Democrazia, Politica, Salute, Temi, Interventi

La sanità pubblica italiana attraversa tempi molto difficili: è in corso un’accelerazione di quei processi che da tempo stanno minando alcuni principi costitutivi del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN), mettendone a repentaglio attività e tenuta. È bene ricordare che quest’ultimo, nato dai conflitti degli anni Sessanta e Settanta, ha segnato il momento di maggiore qualificazione democratica del welfare italiano ed è stato improntato da universalità di copertura, equità di accesso e uguaglianza di trattamento, globalità dell’intervento sanitario, uniformità territoriale, controllabilità e partecipazione democratica, finanziato tramite la fiscalità generale progressiva. I cambiamenti subentrati a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso in Italia e nel contesto internazionale, con la riorganizzazione del capitalismo in chiave neoliberale, hanno segnato una inversione di rotta, le cui conseguenze più gravi sono state portate alla luce dalla pandemia da Covid-19. Quest’ultima ha reso infatti evidenti le inadeguatezze delle condizioni precedenti: i limiti che si sono mostrati nel servizio sanitario pubblico a fronte dell’impatto dell’emergenza sono derivatisoprattuttodal suo depotenziamento, dallo spazio lasciato alla sanità privata, dall’indebolimento della medicina territoriale, che aveva informato la fisionomia originaria del SSN.

La pandemia sembrava aver riportato al centro dell’attenzione pubblica il diritto alla salute, fisica e psichica, individuale e collettiva. In questa chiave essa poteva essere l’occasione per tornare a potenziare l’assetto sanitario nazionale sotto più profili, compreso quello essenziale delle attività di prevenzione e delle cure primarie. I recenti sviluppi mostrano invece come la direzione intrapresa sia tutt’altra. La fotografia più recente è venuta dai nuovi dati Ocse, che mostrano come in Italia la spesa sanitaria per abitante (pubblica e privata) nel 2022 è stata pari a 4.290 dollari, poco più della metà di quanto si è speso in Germania (oltre 8 mila dollari), mentre in Francia la spesa è stata di 6.500 dollari. Le previsioni per la sanità pubblica per il 2025 prevedono una spesa del 6,2% del PIL, un dato al di sotto dei livelli pre-Covid in Italia e molto inferiore alla spesa dei maggiori paesi europei. Il Governo attuale ha portato a una grave accelerazione di questi processi. Il piano di riforma fiscale – che abolisce l’IRAP (finora destinata a finanziare la sanità), estende la flat tax contro il principio della progressività, aumenta le agevolazioni per le assicurazioni private – avrà un effetto immediato di riduzione delle risorse pubbliche per la salute. Nonostante la grave carenza di medici e infermieri, vengono mantenuti i tetti di spesa per il personale sanitario, aumentano i contratti precari e la tentazione di fuga, soprattutto dai settori più usuranti, verso strutture private o verso altri paesi, cresce il ricorso e gli incentivi ai costosissimi medici a gettone. Il risultato è una riduzione dell’offerta di servizi, il ricorso alle prestazioni private dei medici che lavorano intramoenia nelle strutture pubbliche, crescenti divari tra le regioni nella qualità e quantità dei servizi forniti, espansione della sanità privata. Sul fronte del PNRR – che peraltro non prevedeva sin dagli inizi gli aumenti di spesa corrente necessari a far funzionare le strutture previste – le Case e gli Ospedali di comunità, le recenti proposte del governo Meloni, vanno nella direzione di un loro ridimensionamento1.

Laboratorio su salute e sanità

Per discutere di tutto questo il Laboratorio su salute e sanità – Laboss – ha organizzato un seminario residenziale (Fiesole, 6-8 settembre) coinvolgendo studiose e studiosi, dottorandi e dottorande, medici delle diverse specialità, epidemiologi, operatori e operatrici sanitari e dei servizi sociali, persone attive nell’associazionismo (Cittadinanzattiva, Medicina democratica), sindacato (soprattutto esponenti della CGIL), associazioni professionali (ANAOO)2.

Laboss è nata come una rete multidisciplinare di studiose e studiosi impegnati su questi temi nell’obiettivo di condividere analisi e approfondimenti, promuovere linee di ricerca coordinate, costruire interpretazioni comuni, prospettare possibili alternative per le politiche su salute e sanità in Italia, con una prospettiva internazionale. L’intento di Laboss è di contribuire a rendere più informato il protagonismo dei soggetti sociali e della politica in tema di salute, promuovere una riflessione a partire da cui dedurre possibili implicazioni per future azioni di ricerca e di innovazione nelle politichedella sanità e del welfare pubblico. La sfida del seminario residenziale, che ha visto un’ampia partecipazione intergenerazionale, era e resta – per l’agenda futura – quella di un’elaborazione e di un confronto volti a qualificare la discussione scientifica e politica, nell’obiettivo del rilancio, della riqualificazione e del potenziamento del servizio sanitario pubblico. Un servizio universale, egualitario, qualificato, appropriato, efficace, capace di soddisfare i bisogni di salute della popolazione, collocato nel quadro di nuove politiche di welfare socio-sanitario all’altezza di antiche e nuove esigenze di giustizia sociale. Efficace il titolo delle giornate residenziali: Il Servizio Sanitario Nazionale è in pericolo. Le sfide dell’universalismo. Tre gli assi tematici trattati: universalismo in sanità e le trasformazioni del welfare; pubblico e privato in sanità; diseguaglianze nella salute e nella sanità.

L’universalismo in sanità e le trasformazioni del welfare

Le sfide dell’universalismo tornano a porsi con stringente attualità. Rendere esigibile il diritto alla salute, come diritto sociale e di libertà, diritto umano fondamentale, significa garantirne l’universalità e l’effettività, difendendo e rilanciando lo strumento idoneo alla realizzazione di questi obiettivi: il Servizio sanitario nazionale. In Italia, storicamente, l’istituzione del SSN permise di superare le numerose inadeguatezze e disparità del precedente assetto ereditato dal fascismo, affermare l’universalismo nell’accesso e nella disponibilità di cure e servizi, predisporre il carattere democratico del nuovo assetto sanitario, attuare alcuni dei principi più avanzati presenti nella Costituzione, garantire risultati di salute e obiettivi di uguaglianza. Di rilievo, le premesse costruite già dagli anni Quaranta del Novecento, con l’affermarsi del “modello Beveridge”, la nascita dell’Organizzazione Mondiale di Sanità e la creazione del National Health Service britannico.Tuttavia,a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso la sanità è divenuta uno degli ambiti privilegiati di applicazione di nuove politiche di welfare adottate da più governi occidentali, orientate al suo ridimensionamento, alla sua ridefinizione e a una generale riconfigurazione dell’intervento dello Stato rispetto al mercato, con minor tutela dei diritti sociali. Questa lunga traiettoria storica è stata affrontata dagli interventi di Nicoletta Dentico, Chiara Giorgi, Gavino Maciocco, Giovanna Vicarelli, sino agli esiti più attuali.

Pubblico e privato in sanità

I cambiamenti introdotti a partire dalla riduzione dell’intervento pubblico destinato a garantire i diritti sociali e dalla privatizzazione dei servizi di welfare, con l’entrata delle logiche di mercato e concorrenza nelle attività legate alla riproduzione sociale, sono un tema cruciale di riflessione. Si tratta allora di portare alla luce le conseguenze che questo processo di privatizzazione e crescente finanziarizzazione ha avuto nell’ambito sanitario e di rintracciarne le dinamiche più recenti, ivi compreso il progressivo dirottamento di risorse pubbliche verso la sanità privata. Come ha mostrato l’intervento di Marco Geddes la presenza del privato in sanità, conseguente al progressivo definanziamento della sanità pubblica, interessa molti aspetti ed è in forte crescita anche nei paesi in cui è presente un servizio pubblico. Di essa si è offerto un quadro molto aggiornato, con dati e analisi riferiti soprattutto alla realtà italiana, sia sotto il profilo del finanziamento, sia in relazione all’erogazione di prestazioni sanitarie. Rispetto al primo aspetto, si registra un incremento della spesa sanitaria sostenuta direttamente dai cittadini per l’acquisto di servizi sanitari privati (out of pocket), che rappresenta più del 20% della spesa sanitaria complessiva. Queste risorse si traducono in nuova domanda per ospedali e centri diagnostici privati, così come cresce il ruolo delle società di assicurazione che forniscono servizi in campo sanitario, favorite dagli incentivi offerti al welfare aziendale con la defiscalizzazione dei contributi pagati dalle imprese. Oltre 300 fondi sanitari di cui l’85% riassicurati e/o gestiti da compagnie assicurative, più di 10 milioni di iscritti, una distribuzione territoriale concentrata soprattutto nel nord-ovest e nel nord-est. I contributi versati ai Fondi portati in deduzione da persone fisiche assommano a oltre 11 miliardi di euro per un onere a carico della fiscalità generale di circa 3 miliardi e mezzo di euro. Il tutto senza nessuna evidenza che il privato sia più efficiente, più qualificato, più efficace, come mostra la stessa penalizzazione della prevenzione che infatti non genera profitti.

In questa traiettoria pesano molto la strategia e il modello di privatizzazione della sanità lombarda e incombe ora il progetto di autonomia regionale differenziata che, qualora passasse, porrebbe fine al modello di sanità pubblica universalistica. Avremmo un’esplosione delle disuguaglianze nella salute, con prestazioni erogate e qualità dei servizi estremamente differenziati tra le regioni del Paese. Negli ultimi anni più narrazioni e proposte hanno accompagnato il depotenziamento della sanità pubblica: dalla sua “insostenibilità” sul piano finanziario; all’incoraggiamento delle assicurazioni private per la diagnostica e le cure specialistiche, sino all’idea – la più pericolosa – della fuoriuscita dal Servizio sanitario nazionale dei cittadini ad alto reddito. In questo modo i più ricchi smetterebbero di contribuire al finanziamento dei servizi pubblici, con una sanità pubblica “per i poveri” destinata a degradarsi e isole di eccellenza privata riservate a chi può pagarsi le cure.

Le diseguaglianze nella salute e nella sanità

Quali, quante, perché, cosa bisogna sapere e studiare, cosa si dovrebbe e potrebbe fare. Il focus di Giuseppe Costa si è concentrato soprattutto sulle disuguaglianze sociali nella salute, essendo queste a maggiore impatto sulla salute, contrastabili tramite politiche universaliste.

La relazione di Silvio Garattini, Ricerca e produzione pubblica dei farmaci e dei vaccini, ha a sua volta fatto luce sulle disfunzioni della ricerca farmaceutica, sull’eccedenza di farmaci non innovativi, sulla subalternità alle multinazionali farmaceutiche, sulla penalizzazione delle donne rispetto alla costruzione di profili medici e sanitari basati sul modello maschile, ossia sulla rimozione della differenza di sesso e genere, su cui peraltro sono tornati altri interventi.

La tavola rotonda finale con interventi dalla Germania, dalla Grecia, dalla Francia, dal Portogallo e dall’Inghilterra ha restituito un quadro dei problemi e degli arretramenti in Europa delle politiche pubbliche e universali per la salute; ma anche ha suggerito l’urgenza di mobilitazioni capaci di fare della salute un terreno cruciale di conflitto, convergenze, nuove narrazioni, contro-egemonia. Il ricco e partecipato confronto di Fiesole ha così permesso di far luce sugli aspetti più rilevanti dell’attuale assetto sanitario, sui nessi fondamentali tra tasse e servizi, sui contenuti e sui percorsi di formazione del personale sanitario e della sua dirigenza, sui rapporti tra pubblico e privato e, in generale, sulle scelte di fondo – e gli interessi sottesi – che sono state fatte negli ultimi anni in tema di salute, in Italia come nel resto del mondo. A emergere con forza è la necessità – oramai un’urgenza – di un impegno volto a formulare un progetto che rimetta la salute al centro del cambiamento sociale, in una visione organica capace di ripensare alla sanità in base ai bisogni individuali e collettivi, ai risultati di salute, agli obiettivi di uguaglianza. La questione della salute non è più, non può più essere, un tema “di settore”, da lasciare agli addetti ai lavori: è un tema politico al centro di visioni contrapposte sulla società e sui diritti, che richiederebbe di aprire un più ampio dibattito in Italia e in Europa.

La salute, ambito costitutivo della vita umana, rappresenta oggi un banco di prova decisivo per rilanciare e risignificare l’universalismo, nella stessa direzione indicata dalla nostra Costituzione. La tenuta, il potenziamento e la riqualificazione di un servizio sanitario pubblico – senza discriminazioni di accesso, finanziato attraverso la fiscalità generale progressiva, volto a intervenire sui fattori che incidono sulla salute individuale e collettiva – dipendono soprattutto dalle scelte politiche che a livello nazionale ed europeo si compiranno. Dipendono dalla rimessa in campo del principio dell’integrazione socio-sanitaria, da una programmazione nazionale dei servizi e dalla loro capillarizzazione territoriale, dal rifinanziamento della spesa sanitaria e sociale, da una nuova spinta culturale e politica. La sfida odierna è allora quella di re-immaginare un nuovo modello di welfare socio-sanitario espansivo, espressione di una gestione partecipata, democratica, comune, fondato sul benessere delle persone, i loro bisogni in termini di salute, come di assistenza, istruzione, abitazione, previdenza, tutela del reddito.

Note

1 Si rinvia anche a Chiara Giorgi, il manifesto, 24 agosto 2023.

2 Il programma del seminario di Fiesole è consultabile qui: https://sbilanciamoci.info/la-salute-in-conflitto/. Per un ulteriore e recente commento, N. Dentico, il manifesto, 11 settembre 2023.

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