambiti quali la riproduzione e procreazione, e la prescrizione paternalista di un bene superiore delle donne, che non riconosce mai le libere scelte delle donne, in ogni caso non in ambiti come la Gpa.

L’ho scritto a suo tempo, (Gestazione per altri. Le figure in gioco, “Leggendaria”, n. 115, 2016) vorrei poter discutere della gestazione per altri abbandonando il terreno dello scontro tra favorevoli e contrarie, tra divieti e norme, tra sfruttamento e libera scelta, per guardare alle figure in gioco; non sfuggire alla necessità di dare un senso e fare i conti con il moltiplicarsi delle figure materne, da cui nessun divieto statale ci salverà. Madre genetica, madre sociale, madre gestante: nominiamo questo mutamento, non solo per le donne e le madri coinvolte, ma anche per chi nasce. La scena della nascita nel tempo delle tecnologie riproduttive è profondamente cambiata, si sono moltiplicate le figure che possono contribuire alla nascita di un bambino o di una bambina, rimescolando le carte tra corpi, desideri, genitorialità, differenza sessuale. Qualche giorno fa nel Regno Unito è nato un bimbo con il dna di 3 genitori: è stato utilizzato una parte del tessuto degli ovuli di una donatrice per creare embrioni privi di mutazione dannosa. Le possibilità offerte dalle tecniche si ampliano e con loro quello delle relazioni che rendono possibile la nascita di una bambina o un bambino.

In questo scenario la Gpa prima ancora che una tecnica è una pratica sociale, che separa gestazione e maternità, gestazione e genitorialità. È in ogni caso un abominio, per chi partorisce e per chi nasce? Certo avviene in un mondo dove dominano sfruttamento, anche dei corpi, scambi diseguali, condizionamenti dettati dal bisogno economico, squilibri tra paesi ed economie. Di tutto questo dobbiamo tenere conto, e devono tenerne conto le norme, ma l’organizzazione materiale del mondo non esclude che esistano e si possano compiere scelte per solidarietà, gratuità, desiderio di fare qualcosa per altri, per il loro desiderio di maternità o di paternità.

Lo ha scritto molto bene Laura Ronchetti intervenendo in questo dibattito promosso da CRS: “La maternità surrogata intesa come sfruttamento delle capacità procreative delle donne è senza dubbio una condotta molto grave, penalmente rilevante. L’assolutezza di tale divieto fino a criminalizzare la consapevole e libera scelta della gravidanza in solidarietà, però, rispecchia (…) l’incompiutezza di una costruzione simbolica, politica e giuridica, in special modo costituzionale, dell’autodeterminazione sessuale e riproduttiva delle donne”.

La questione centrale è dunque riconoscere dove agisce l’autodeterminazione, come farne la bussola di questo scenario, in cui permane l’asimmetria dei sessi nella generazione umana. L’asimmetria rende la donna che partorisce la figura centrale di questo sistema di relazioni, a lei spetta l’ultima parola sulla gestazione e sui rapporti che vorrà avere con la persona messa al mondo.

Si può discutere di questo e provare a capire cosa significhi in termini di norme e regolamentazione?

Qui il PDF

2 commenti a “Gpa. Il diritto in carne e ossa”

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