Dopo parecchio tempo la stampa italiana si è accorta che nella patria del capitalismo – gli USA – i lavoratori non solo esistono, ma scioperano. In realtà questo fenomeno è vecchio. Il Washington Post ha pubblicato un articolo che analizza l’andamento delle ore di sciopero negli ultimi 25 anni. Il 2023 è, per ora, tutt’altro che l’anno migliore. Il record rimane al 20181. Curiosamente del 2018 è anche il sondaggio Gallup che registra il consenso negli USA per i sindacati: 62% in media, con il picco di approvazione massima (ben il 65%) nella fascia d’età 18-34. Non troppo lontano dal dato del 75% di cittadini USA favorevoli allo sciopero UAW. Semmai il problema è domandarsi come mai, questo consenso abbia solo interrotto, ma non invertito il calo delle adesioni ai sindacati che rimane al minimo storico del 10%. La novità è nella tipologia dei lavoratori in sciopero con l’ingresso per la prima volta dei Blue Collar. Infatti finora gli scioperi erano prevalentemente appannaggio dei lavoratori dei servizi e del pubblico impiego. Bisognerebbe invece spiegare la predominanza di professioni “intellettuali”, dagli sceneggiatori agli attori fino agli insegnanti. Tra l’altro se il 2023 diverrà un anno storico nella lotta dei lavoratori USA sarà per un’altra prima volta la quasi coincidenza dello sciopero del sindacato SAG-AFTRA2 e del sindacato WGA3.

Prima riflessione rispetto ai commenti italiani. Dati di consenso così alti non possono che essere bipartisan, come si dice negli USA. Nessuno sembra domandare cosa votino gli iscritti ai sindacati e, tantomeno, gli scioperanti. Sembrerebbe semmai ovvio che il loro voto va conquistato e non richiesto, come atto notarile, ai dirigenti sindacali. D’altronde il partito Democratico e la sinistra statunitense in genere ha sempre ritenuto necessario un forte rapporto con il sindacato4. Contrariamente alla recente storia italiana.

Seconda riflessione: i riferimenti allo sciopero delle tre case automobilistiche maggiori (General Motors, Ford e Stellantis) dei due probabili candidati alla presidenza USA5. Un dato: il primo ad annunciare la sua presenza è stato Trump con l’indizione di una manifestazione a Detroit seguito da Biden6 recatosi ai picchetti degli scioperanti. Semmai la differenza di nuovo è nell’intervento del nuovo leader dell’UAW Shawn Fain dopo quello presidenziale con la sua ironia sul miliardario, ma anche con la richiesta a Biden di fatti e non parole. Altra differenza il contenuto degli interventi: di sostegno alle trattative e alle rivendicazioni salariali di Biden; di attacco alle recenti misure sull’auto elettrica foriere di disoccupazione di Trump.

Fin qui credo di aver fatto delle considerazioni fattuali e anche banali. D’altronde fermandosi ai commenti italiani sarebbe molto difficile dire di più. Per cercare di capire almeno una parte delle motivazioni dello sviluppo di queste lotte bisogna andare più a fondo. E non basta rivendicare il sindacato dal basso, infatti è difficile rintracciare sindacati al contempo più storici e centralisti di quelli statunitensi in genere, e dell’UAW in particolare. Io lo farò solo a partire dai testi delle piattaforme e dalla propaganda a sostegno delle lotte, compresa la rassegna stampa, presenti nei siti ufficiali dei sindacati promotori degli scioperi. Quindi rinuncio all’operazione più complessa: cioè di cosa parliamo quando parliamo di lavoro e di lavoratori oggi.

Tutte le piattaforme contengono elementi che vanno oltre le tradizionali rivendicazioni salariali – pur ingenti quelle UAW prevedono un aumento, sia pure scaglionato nel tempo, del 46%7 – riguardando elementi importanti delle modifiche tecnologiche e dell’organizzazione della produzione. Per i lavoratori degli studios si va dalla necessità di tenere conto dello spostamento della fruizione dei programmi dalla televisione e dal cinema allo streaming fino all’uso dell’intelligenza artificiale. Per l’auto non solo c’è una particolare enfasi sulla riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni (32 ore). Ma è esplicito il riferimento alle protezioni, non solo, occupazionali nel passaggio all’auto elettrica. Inoltre è esplicito in entrambi i casi il riferimento a quello che in gergo italiano possiamo definire un lavoro di qualità. Certo nell’indicazione delle piatteforme SAG-AFTRA e WGA che il solo lavoro creativo negli studios è quello dei dipendenti. Attenzione non è vero che vi sarebbe una richiesta di proibizione dell’uso dell’intelligenza artificiale negli studios. Ma si vuole condizionarne l’uso alla scelta del lavoratore. L’uso che si vuole proibire è quello delle cosiddette copie virtuali nei testi e nelle interpretazioni. Inoltre solo il lavoratore dovrebbe averne i maggiori benefici sia economici e, tanto più, di copyright. Per l’auto abbiamo il riferimento al ripristino dei tradizionali piani pensionistici e dell’assistenza sanitaria per i pensionati e la cessazione dei trattamenti differenziati per i nuovi assunti8. Ma più importante la polemica di Fain sul fatto che gli ingenti investimenti per la transizione all’elettrico previsti dall’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden non sono vincolati al rispetto di standard minimi salariali e sindacali da parte delle aziende. Al punto da annunciare che l’eventuale sostegno dell’UAW alle prossime elezioni è condizionato a questo elemento9. Anche qui niente a che vedere con il rifiuto dell’auto elettrica sbandierato da quasi tutta la stampa.

Vedremo i risultati. Del primo risultato l’accordo raggiunto in questi giorni dal sindacato WGA non parlo perché neanche sul loro sito è ancora presente il testo. Non solo tutti gli accordi in realtà vanno visti alla prova della loro applicazione10.

In conclusione è certamente vero che persino nelle dichiarazioni ufficiali il sindacato si pone oltre i tradizionali schieramenti di partito per non parlare dei lavoratori che votano, spesso non votano, sulla base di considerazioni che non sono genericamente populiste, ma fanno riferimento alle loro condizioni materiali.

Una morale: è evidente, almeno a me, che se per il sindacato non è più possibile ignorare la rivoluzione, nel modo di produrre e di essere produttori, propria delle nuove tecnologie e dei cambiamenti ambientali. È altrettanto necessario che chi fa politica non salti la necessità di analisi che devono tenere insieme la giustizia sociale accanto a quella ambientale e dei diritti individuali11.

Non è facile certo, ma la coalizione di sindacato e organizzazioni che ha proposto la manifestazione del 7 ottobre sembra ispirarsi, almeno nei testi, a queste intenzioni.

Note

1 Per i curiosi la progressione è continua con frequenti impennate. Si ferma solo per la pandemia e riparte con forza l’anno scorso. Personalmente ritengo che il dato scatenante sia l’ondata di scissioni sindacali dall’AFL-CIO iniziata nel 2005 da parte dei sindacati del pubblico impiego e dei servizi. Con l’importante appendice del 2009 con la creazione di Unite Here, sindacato che raggruppa i lavoratori dei servizi.

2 Sindacato che rappresenta circa 160.000 professionisti dei media e artisti dello spettacolo. Nato nel 2012 per fusione tra il sindacato degli attori e quello degli operatori dei teatri e delle televisioni a cui si sono uniti i lavoratori delle società di streaming.

3 Sindacato che rappresenta gli scrittori e gli sceneggiatori. Conta 20.000 iscritti.

4 Facevo riferimento al 2009. Ci fu un tentativo di riunificazione nell’AFL-CIO richiesto, si dice, da Obama in persona. La riunificazione falli, ma si produssero nuove aggregazioni sindacali come quella citata di Unite Here.

5 UAW rappresenta circa 145.000 lavoratori. I giornali USA citano sempre anche il dato dei quasi 600.000 pensionati iscritti all’UAW.

6 Per la presenza fisica è il contrario Biden il 26 Settembre, Trump il 27.

7 Su questo le lotte negli USA dell’ultimo periodo fanno ben sperare: la piattaforma dell’UAW è uscita il giorno dopo che i Teamsters dell’UPS hanno approvato un contratto con un aumento del 35% e i piloti hanno ottenuto il 21%.

8 Questo sembrerebbe una delle fonti dei contrasti con il partito democratico numerosi sono i riferimenti polemici al cosiddetto zar dell’auto di Obama Steve Rattner. Negoziatore del passaggio della Chrysler alla Fiat. Da quell’accordo presero le mosse sia le riduzioni dei trattamenti citati che la differenziazione tra vecchi e nuovi assunti. Accordo che fu respinto da molte local UAW e da cui presero le mosse i critici della dirigenza di allora dell’UAW.

9 In realtà c’è di più se si seguono anche le rassegne stampa pubblicate nei siti. Numerosi articoli fanno riferimento ad interviste di studiosi secondo cui le aziende stanno dirottando questi investimenti verso gli stabilimenti situati negli stati repubblicani, con leggi anti-union. Inoltre per la costruzione di componenti per le auto elettriche (come le batterie) le ‘Big 3’ stanno creando joint ventures con altre aziende, aprendo fabbriche non sindacalizzate e con salari più bassi.

10 Di un altro assente – in questo articolo – bisognerà discutere: la divisione internazionale del lavoro. In molti hanno notato l’assenza nello sciopero degli stabilimenti della Tesla, il produttore di auto elettriche più importante degli USA. Contemporaneamente Musk era in visita allo stabilimento Tesla più grande in Europa nel Brandeburgo. Voglio sottolineare la dichiarazione di guerra nei suoi confronti della neo segretaria dell’IG Metal: Christiane Benner. Ma negli stabilimenti Tesla il sindacato è un illustre sconosciuto come negli stabilimenti marocchini che costruiscono le auto elettriche cinesi destinate all’occidente.

11 Per un racconto più complesso. Ma anch’esso iniziale rinvio a https://centroriformastato.it/sulla-via-maestra-una-critica-di-civilta-contro-le-catastrofi/

Qui il PDF

Un commento a “Sulla Via Maestra. Negli USA i lavoratori esistono e scioperano”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *